Cura. Conservazione e modificazione del territorio dalle Cinque Terre a Carrara
Dal 24 Aprile 2015 al 05 Luglio 2015
La Spezia
Luogo: Museo CAMeC
Indirizzo: p.zza Cesare Battisti 1
Curatori: Francesca Cattoi, Tristan Boniver, Carlo Malgarotto
Enti promotori:
- DATABASE
- CAMeC
Telefono per informazioni: +39 0187 734593
E-Mail info: camec@comune.sp.it
Sito ufficiale: http://camec.spezianet.it
Lo studio del territorio in cui si è nati e cresciuti si presenta sempre con un misto di recupero di memorie personali e di storie condivise. Molto spesso può essere necessario analizzare i dati e guardare i paesaggi attraverso occhi estranei, che ci restituiscano un’immagine inedita di quello che quotidianamente diamo per scontato…
I linguaggi artistici impiegati per la ricognizione, la fotografia e la scultura, riassumono i due anni di lavoro fatto nel centro e vedono coinvolti due gruppi di ricerca. Per la fotografia, Emmanuele Coltellacci, Angelo Iannone, Luca Monaco, Laura Simone, diplomati del Master in fotografia di Modena, hanno fornito la spina dorsale dell’indagine dalle colline delle Cinque Terre alle cave di marmo di Carrara, passando dai bacini dell’Arsenale Marittimo Militare della Spezia.
Frutto di una collaborazione tra Fondazione Cassa di Risparmio, Fondazione Fotografia Modena e CAMeC Centro Arte Contemporanea della Spezia, l’interazione con il nostro territorio è stato mediato da alcuni incontri preliminari con Francesca Cattoi, consulente artistico CAMeC, Carlo Malgarotto, presidente geologi Liguria e il risultato del loro lavoro discusso e sviluppato insieme a Tristan Boniver, ROTOR Bruxelles.
Le scultura di Ludovica Carbotta e Mattia Bosco, in residenza a Carrara per il progetto DATABASE, a cura di Federica Forti, che ne ha condiviso e assecondato desideri e pensieri, sono state selezionate per affinità di contenuto alle tematiche affrontate attraverso le fotografie. Talvolta, pur partendo da intenzioni lontane dal tema che si vuole affrontare in questa mostra, i blocchi di marmo dei due scultori ne rappresentavano iconograficamente il centro vitale.
Attraverso le fotografie, l’indagine sulla percezione e utilizzo del paesaggio al confine tra Liguria e Toscana, fortemente antropizzato mostra con estrema evidenza, pur nella diversità dei progetti e degli approcci, le contraddizioni insite in questo secolare rapporto tra natura e uomo.
Il paesaggio terrazzato dialoga a distanza con lo sfruttamento delle cave di marmo di Carrara e si intreccia con la costruzione a metà dell’Ottocento con i bacini dell’Arsenale Militare Marittimo alla Spezia. Qui a storia nazionale, quella con la S maiuscola, modifica non solo la vita delle persone, ma anche i territori: l’abbandono delle terre per lavorare alla costruzione dell’Arsenale e poi l’impiego nelle industrie di prodotti bellici, fa sì che la natura non più controllata ogni giorno dall’uomo, si riprenda lo spazio geometrizzato dei muretti a secco e della coltivazione della vite, ricreando il suo informe e disordinato stato “naturale”.
All’estremo opposto, lo sfruttamento delle cave, da sempre legato alla Storia corale dalla nazionalizzazione dell’imperatore Augusto a quella operata dal regime fascista negli anni Trenta, perpetua la continua erosione delle montagne apuane, modificando in modo irreversibile il paesaggio. Così nelle sculture esposte, la progettualità dell’arte riporta in evidenza le ferite, i sogni, l’operatività legata al marmo e al paesaggio che ne consegue attraverso la ricostruisce, anche se in scala, della parte mancante di un monte, o nella lavorazione di pezzi di scarto di marmo bianco di Carrara e nero del Belgio attraverso il robot che ne geometrizza l’informe aspetto di frammenti.
L’interpretazione dello sviluppo, della storia, della vita di questi due territori passa attraverso la bellezza dei paesaggi costruiti, nel tempo, grazie al lavoro di popolazioni rudi, indomite, pronte al sacrificio attraverso il confronto quotidiano con la natura: per costruire i muretti a secco che, seguendo la conformazione delle colline liguri, ne trasformano il pendio in gradoni che partono dal mare e arrivano fino alla cima; o per ricavare pietra dalla montagna corrodendo, giorno dopo giorno, il profilo della roccia naturale; o per piegare la costa in bacini dentro i quali far entrare le navi da guerra per poterle riparare.
