Il 12 agosto del 30 a.C. il suicidio dell’ultima sovrana della dinastia tolemaica
2050 anni fa moriva Cleopatra, l'ultima regina d'Egitto che ha stregato gli artisti, da Michelangelo a Tiepolo
Giambattista Tiepolo, Il Banchetto di Cleopatra, Dettaglio, 1743-1744, Olio su tela, Melbourne, National Gallery of Victoria
Samantha De Martin
12/08/2020
Dante Alighieri la consegnò alla sua Commedia come "Cleopatràs lussuriosa", mentre lo storico Cassio Dione eleggeva l’ultima regina d’Egitto a donna “splendida da vedere e da udire, capace di conquistare i cuori più restii all’amore”. E anche Tiepolo la ebbe a cuore nei suoi pennelli, conferendole le fattezze di sua moglie Maria Cecilia Guardi.
Bella e perduta, sensuale e ammaliante, come nel dipinto di John William Waterhouse che la ritrae senza corsetto ad incarnare l'ultima sovrana della dinastia tolemaica, Cleopatra detenne i cuori di Cesare e Marco Antonio affidando la sopravvivenza del Regno d’Egitto (e la sua imposizione sulla scena politica di Roma) alle sue straordinarie arti diplomatiche, più di intelligenza che di seduzione, che la consegnarono alla storia come uno dei personaggi più emblematici e controversi di sempre.
John William Waterhouse (1849 - 1917), Cleopatra, 1888, Olio su tela, Collezione privata
A Cesare, sbarcato ad Alessandria d'Egitto il 2 ottobre del 48 a.C. si presentò di notte nascondendosi dentro a un tappeto arrotolato. Antonio lo stregò invece in Cilicia offrendogli uomini e navi, per poi soccombere con lui nella disastrosa battaglia di Azio del 31 a.C. che pose fine alla guerra civile contro Ottaviano.
Se le fonti contemporanee sulla regina risultano quasi del tutto assenti, quelle più lontane sono lacunose avvolgendo nel mistero questa figura ammantata di leggende, al centro di tradimenti e intrighi di corte, ambizioni politiche e di un’accesa rivalità con il marito-fratello.
Cleopatra, la donna che parlava otto lingue, cresciuta tra i saggi della Biblioteca di Alessandria, che suonava la lira, sapeva dipingere e andare a cavallo, moriva 2050 anni fa, il 12 agosto del 30 a.C. uccisa per sua volontà molto probabilmente in seguito al morso di un aspide o per il veleno dell’animale che si fece iniettare nel braccio.
Artemisia Gentileschi, Cleopatra, 1620 | © Collezione Cavallini-Sgarbi
La morte di Cleopatra nell’arte
Ma la Cleopatra morente aveva già stregato la tavola di Rosso Fiorentino e la tela di Artemisia Gentileschi, nel cui soggetto dalla posa lasciva e drammatica, come commenta Sgarbi “sentiamo gli odori, il sudore, la puzza...una Cleopatra mai meno regale. Una donna e basta, corpo prima che anima, esistenza prima che essenza”.
Il serpente, causa, secondo la tradizione, della morte della regina, torna in Guercino, autore dell’ intensa Cleopatra morente di Palazzo Rosso, a Genova.
Guercino, La morte di Cleopatra, 1648, Olio su tela, 287 x 173 cm, Genova, Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso | Courtesy Musei di Strada Nuova, Genova
“Il morso dell'aspide - si legge nella Vita di Antonio di Plutarco - induceva nelle membra un torpore sonnolento e un deliquio dei sensi, mentre le facoltà percettive svanivano, si rilasciavano dolcemente, e resistevano a ogni tentativo di risvegliarle e richiamarle in vita, come chi dorme profondo”.
Queste parole sembrano assumere forma e colore in una suggestiva tela di Guido Cagnacci del 1660, conservata alla Pinacoteca di Brera, nella quale il pittore ritrae Cleopatra al momento del suicidio, con il capo reclinato e l’aspide intento a fissarne il volto. A Vienna si conserva un'altra versione del dipinto, che mostra la regina morente, con il capo reclinato, circondata dalle ancelle.
Guido Cagnacci, Morte di Cleopatra, 1660 circa, Olio su tela, 158 x 120 cm, Milano, Pinacoteca di Brera
Lo sguardo della Cleopatra di Guido Reni, rivolto verso il cielo nel momento in cui compie il drammatico gesto, potrebbe tranquillamente essere quello di una qualsiasi santa dipinta dal pittore. Il corpo non ha alcunché di provocante e non sottende alcun tipo di erotismo, mentre l'aspide tra le mani della regina assomiglia ad un innocuo vermetto. L'ambiente è decorato con tendaggi e tessuti pregiati, e in primo piano figura una cesta colma di fichi dove, secondo la leggenda, la regina si sarebbe fatta portare il velenoso animale.
