Fino al 22 ottobre alla Galleria Civica Giovanni Segantini di Arco (Trento)
Ad Arco gli orizzonti di luce di Segantini, tra natura, simbolo, memoria
Giovanni Segantini, Ritorno dal bosco, 1890, Olio su tela, 95.4 x 64 cm, Fondazione Otto Fischbacher - Giovanni Segantini Stiftung, in deposito presso Segantini Museum di St. Moritz (Svizzera)
Samantha De Martin
23/05/2023
Trento - Un nuovo capitolo dedicato alla pittura di Giovanni Segantini schiude un’ampia porzione di opere che indagano il rapporto tra il maestro di Arco e la natura.
Cornice di questo percorso che abbraccia 33 capolavori accuratamente scelti, dei quali tredici di Segantini, a confronto con importanti protagonisti della stagione divisionista, è, fino al prossimo 22 ottobre, la Galleria Civica Giovanni Segantini di Arco (Trento).
“La mostra – spiega Alessandro Botta, curatore del percorso assieme a Niccolò D’Agati – è articolata in tre sezioni che indagano il tema del paesaggio attraverso tre filoni che non vogliono essere cronologici, ma tematici: la natura, il simbolo e la memoria. Rispetto alla mostra precedente, dedicata unicamente a Segantini, tenutasi sempre ad Arco, con questa esposizione dal titolo Orizzonti di luce. Segantini e il paesaggio divisionista: natura, memoria e simbolo abbiamo voluto mettere a confronto le opere del pittore con quelle di altri protagonisti della stagione divisionista”.
Giovanni Segantini, Vacca bruna all'abbeveratoio, 1892, Olio su tela, 61.5 x 74 cm, Fondazione Otto Fischbacher - Giovanni Segantini Stiftung, in deposito presso Segantini Museum di St. Moritz (Svizzera)
Ad affiancare la figura di Segantini sono infatti le opere di maestri come Emilio Longoni, Luigi Conconi, Giovanni Sottocornola, Benvenuto Benvenuti, Guido Cinotti, Baldassarre Longoni, Carlo Cressini, Alberto Bonomi, Matteo Olivero.
Un rapporto di collaborazione, attivato dalla mostra precedente, con il Museo Segantini di St. Moritz (in Svizzera), ha permesso di ottenere prestiti di opere importanti, poco viste in Italia, come Ritorno dal bosco (1890) o Vacca bruna all’abbeveratoio (1892). Non manca in mostra l’importantissimo ventaglio de L'amore alla fonte della vita, concesso in prestito dalla GAM di Milano, esempio di un Segantini più simbolico, secondo una lettura più conscia di quello che sta accadendo in Europa, in Francia, Germania, Inghilterra.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Nubi di sera sul Curone, 1905/1906, Olio su tela, 85.5 cm x 55.5 cm, Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
“L’idea - continua Botta - è quella di capire, tramite opere cardini di Segantini, quale possa essere stata la sua eredità, in alcuni casi diretta, in altri indiretta, attraverso gli autori a lui vicini, da Giuseppe Pellizza da Volpedo ad Angelo Morbelli e Vittore Grubicy De Dragon”.
La visione panteistica che il pittore ha della natura passa attraverso la prima sala intitolata “Natura” , dove le due opere provenienti da St. Moritz dialogano con i lavori di Cesare Maggi e Carlo Fornara, “due autori che scoprono Segantini e se ne innamorano, iniziando a ragionare, sia da un punto di vista pittorico che tematico, secondo la lezione segantiniana”.
“Cesare Maggi – spiega Botta – conosce la pittura di Segantini nel 1899. Il pittore è morto da poco quando Maggi parte per la Svizzera per ripercorrere i luoghi in cui Segantini aveva dipinto ed era vissuto. Da lì attiva una serie di opere in stretto confronto con la pittura segantiniana. Fornara riesce invece a diventare “assistente” e collaboratore del pittore nel grande progetto del Panorama dell’Engadina che non verrà mai concluso. È interessante vedere questi autori che si affiancano al grande maestro e in qualche modo ne interpretano i temi in maniera anche personalissima”.