Tutto questo attraverso fotografie e sculture in marmo che giovani artisti hanno pensato e realizzato nel nostro territorio, vivendolo da stranieri, un po’ turisti, un po’ ricercatori.
(testo di Francesca Cattoi)
I linguaggi artistici impiegati per la ricognizione, la fotografia e la scultura, riassumono i due anni di lavoro fatto nel centro e vedono coinvolti due gruppi di ricerca. Per la fotografia, Emmanuele Coltellacci, Angelo Iannone, Luca Monaco, Laura Simone, diplomati del Master in fotografia di Modena, hanno fornito la spina dorsale dell’indagine dalle colline delle Cinque Terre alle cave di marmo di Carrara, passando dai bacini dell’Arsenale Marittimo Militare della Spezia.
Frutto di una collaborazione tra Fondazione Cassa di Risparmio, Fondazione Fotografia Modena e CAMeC Centro Arte Contemporanea della Spezia, l’interazione con il nostro territorio è stato mediato da alcuni incontri preliminari con Francesca Cattoi, consulente artistico CAMeC, Carlo Malgarotto, presidente geologi Liguria e il risultato del loro lavoro discusso e sviluppato insieme a Tristan Boniver, ROTOR Bruxelles.
Le scultura di Ludovica Carbotta e Mattia Bosco, in residenza a Carrara per il progetto DATABASE, a cura di Federica Forti, che ne ha condiviso e assecondato desideri e pensieri, sono state selezionate per affinità di contenuto alle tematiche affrontate attraverso le fotografie. Talvolta, pur partendo da intenzioni lontane dal tema che si vuole affrontare in questa mostra, i blocchi di marmo dei due scultori ne rappresentavano iconograficamente il centro vitale.
Attraverso le fotografie, l’indagine sulla percezione e utilizzo del paesaggio al confine tra Liguria e Toscana, fortemente antropizzato mostra con estrema evidenza, pur nella diversità dei progetti e degli approcci, le contraddizioni insite in questo secolare rapporto tra natura e uomo.
Il paesaggio terrazzato dialoga a distanza con lo sfruttamento delle cave di marmo di Carrara e si intreccia con la costruzione a metà dell’Ottocento con i bacini dell’Arsenale Militare Marittimo alla Spezia. Qui a storia nazionale, quella con la S maiuscola, modifica non solo la vita delle persone, ma anche i territori: l’abbandono delle terre per lavorare alla costruzione dell’Arsenale e poi l’impiego nelle industrie di prodotti bellici, fa sì che la natura non più controllata ogni giorno dall’uomo, si riprenda lo spazio geometrizzato dei muretti a secco e della coltivazione della vite, ricreando il suo informe e disordinato stato “naturale”.
All’estremo opposto, lo sfruttamento delle cave, da sempre legato alla Storia corale dalla nazionalizzazione dell’imperatore Augusto a quella operata dal regime fascista negli anni Trenta, perpetua la continua erosione delle montagne apuane, modificando in modo irreversibile il paesaggio. Così nelle sculture esposte, la progettualità dell’arte riporta in evidenza le ferite, i sogni, l’operatività legata al marmo e al paesaggio che ne consegue attraverso la ricostruisce, anche se in scala, della parte mancante di un monte, o nella lavorazione di pezzi di scarto di marmo bianco di Carrara e nero del Belgio attraverso il robot che ne geometrizza l’informe aspetto di frammenti.
L’interpretazione dello sviluppo, della storia, della vita di questi due territori passa attraverso la bellezza dei paesaggi costruiti, nel tempo, grazie al lavoro di popolazioni rudi, indomite, pronte al sacrificio attraverso il confronto quotidiano con la natura: per costruire i muretti a secco che, seguendo la conformazione delle colline liguri, ne trasformano il pendio in gradoni che partono dal mare e arrivano fino alla cima; o per ricavare pietra dalla montagna corrodendo, giorno dopo giorno, il profilo della roccia naturale; o per piegare la costa in bacini dentro i quali far entrare le navi da guerra per poterle riparare.
Tutto questo attraverso fotografie e sculture in marmo che giovani artisti hanno pensato e realizzato nel nostro territorio, vivendolo da stranieri, un po’ turisti, un po’ ricercatori.
(testo di Francesca Cattoi)
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