Dal 16 dicembre al 1° maggio a Palazzo Fava

Un Fattori "privato" presto in mostra a Bologna

Giovanni Fattori, Pastura maremmana. Cavalli al pascolo
 

Samantha De Martin

07/11/2022

Bologna - “Realizzare sentimenti” più che forme. Era questo il riconoscimento più grande che Telemaco Signorini, uno dei protagonisti della rivoluzione pittorica macchiaiola, attribuiva, dalle pagine del Gazzettino, a Giovanni Fattori, difendendo il premio assegnato nel 1866 dalla Società d’Incoraggiamento di Firenze alle Macchiaiole, dipinto dal collega in piena maturità.
Proprio intorno a quel sentimento, eletto elemento fondamentale della pittura fattoriana, presente nella ritrattistica come nei paesaggi, nei quadri di soggetto campestre oltre che nelle grandi tele risorgimentali, ruota la mostra Fattori. L’umanità tradotta in pittura. Ad accoglierla sarà Palazzo Fava, il Palazzo delle Esposizioni di Genus Bononiae. Musei nella città di Bologna, dal 16 dicembre al 1° maggio 2023.

Il percorso, a cura di Claudia Fulgheri, Elisabetta Matteucci e Francesca Panconi, realizzato in collaborazione con l’Istituto Matteucci, abbraccia oltre 70 opere del maestro livornese che torna a Bologna a distanza di 50 anni dall’ultima esposizione. Prendendo spunto da animali e butteri, ritratti e assolati paesaggi della Maremma, la mostra a Palazzo Fava vuole restituire, attraverso un excursus temporale e tematico nella poderosa produzione dell’autore, il suo sguardo sull’esistenza, innamorato e disincantato al tempo stesso.
Nella capacità di cogliere l’immutabilità del sentimento umano, l’eternità dietro la contingenza è infatti racchiusa la modernità di Fattori.
“La rinnovata attenzione nei confronti dei Macchiaioli - anticipano le curatrici - è confermata non solo dalla vasta bibliografia ad essi dedicata dal Dopoguerra ad oggi, ma anche dall’interesse mostrato per la loro pittura da istituzioni museali straniere. É quanto emerso nelle fasi di progettazione di una mostra all’interno della quale spiccano autentiche pietre miliari degne delle più prestigiose collocazioni pubbliche. Proprio nell’opportunità di alzare il velo su di esse consiste l’elemento di maggior attrazione della mostra, restituendo un Fattori, se possiamo dirlo, 'privato', meno conosciuto e indagato”.

L’intera evoluzione creativa della pittura di Fattori corre in mostra attraverso nuclei tematici che - dalla nascita del movimento agli animali, passando attraverso il tema militare, e ancora Castiglioncello, “remoto e delizioso sito”, la luce del vero - sfoderano capolavori come Soldati francesi del '59 o l’inedito In marcia.

Nei magistrali “ritratti dell’anima”, dipinti tra il 1861 e i primi anni del Novecento, spicca la serie di ritratti di amici e parenti del pittore che rivelano gli aspetti più intimi e lo strato sociale del suo mondo. Se I fidanzati del 1861 restituisce le fisionomie dei modelli, come anche la cugina Argia Bongiovanni e Valfredo Carducci, fratello di Giosuè, i ritratti degli anni Ottanta e Novanta, tra cui Lo scialle rosso, Lupo di mare e Vecchio marinaio rinunciano al lessico sobrio delle raffigurazioni d’interno, per sprigionare l’essenza della personalità del soggetto.

Gli studi di paesaggio della stagione di Castiglioncello, oasi di pace che accoglie il pittore alla morte della moglie Settimia Vannucci, cedono alle trasformazioni del tessuto urbano fiorentino, tutto tetti e carrozze, alle vedute marine come Mare azzurro e La Punta del Romito tra barche e pescatori.

L’incontro con la vitalità primigenia della Maremma risale alla fine degli anni Ottanta. Qui, nella simbiosi tra uomo e animale, Fattori ritrova la traccia della propria anima genuina. Questo incontro avrebbe dato nuovo slancio alla sua creatività, con capolavori quali La mena in Maremma o il lirico Viale con buoi e spaccapietre, presentato alla critica internazionale nella rassegna International Exhibition di Filadelfia del 1876.

Il catalogo della mostra, edito da Skira Editore, è arricchito da un nutrito apparato iconografico che documenta la figura di Fattori in ogni suo aspetto. Nella prefazione Pupi Avati racconta un episodio dell’infanzia, quando la morte del padre costrinse la sua famiglia a privarsi di un quadro di Fattori, ritenuto il pezzo più importante della collezione riunita dai genitori.