Carlo Fornara, Ultimi splendori d'autunno, 1897/1905, Olio su tavola, 102 x 72 cm | Courtesy METS Percorsi d'arte, Novara
Oltre che dal Museo Segantini di St. Moritz e dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano, i prestiti in mostra provengono dalla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, dalla Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e dalla Pinacoteca Matteo Olivero di Saluzzo (CN), ma anche da numerose collezioni private.
Grande protagonista è il paesaggio.
“Il paesaggio – continua il co-curatore del percorso – è uno dei generi più sperimentali dell’Ottocento. A lungo è stato relegato a genere minore, essendo considerato meno importante rispetto alla pittura di figura. Nella seconda metà dell’Ottocento diventa poi un tema sperimentale, attraverso il quale si cerca di estrinsecare relazioni che sono spesso legate all’inconscio, allo stato d’animo del pittore. Il paesaggio diventa pertanto un territorio di sperimentazione, soprattutto per i pittori divisionisti”.
All’interno della Galleria di Arco, piccolo centro trentino tra le montagne e il lago di Garda, le opere esposte spaziano in una cronologia ampia, che prende avvio dalle prove condotte in Brianza per chiudersi con le ricerche simboliste.
Carlo Cressini, Tramonto, 1928, Olio su tela, 130 x 90 cm, Collezione privata | Courtesy Quadreria dell'800, Milano
“La Brianza - continua Botta - ci è servita per tracciare una linea di continuità tra alcuni temi. Segantini è un pittore che semantizza costantemente alcune tematiche. Il riferimento alla Brianza è servito per far capire come alcuni temi indagati durante il soggiorno del pittore in quest’area geografica trovino poi a loro volta esecuzione anche negli anni di Savognino e negli ultimi anni della sua vita. Serve a mostrarci come questa attenzione verso il paesaggio e la natura non sia solo limitata al periodo divisionista, ma rappresenti una linea continua che parte dal percorso brianteo e arriva fino a quello divisionista della Svizzera”.
La mostra Orizzonti di luce Segantini e il paesaggio divisionista: natura, memoria e simbolo si potrà visitare tutti i giorni, a eccezione del lunedì, dalle 10 alle 18.
Leggi anche:
• L'altro Segantini. Anticipazioni da una grande mostra
• Orizzonti di luce. Segantini e il paesaggio divisionista: natura, memoria e simbolo
Cornice di questo percorso che abbraccia 33 capolavori accuratamente scelti, dei quali tredici di Segantini, a confronto con importanti protagonisti della stagione divisionista, è, fino al prossimo 22 ottobre, la Galleria Civica Giovanni Segantini di Arco (Trento).
“La mostra – spiega Alessandro Botta, curatore del percorso assieme a Niccolò D’Agati – è articolata in tre sezioni che indagano il tema del paesaggio attraverso tre filoni che non vogliono essere cronologici, ma tematici: la natura, il simbolo e la memoria. Rispetto alla mostra precedente, dedicata unicamente a Segantini, tenutasi sempre ad Arco, con questa esposizione dal titolo Orizzonti di luce. Segantini e il paesaggio divisionista: natura, memoria e simbolo abbiamo voluto mettere a confronto le opere del pittore con quelle di altri protagonisti della stagione divisionista”.
Giovanni Segantini, Vacca bruna all'abbeveratoio, 1892, Olio su tela, 61.5 x 74 cm, Fondazione Otto Fischbacher - Giovanni Segantini Stiftung, in deposito presso Segantini Museum di St. Moritz (Svizzera)
Ad affiancare la figura di Segantini sono infatti le opere di maestri come Emilio Longoni, Luigi Conconi, Giovanni Sottocornola, Benvenuto Benvenuti, Guido Cinotti, Baldassarre Longoni, Carlo Cressini, Alberto Bonomi, Matteo Olivero.