Un’altra cesta, dentro la quale figura l’aspide, compare anche nel dipinto dall’ambientazione inconsueta, Cleopatra e il contadino di Eugène Delacroix, oggi all’Ackland Art Museum di Chapel Hill. Quando Cleopatra venne a sapere che Ottaviano aveva intenzione di portarla a Roma insieme ai suoi figli, non volendo essere esposta in trionfo, trovò il modo di porre fine alla propria vita. Aveva appena saputo che Antonio si era suicidato credendola morta, e così, chiusa nel suo mausoleo, si tolse la vita. Con lei morì anche il regno d’Egitto, il più ricco degli stati ellenistici nati dalla divisione del grande impero di Alessandro Magno e trasformato, con la scomparsa della sua ultima regina, in una provincia romana.
Eugène Delacroix (1798 - 1863), Cleopatra e il contadino, 1838, Olio su tela , 98 x 123 cm, Chapel Hill, Ackland Art Museum
Descritta dalle fonti come una donna bella e ammaliatrice, Cleopatra amava circondarsi di fragranze, soprattutto il gelsomino con il cui profumo, stando alla tradizione, aveva l’abitudine di far cospargere le vele delle navi.
Se il popolo e i senatori di Roma la ebbero in odio accusandola di minare il predominio dell’Impero, se il cinema la consacrò a sfrenata seduttrice con le interpretazioni di Theda Bara nel 1917 e, 46 anni dopo, con la regale interpretazione di Elizabeth Taylor al fianco di Richard Burton, l’arte la consegnò alla storia, ponendo una particolare enfasi sul suo misterioso suicidio.
Cleopatra da Michelangelo ad Angelika Kauffmann
Due delle più antiche raffigurazioni di Cleopatra nell’arte, nella stessa posa della Dea Iside, e con Tolomeo XV Filopatore Filometore Cesare, il figlio avuto da Gaio Giulio Cesare, figurano nel Tempio di Dendera (IV secolo a.C).
Cleopatra dovette affascinare anche Michelangelo che ritrasse la seducente eroina nel gruppo di disegni detti "presentation drawings", realizzati cioè non a fini di studio, ma, dichiaratamente, per farne dei doni. Il disegno della regina, nello specifico, era destinato a Tommaso Cavalieri, il giovane romano conosciuto da Michelangelo nel 1532. Ma appena 30 anni più tardi, mentre il Maestro era ancora in vita, il destinatario si trovò costretto a regalare il disegno al duca Cosimo I dei Medici, accompagnando però il dono con una lettera. In questa confessava che privarsi di quell’opera gli procurava non meno sofferenza della perdita di un figlio.
Michelangelo Buonarroti, Cleopatra, 1535, Firenze, Casa Buonarroti
Nel 1614 la Cleopatra michelangiolesca raggiunse Casa Buonarroti. Nell’agosto del 1988, durante un’operazione di restauro fu scoperto, sul verso del foglio, un altro disegno autografo di Michelangelo, con un’ulteriore immagine della regina, identica, con lo stesso movimento dell’acconciatura che diventa serpente, ma, rispetto alla nobile classicità del recto, caratterizzata da un’angoscia più palpabile.
Accanto al volto dell’antica regina egiziana si vede, appena accennato, il profilo di un vecchio.
Immersa nella liricità di un paesaggio classico di pura invenzione, la Cleopatra barocca di Claude Lorrain si appresta invece a sbarcare a Tarso, nel 41 a.C., per il suo primo incontro con Antonio. Una luce dorata proveniente da destra inghiotte personaggi e architetture fantastiche, mentre, sulla sinistra, le navi sbucano in controluce.
A tramandare l’episodio del viaggio di Cleopatra in Cilicia è lo storico Plutarco, mentre Shakespeare rese celebre questo incontro “ammaliatore” nella sua tragedia Antonio e Cleopatra.
Claude Lorrain (1604/1605 - 1682), Lo sbarco di Cleaopatra a Tarso, 1642-1643, Olio su tela Dimensioni, 119 x 170 cm, Parigi Museo del Louvre
A far sedere Cleopatra a banchetto sarà invece Giambattista Tiepolo che, in una delle due opere eseguite nel 1743 per Francesco Algarotti conferisce alla regina le fattezze di sua moglie Maria Cecilia Guardi. Il dipinto, che ebbe tra i suoi acquirenti anche Caterina di Russia, dal 1933 si trova nella pinacoteca del National Gallery of Victoria di Melbourne. Il fascino esercitato dalla regina sul pittore veneto trapela anche dall’incontro tra Antonio e Cleopatra immaginato da Tiepolo e parte di un ciclo di affreschi realizzati dall’artista nel Salone da Ballo di Palazzo Labia a Venezia.
