In mostra a Palazzo Vecchio fino al 24 giugno
Firenze e Leonardo nel racconto del Codice Atlantico
Leonardo da Vinci e Firenze. Fogli scelti dal Codice Atlantico. Palazzo Vecchio. Foto Nicola Neri
Francesca Grego
01/04/2019
Firenze - Per tutta la vita si definì “pittore fiorentino” e in Francia, quando sentì che la fine era vicina, dispose di essere sepolto nella “giesa de Sancto Fiorentino de Amboysia” A Firenze, poi, dedicò uno dei suoi ultimi ricordi scritti, quello del serraglio dei leoni che si trovava dietro Palazzo Vecchio, vergato proprio nel giorno del santo patrono un anno prima di morire, il 24 giugno 1518.
Basta questo per rendersi conto del legame, profondo e mai interrotto, che unì Leonardo a Firenze, si trovasse a Milano, presso la corte di Ludovico il Moro, a Roma o ad Amboise, a servizio di Francesco I di Francia, dove trascorse i suoi ultimi anni.
Il rapporto tra un genio girovago e la sua città è il fulcro della mostra Leonardo da Vinci e Firenze. Fogli scelti dal Codice Atlantico, visitabile fino al 24 giugno a Palazzo Vecchio. Nel percorso a cura di Cristina Acidini, 12 carte vergate dall’artista e scienziato rinascimentale provenienti dalla Pinacoteca Ambrosiana ci parlano della formazione nella bottega di Andrea del Verrocchio e dei fondamentali studi sull’anatomia umana, compiuti più tardi nello Spedale di Santa Maria Nuova dissezionando cadaveri, ma anche della passione per il volo, che si trasforma in progetto attraverso l’osservazione degli uccelli e l’ideazione dell’ala meccanica che avrebbe dovuto consentire all’uomo di librarsi nell’aria.
Per Leonardo Firenze fu culla di capolavori, ma anche il luogo di grandi imprese fallite, come quella della Battaglia d’Anghiari, l’immenso dipinto murale che, insieme alla Battaglia di Cascina di Michelangelo, avrebbe dovuto ornare il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, simbolo della città. Qui la scelta della tecnica dell’encausto, appresa nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, si rivelò fatale: il calore sprigionato dai pentoloni messi ad ardere per asciugare il dipinto si rivelò insufficiente e i colori colarono giù, rovinando la più violenta rappresentazione della guerra di quegli anni.
Alle acque dell’Arno Leonardo dedicò invece un ambizioso progetto di ingegneria idraulica: deviare il corso del fiume per renderlo navigabile da Firenze al mare. Un’impresa talmente grandiosa che nemmeno i grandi mercanti fiorentini furono in grado di finanziarla.
Di tutto questo si trova traccia nel Codice Atlantico, la più ampia collezione di scritti leonardiani, che con la sua varietà dà conto dell’insaziabile curiosità di un genio universale: fisica, matematica, botanica, anatomia, geografia, astronomia sono solo alcuni degli argomenti toccati dai 119 fogli di appunti e disegni, che corrono lungo tutta la carriera del maestro toscano.
Non mancano riferimenti in grado di ricondurci ai rapporti di Leonardo con illustri personaggi legati a Firenze, da Sandro Botticelli al cardinale Giuliano de’ Medici, o alla sua attività di procacciatore di notizie, quale fu per Ludovico il Moro durante la rivolta di Savonarola, né spunti raccolti osservando la fabbrica della cattedrale di Santa Maria del Fiore, con la gigantesca Cupola di Brunelleschi e le macchine del cantiere.
Anche da lontano per Leonardo Firenze restò una sorta di stella polare, “luogo d’origine mai veramente lasciato e comunque mai dimenticato” scrive la curatrice: la città fu “sempre presente nella sua mente, attraverso le reti di protezioni, conoscenze, amicizie, corrispondenze e nel bagaglio che sempre si portava appresso, di esperienze e ricordi, il lavorìo progettuale, la continuazione dei quadri iniziati in patria”.
I 12 fogli esposti a Palazzo Vecchio funzionano perciò “come fili d’Arianna al contrario”, in grado di introdurci nel labirinto della mente di Leonardo, nei molti aspetti del rapporto sfaccettato e spesso contraddittorio che intrattenne con la sua città.