Un rapporto di collaborazione, attivato dalla mostra precedente, con il Museo Segantini di St. Moritz (in Svizzera), ha permesso di ottenere prestiti di opere importanti, poco viste in Italia, come Ritorno dal bosco (1890) o Vacca bruna all’abbeveratoio (1892). Non manca in mostra l’importantissimo ventaglio de L'amore alla fonte della vita, concesso in prestito dalla GAM di Milano, esempio di un Segantini più simbolico, secondo una lettura più conscia di quello che sta accadendo in Europa, in Francia, Germania, Inghilterra.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Nubi di sera sul Curone, 1905/1906, Olio su tela, 85.5 cm x 55.5 cm, Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
“L’idea - continua Botta - è quella di capire, tramite opere cardini di Segantini, quale possa essere stata la sua eredità, in alcuni casi diretta, in altri indiretta, attraverso gli autori a lui vicini, da Giuseppe Pellizza da Volpedo ad Angelo Morbelli e Vittore Grubicy De Dragon”.
La visione panteistica che il pittore ha della natura passa attraverso la prima sala intitolata “Natura” , dove le due opere provenienti da St. Moritz dialogano con i lavori di Cesare Maggi e Carlo Fornara, “due autori che scoprono Segantini e se ne innamorano, iniziando a ragionare, sia da un punto di vista pittorico che tematico, secondo la lezione segantiniana”.
“Cesare Maggi – spiega Botta – conosce la pittura di Segantini nel 1899. Il pittore è morto da poco quando Maggi parte per la Svizzera per ripercorrere i luoghi in cui Segantini aveva dipinto ed era vissuto. Da lì attiva una serie di opere in stretto confronto con la pittura segantiniana. Fornara riesce invece a diventare “assistente” e collaboratore del pittore nel grande progetto del Panorama dell’Engadina che non verrà mai concluso. È interessante vedere questi autori che si affiancano al grande maestro e in qualche modo ne interpretano i temi in maniera anche personalissima”.
Carlo Fornara, Ultimi splendori d'autunno, 1897/1905, Olio su tavola, 102 x 72 cm | Courtesy METS Percorsi d'arte, Novara
Oltre che dal Museo Segantini di St. Moritz e dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano, i prestiti in mostra provengono dalla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, dalla Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e dalla Pinacoteca Matteo Olivero di Saluzzo (CN), ma anche da numerose collezioni private.
Grande protagonista è il paesaggio.
“Il paesaggio – continua il co-curatore del percorso – è uno dei generi più sperimentali dell’Ottocento. A lungo è stato relegato a genere minore, essendo considerato meno importante rispetto alla pittura di figura. Nella seconda metà dell’Ottocento diventa poi un tema sperimentale, attraverso il quale si cerca di estrinsecare relazioni che sono spesso legate all’inconscio, allo stato d’animo del pittore. Il paesaggio diventa pertanto un territorio di sperimentazione, soprattutto per i pittori divisionisti”.
All’interno della Galleria di Arco, piccolo centro trentino tra le montagne e il lago di Garda, le opere esposte spaziano in una cronologia ampia, che prende avvio dalle prove condotte in Brianza per chiudersi con le ricerche simboliste.
Carlo Cressini, Tramonto, 1928, Olio su tela, 130 x 90 cm, Collezione privata | Courtesy Quadreria dell'800, Milano
“La Brianza - continua Botta - ci è servita per tracciare una linea di continuità tra alcuni temi. Segantini è un pittore che semantizza costantemente alcune tematiche. Il riferimento alla Brianza è servito per far capire come alcuni temi indagati durante il soggiorno del pittore in quest’area geografica trovino poi a loro volta esecuzione anche negli anni di Savognino e negli ultimi anni della sua vita. Serve a mostrarci come questa attenzione verso il paesaggio e la natura non sia solo limitata al periodo divisionista, ma rappresenti una linea continua che parte dal percorso brianteo e arriva fino a quello divisionista della Svizzera”.
La mostra Orizzonti di luce Segantini e il paesaggio divisionista: natura, memoria e simbolo si potrà visitare tutti i giorni, a eccezione del lunedì, dalle 10 alle 18.
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