La scena rappresenta, al centro del dipinto, Antonio avvolto in un’armatura classica, con il volto incorniciato da un prezioso elmo di metallo. Alla sua sinistra, Cleopatra indossa un abito sfarzoso di fattura settecentesca e dall’ampia scollatura. A enfatizzare i lineamenti del viso e l’acconciatura elegante, un ampio colletto impreziosito da gioielli stretti al collo. A comporre la scena anche il muso di un cavallo bianco, un moro con un turbante, un cane trattenuto da un servitore e i militari schierati sulla passerella. Sullo sfondo, un cortigiano in abiti esotici porta un’insegna agitata dal vento. Sulla destra avanza una grande vela sulla quale si sporge un marinaio, mentre fanno capolino architetture classiche con colonne, lesene, capitelli corinzi.
Giambattista Tiepolo, Il Banchetto di Cleopatra, Dettaglio, 1746-1747, Affresco, 650 x 300 cm, Venezia, Palazzo Labia
Di nuovo protagonista di un banchetto teatrale è la Cleopatra del pittore olandese seicentesco Jan Steen. I personaggi ritratti assomigliano ad attori su un palco grazie ai loro gesti vivaci e alla tenda rossa che ricorda un sipario. L’artista riproduce il leggendario episodio durante il quale Cleopatra svuota con una mano il suo bicchiere bevendone il contenuto, mentre con l’altra lascia scivolare le perle della sua collana nell’aceto mentre Marcantonio guarda la scena con sconcerto.
Quest’amore tra i due interrotto dalla morte del triumviro dovette colpire molto, nel Settecento, la pittrice svizzera Angelika Kauffmann, che per ricordare Cleopatra scelse la scena nella quale la sfortunata regina posa dei fiori sulla tomba di Antonio, nel dipinto Decorazione della tomba di Marcantonio.
Nella tela La morte di Cleopatra del 1872 del celebre pittore simbolista svizzero Arnold Böcklin, la regina d'Egitto ha le sembianze di una femme fatale. Quando apparve, l'opera destò non poco scandalo in quanto non esprimeva gli elementi tipici dell’immaginario esotico. La regina, infatti, non era raffigurata in costumi egizi, ma la sua presenza sulla tela ricordava piuttosto l'esuberante posa di una donna che, tenendo in mano il serpente, cercava di uscire dalla cornice, trattenuta sulla tela da un'atmosfera di mistero.
Ma a scolpire nell’arte la figura di Cleopatra, eternando il ricordo del suo giovane corpo, lo stato d’animo turbato e malinconico prossimo alla morte, è anche il marmo. Al marmo grigio e a quello bianco di Carrara ha fatto ricorso nell’Ottocento lo scultore Girolamo Masini per scolpire le formosità del corpo della regina d’Egitto, i suoi seni esposti e ben torniti, la bocca carnosa e la morbida rotondità del volto incorniciato da un’elaborata parrucca a boccoli. A differenza delle altre opere in pittura, in questa scultura conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, tutto deve ancora accadere. Poco conta per l’artista il gesto eroico della regina. Lo scultore sceglie piuttosto di soffermarsi sui suoi stati d’animo che tradiscono la rassegnazione per il suo ultimo, ineluttabile gesto.
Girolamo Masini, Cleopatra, 1882, Marmo, Roma, Galleria d’Arte Moderna | Foto: © Mary Harrsch via Flickr
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Bella e perduta, sensuale e ammaliante, come nel dipinto di John William Waterhouse che la ritrae senza corsetto ad incarnare l'ultima sovrana della dinastia tolemaica, Cleopatra detenne i cuori di Cesare e Marco Antonio affidando la sopravvivenza del Regno d’Egitto (e la sua imposizione sulla scena politica di Roma) alle sue straordinarie arti diplomatiche, più di intelligenza che di seduzione, che la consegnarono alla storia come uno dei personaggi più emblematici e controversi di sempre.
John William Waterhouse (1849 - 1917), Cleopatra, 1888, Olio su tela, Collezione privata
A Cesare, sbarcato ad Alessandria d'Egitto il 2 ottobre del 48 a.C. si presentò di notte nascondendosi dentro a un tappeto arrotolato. Antonio lo stregò invece in Cilicia offrendogli uomini e navi, per poi soccombere con lui nella disastrosa battaglia di Azio del 31 a.C. che pose fine alla guerra civile contro Ottaviano.