Promossa dal Comune di Firenze in occasione dei 500 anni dalla scomparsa dell’artista, la mostra è organizzata da Mus.e con il contributo di ENGIE.
Leggi anche:
• Verso il 2019 nel segno di Leonardo
• I segreti del Codice Atlantico all’Ambrosiana
• Alle Stelline un dialogo contemporaneo nel segno di Leonardo
• I disegni di Leonardo e il celebre Autoritratto presto in mostra a Torino
Basta questo per rendersi conto del legame, profondo e mai interrotto, che unì Leonardo a Firenze, si trovasse a Milano, presso la corte di Ludovico il Moro, a Roma o ad Amboise, a servizio di Francesco I di Francia, dove trascorse i suoi ultimi anni.
Il rapporto tra un genio girovago e la sua città è il fulcro della mostra Leonardo da Vinci e Firenze. Fogli scelti dal Codice Atlantico, visitabile fino al 24 giugno a Palazzo Vecchio. Nel percorso a cura di Cristina Acidini, 12 carte vergate dall’artista e scienziato rinascimentale provenienti dalla Pinacoteca Ambrosiana ci parlano della formazione nella bottega di Andrea del Verrocchio e dei fondamentali studi sull’anatomia umana, compiuti più tardi nello Spedale di Santa Maria Nuova dissezionando cadaveri, ma anche della passione per il volo, che si trasforma in progetto attraverso l’osservazione degli uccelli e l’ideazione dell’ala meccanica che avrebbe dovuto consentire all’uomo di librarsi nell’aria.
Per Leonardo Firenze fu culla di capolavori, ma anche il luogo di grandi imprese fallite, come quella della Battaglia d’Anghiari, l’immenso dipinto murale che, insieme alla Battaglia di Cascina di Michelangelo, avrebbe dovuto ornare il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, simbolo della città. Qui la scelta della tecnica dell’encausto, appresa nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, si rivelò fatale: il calore sprigionato dai pentoloni messi ad ardere per asciugare il dipinto si rivelò insufficiente e i colori colarono giù, rovinando la più violenta rappresentazione della guerra di quegli anni.
Alle acque dell’Arno Leonardo dedicò invece un ambizioso progetto di ingegneria idraulica: deviare il corso del fiume per renderlo navigabile da Firenze al mare. Un’impresa talmente grandiosa che nemmeno i grandi mercanti fiorentini furono in grado di finanziarla.
Di tutto questo si trova traccia nel Codice Atlantico, la più ampia collezione di scritti leonardiani, che con la sua varietà dà conto dell’insaziabile curiosità di un genio universale: fisica, matematica, botanica, anatomia, geografia, astronomia sono solo alcuni degli argomenti toccati dai 119 fogli di appunti e disegni, che corrono lungo tutta la carriera del maestro toscano.
Non mancano riferimenti in grado di ricondurci ai rapporti di Leonardo con illustri personaggi legati a Firenze, da Sandro Botticelli al cardinale Giuliano de’ Medici, o alla sua attività di procacciatore di notizie, quale fu per Ludovico il Moro durante la rivolta di Savonarola, né spunti raccolti osservando la fabbrica della cattedrale di Santa Maria del Fiore, con la gigantesca Cupola di Brunelleschi e le macchine del cantiere.
Anche da lontano per Leonardo Firenze restò una sorta di stella polare, “luogo d’origine mai veramente lasciato e comunque mai dimenticato” scrive la curatrice: la città fu “sempre presente nella sua mente, attraverso le reti di protezioni, conoscenze, amicizie, corrispondenze e nel bagaglio che sempre si portava appresso, di esperienze e ricordi, il lavorìo progettuale, la continuazione dei quadri iniziati in patria”.
I 12 fogli esposti a Palazzo Vecchio funzionano perciò “come fili d’Arianna al contrario”, in grado di introdurci nel labirinto della mente di Leonardo, nei molti aspetti del rapporto sfaccettato e spesso contraddittorio che intrattenne con la sua città.
Promossa dal Comune di Firenze in occasione dei 500 anni dalla scomparsa dell’artista, la mostra è organizzata da Mus.e con il contributo di ENGIE.
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