Robert Capa a Trieste fino al 17 settembre

Robert Capa in Italia. A Trieste postazioni multimediali per raccontare lo sbarco degli Alleati

Alcune fotografie di Rober Capa. Ph. by Robert Capa. © International Center of Photography/Magnum - Collection of the Hungarian National Museum
 

Samantha De Martin

06/06/2017

Trieste - Sono carichi di umanità gli scatti attraverso cui Robert Capa conferisce a contadini, soldati, donne, bambini di un'Italia stremata dalla guerra quella parola che il visitatore non sente ma immagina grazie alla sensibilità straordinaria di uno dei più grandi fotoreporter di sempre.
I gesti di un contadino siciliano che indica ai soldati il percorso utilizzato dai nemici, i volti di giubilo dei cittadini di Monreale che accolgono gli Alleati, e ancora le macerie davanti alla posta centrale di Napoli distrutta da una bomba a orologeria, diventano l'intimo, e nello stesso tempo universale, monumento alla memoria di un popolo sconvolto dalla guerra, ma anche un'intensa, drammatica riflessione storico-antropologica sulla vita degli italiani durante il secondo conflitto mondiale.

Lo straordinario racconto che Robert Capa fa della guerra in Italia si snoda attraverso gli spazi dell'Alinari Image Museum al Bastione Fiorito del Castello di San Giusto a Trieste, dove 35 fotografie originali si intrecciano alle oltre cento immagini del biennio 1943-44, consultabili, fino al 17 settembre, in suggestivo spazio multimediale all'interno del museo.

Per la prima volta, le foto originali si affiancano a una nutrita selezione di immagini digitali, con postazioni multimediali interattive che, allestite in sezioni distinte della mostra, permettono al visitatore di prender letteralmente parte alla guerra, di entrare in trincea, di sentire suoni, voci, messaggi alla radio, muovendosi tra aerei, uomini e carri armati, ma anche di contestualizzare storicamente la figura di Capa, il suo lavoro, la campagna italiana.

«A Trieste - spiega Claudio de Polo Saibanti, presidente Fratelli Alinari - si conclude un percorso con cui Alinari ha portato in numerose città le fotografie della campagna di Capa in Italia, fino a pochi anni fa sconosciuta. Quest'ultima tappa, però, è speciale perché il multimediale aiuta a comprendere, a contestualizzare, a visualizzare».

Due timeline presentano poi, tramite animazioni a video, la vita di Capa anno per anno, i suoi spostamenti in giro per il mondo, evidenziati su una mappa assieme ai conflitti di cui è stato testimone. È con stupore che il visitatore si aggira tra le vetrine che espongono modelli di macchine fotografiche usate dal fotoreporter, i materiali per la stampa, l'equipaggiamento, l'abbigliamento dei soldati, i kit medici, rigorosamente originali e provenienti dalla collezione di Paolo Franceschi, Linea Gotica Pitoiese Onlus.

La profonda umanità degli scatti con cui il fotografo ungherse racconta la guerra si accompagna alle riflessioni tratte dal suo diario che narra l'angosciante fatica di essere testimone di una macabra altalena in bianco e nero, oscillante dolorosamente tra vita e morte. Capa, infatti, pur non essendo soldato, ha trascorso la maggior parte della sua vita sui campi di battaglia, seguendo i cinque maggiori conflitti mondiali, dalla guerra civile spagnola alla prima guerra d'Indocina.
«Se le tue fotografie non sono all’altezza, non eri abbastanza vicino» diceva.

La mostra, allestita nella suggestiva location del Castello San Giusto, ripercorre lo sbarco in Italia degli Alleati attraverso una selezione di scatti provenienti dalla serie Robert Capa Master Selection III conservata a Budapest e acquisita dal Museo Nazionale Ungherese tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009.

«Nell'immaginario collettivo - spiega Beatrix Lengyel, curatrice dell'esposizione per la parte storico-inconorafica - il lavoro di Capa è immediatamente collegato al secondo conflitto mondiale, specie ai campi di battaglia di Francia, Germania, Africa. Non all'Italia. Eppure vi è una selezione molto rilevante di sue fotografie che si riferiscono proprio alla campagna italiana».

L'empatia che incatena il visitatore alle giovani vittime delle Quattro giornate di Napoli, alla gente in fuga dalle campagne mentre a Montecassino impazzano i bombardamenti, è l'emblema di un'arte che non conosce tempo e che travalica i confini temporali per approdare nell'hic et nunc della storia universale, patrimonio dell'umanità.

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