Se le fonti contemporanee sulla regina risultano quasi del tutto assenti, quelle più lontane sono lacunose avvolgendo nel mistero questa figura ammantata di leggende, al centro di tradimenti e intrighi di corte, ambizioni politiche e di un’accesa rivalità con il marito-fratello.
Cleopatra, la donna che parlava otto lingue, cresciuta tra i saggi della Biblioteca di Alessandria, che suonava la lira, sapeva dipingere e andare a cavallo, moriva 2050 anni fa, il 12 agosto del 30 a.C. uccisa per sua volontà molto probabilmente in seguito al morso di un aspide o per il veleno dell’animale che si fece iniettare nel braccio.
Artemisia Gentileschi, Cleopatra, 1620 | © Collezione Cavallini-Sgarbi
La morte di Cleopatra nell’arte
Ma la Cleopatra morente aveva già stregato la tavola di Rosso Fiorentino e la tela di Artemisia Gentileschi, nel cui soggetto dalla posa lasciva e drammatica, come commenta Sgarbi “sentiamo gli odori, il sudore, la puzza...una Cleopatra mai meno regale. Una donna e basta, corpo prima che anima, esistenza prima che essenza”.
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Guercino, La morte di Cleopatra, 1648, Olio su tela, 287 x 173 cm, Genova, Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso | Courtesy Musei di Strada Nuova, Genova
“Il morso dell'aspide - si legge nella Vita di Antonio di Plutarco - induceva nelle membra un torpore sonnolento e un deliquio dei sensi, mentre le facoltà percettive svanivano, si rilasciavano dolcemente, e resistevano a ogni tentativo di risvegliarle e richiamarle in vita, come chi dorme profondo”.
Queste parole sembrano assumere forma e colore in una suggestiva tela di Guido Cagnacci del 1660, conservata alla Pinacoteca di Brera, nella quale il pittore ritrae Cleopatra al momento del suicidio, con il capo reclinato e l’aspide intento a fissarne il volto. A Vienna si conserva un'altra versione del dipinto, che mostra la regina morente, con il capo reclinato, circondata dalle ancelle.
Guido Cagnacci, Morte di Cleopatra, 1660 circa, Olio su tela, 158 x 120 cm, Milano, Pinacoteca di Brera
Lo sguardo della Cleopatra di Guido Reni, rivolto verso il cielo nel momento in cui compie il drammatico gesto, potrebbe tranquillamente essere quello di una qualsiasi santa dipinta dal pittore. Il corpo non ha alcunché di provocante e non sottende alcun tipo di erotismo, mentre l'aspide tra le mani della regina assomiglia ad un innocuo vermetto. L'ambiente è decorato con tendaggi e tessuti pregiati, e in primo piano figura una cesta colma di fichi dove, secondo la leggenda, la regina si sarebbe fatta portare il velenoso animale.
Un’altra cesta, dentro la quale figura l’aspide, compare anche nel dipinto dall’ambientazione inconsueta, Cleopatra e il contadino di Eugène Delacroix, oggi all’Ackland Art Museum di Chapel Hill. Quando Cleopatra venne a sapere che Ottaviano aveva intenzione di portarla a Roma insieme ai suoi figli, non volendo essere esposta in trionfo, trovò il modo di porre fine alla propria vita. Aveva appena saputo che Antonio si era suicidato credendola morta, e così, chiusa nel suo mausoleo, si tolse la vita. Con lei morì anche il regno d’Egitto, il più ricco degli stati ellenistici nati dalla divisione del grande impero di Alessandro Magno e trasformato, con la scomparsa della sua ultima regina, in una provincia romana.
Eugène Delacroix (1798 - 1863), Cleopatra e il contadino, 1838, Olio su tela , 98 x 123 cm, Chapel Hill, Ackland Art Museum
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Cleopatra da Michelangelo ad Angelika Kauffmann
Due delle più antiche raffigurazioni di Cleopatra nell’arte, nella stessa posa della Dea Iside, e con Tolomeo XV Filopatore Filometore Cesare, il figlio avuto da Gaio Giulio Cesare, figurano nel Tempio di Dendera (IV secolo a.C).
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Michelangelo Buonarroti, Cleopatra, 1535, Firenze, Casa Buonarroti
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Accanto al volto dell’antica regina egiziana si vede, appena accennato, il profilo di un vecchio.
Immersa nella liricità di un paesaggio classico di pura invenzione, la Cleopatra barocca di Claude Lorrain si appresta invece a sbarcare a Tarso, nel 41 a.C., per il suo primo incontro con Antonio. Una luce dorata proveniente da destra inghiotte personaggi e architetture fantastiche, mentre, sulla sinistra, le navi sbucano in controluce.
A tramandare l’episodio del viaggio di Cleopatra in Cilicia è lo storico Plutarco, mentre Shakespeare rese celebre questo incontro “ammaliatore” nella sua tragedia Antonio e Cleopatra.
Claude Lorrain (1604/1605 - 1682), Lo sbarco di Cleaopatra a Tarso, 1642-1643, Olio su tela Dimensioni, 119 x 170 cm, Parigi Museo del Louvre
A far sedere Cleopatra a banchetto sarà invece Giambattista Tiepolo che, in una delle due opere eseguite nel 1743 per Francesco Algarotti conferisce alla regina le fattezze di sua moglie Maria Cecilia Guardi. Il dipinto, che ebbe tra i suoi acquirenti anche Caterina di Russia, dal 1933 si trova nella pinacoteca del National Gallery of Victoria di Melbourne. Il fascino esercitato dalla regina sul pittore veneto trapela anche dall’incontro tra Antonio e Cleopatra immaginato da Tiepolo e parte di un ciclo di affreschi realizzati dall’artista nel Salone da Ballo di Palazzo Labia a Venezia.
La scena rappresenta, al centro del dipinto, Antonio avvolto in un’armatura classica, con il volto incorniciato da un prezioso elmo di metallo. Alla sua sinistra, Cleopatra indossa un abito sfarzoso di fattura settecentesca e dall’ampia scollatura. A enfatizzare i lineamenti del viso e l’acconciatura elegante, un ampio colletto impreziosito da gioielli stretti al collo. A comporre la scena anche il muso di un cavallo bianco, un moro con un turbante, un cane trattenuto da un servitore e i militari schierati sulla passerella. Sullo sfondo, un cortigiano in abiti esotici porta un’insegna agitata dal vento. Sulla destra avanza una grande vela sulla quale si sporge un marinaio, mentre fanno capolino architetture classiche con colonne, lesene, capitelli corinzi.
Giambattista Tiepolo, Il Banchetto di Cleopatra, Dettaglio, 1746-1747, Affresco, 650 x 300 cm, Venezia, Palazzo Labia
Di nuovo protagonista di un banchetto teatrale è la Cleopatra del pittore olandese seicentesco Jan Steen. I personaggi ritratti assomigliano ad attori su un palco grazie ai loro gesti vivaci e alla tenda rossa che ricorda un sipario. L’artista riproduce il leggendario episodio durante il quale Cleopatra svuota con una mano il suo bicchiere bevendone il contenuto, mentre con l’altra lascia scivolare le perle della sua collana nell’aceto mentre Marcantonio guarda la scena con sconcerto.
Quest’amore tra i due interrotto dalla morte del triumviro dovette colpire molto, nel Settecento, la pittrice svizzera Angelika Kauffmann, che per ricordare Cleopatra scelse la scena nella quale la sfortunata regina posa dei fiori sulla tomba di Antonio, nel dipinto Decorazione della tomba di Marcantonio.
Nella tela La morte di Cleopatra del 1872 del celebre pittore simbolista svizzero Arnold Böcklin, la regina d'Egitto ha le sembianze di una femme fatale. Quando apparve, l'opera destò non poco scandalo in quanto non esprimeva gli elementi tipici dell’immaginario esotico. La regina, infatti, non era raffigurata in costumi egizi, ma la sua presenza sulla tela ricordava piuttosto l'esuberante posa di una donna che, tenendo in mano il serpente, cercava di uscire dalla cornice, trattenuta sulla tela da un'atmosfera di mistero.
Ma a scolpire nell’arte la figura di Cleopatra, eternando il ricordo del suo giovane corpo, lo stato d’animo turbato e malinconico prossimo alla morte, è anche il marmo. Al marmo grigio e a quello bianco di Carrara ha fatto ricorso nell’Ottocento lo scultore Girolamo Masini per scolpire le formosità del corpo della regina d’Egitto, i suoi seni esposti e ben torniti, la bocca carnosa e la morbida rotondità del volto incorniciato da un’elaborata parrucca a boccoli. A differenza delle altre opere in pittura, in questa scultura conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, tutto deve ancora accadere. Poco conta per l’artista il gesto eroico della regina. Lo scultore sceglie piuttosto di soffermarsi sui suoi stati d’animo che tradiscono la rassegnazione per il suo ultimo, ineluttabile gesto.
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