Dal 22 al 24 gennaio terzo appuntamento con i SuperaMenti della Collezione Guggenheim
Il disegno per Esplorare la distanza, oltre le diversità: un workshop online con l'artista Cecilia Jansson
Guttenberg Arts New Jersey, 2019 | Foto: © Cecilia Jansson
Samantha De Martin
07/01/2021
Il limite fisico come possibilità narrativa, e il disegno quale strumento per indagare la distanza superando i limiti imposti dal distanziamento, per costruire un presente nuovo che sfrutti la diversità come risorsa.
Se c’è un potere immenso racchiuso nell’arte, è quello di oltrepassare, per natura, i limiti imposti dalle criticità del contingente ed escogitare forme alternative di convivenza per guardare avanti nei momenti più complessi. Per farlo Cecilia Jansson sceglie di integrare tra i suoi collage, gli assemblaggi, i disegni, l’essere umano, rendendolo oggetto di rappresentazione e, al tempo stesso, soggetto attivo.
In questo tentativo di avvicinare le persone nella creazione di un’opera d'arte collaborativa, il disegno ha un ruolo privilegiato, consentendo di esprimere al meglio pensieri e sentimenti.
All’artista svedese che investe nella varietà dei materiali per dare vita a sculture e disegni di grandi dimensioni, la Collezione Peggy Guggenheim affida il terzo workshop online del progetto SuperaMenti. Pratiche artistiche per un nuovo presente, un ciclo di quattro incontri tra artisti internazionali e ragazzi di età compresa tra i 16 e i 25 anni, organizzato dalla Collezione Peggy Guggenheim con la partecipazione di Swatch Art Peace Hotel.
Sfidando la chiusura dei musei e dei luoghi della cultura imposta dalla pandemia, l’istituzione veneziana si conferma così inarrestabile fucina d’arte e di idee imperniata sul contemporaneo, seguendo il motto della visionaria Peggy: “servire il futuro invece di registrare il passato”. Così, nell’ottica di un futuro che vede il museo come un luogo di sperimentazione e di confronto, ha scelto di rivolgersi ai giovani della cosiddetta “Generazione Z”, mettendo i ragazzi direttamente in contatto, tramite la piattaforma Zoom, con quattro artisti internazionali, per lavorare sulla creatività come veicolo di scambio, interazione e appartenenza, verso una “nuova normalità”.
Cecilia Jansson
Attraverso una spiccata sensibilità verso la social practice, con il suo lessico dinamico, fortemente agganciato all’attualità e alle tematiche dell’integrazione, Cecilia Jansson insegnerà ai partecipanti a “Esplorare la distanza” affrontando con il disegno il tema del corpo umano, concepito come strumento di misura e limite.
Il workshop, gratuito, si svolgerà dal 22 al 24 gennaio sulla piattaforma Zoom. Per accedervi è necessaria la prenotazione, registrandosi sul sito della Guggenheim. Saranno invece aperti a tutti, ma sempre tramite prenotazione, i due incontri preparatori al laboratorio, che si svolgeranno domani, 8 gennaio, e il 18 gennaio su Zoom.
Classe 1975, diversi progetti in campo per il futuro, dall’Ucraina a New York, l’artista di Lund, protagonista di un intervento, assieme a Geoffrey Chadsey, alla Örebro Konsthall, ha partecipato a numerose mostre collettive da New York a Gothenburg, per approdare, nel 2019, al The Others Art Fair di Torino. Tra le ultime residenze, quella allo Swatch Art Peace Hotel di Shanghai e alla NARS Foundation e School of Visual Arts di New York. Docente di scultura all’Örebro Art College, Cecilia ha tenuto corsi allo Yunnan Arts Institute, in Cina, mentre è del 2015 la sua partecipazione alla Biennale di Venezia per il progetto Swatch Faces 2015.
E adesso, last but not least, la nuova esperienza con i ragazzi italiani, rigorosamente da remoto.
Studio at School of Visual Arts New York City 2017 Photo Cecilia Jansson
“L’idea di SuperaMenti - spiega Jansson ad ARTE.it - di collegare il pubblico del museo con gli artisti è un ottimo modo per inserire energia nel museo stesso, facendo in modo che i fruitori guardino la collezione con occhi nuovi, incoraggiando il pubblico a essere creativo. Credo che l'arte non invecchi mai: il suo linguaggio è talvolta così diretto che possiamo ancora sentire il messaggio inviato dall'artista, indipendentemente dalla sua epoca".
Da cosa nasce il tema del laboratorio, Esplorare la distanza?
“Quando sono stata invitata da Swatch a tenere un seminario alla Collezione Peggy Guggenheim sul tema SuperaMenti. Pratiche artistiche per un nuovo presente ho provato una forte emozione. Avevo appena terminato un seminario con alcuni adolescenti in un ghetto della mia città natale, in Svezia. Avevamo abbellito con dipinti in bianco e nero un tunnel in cui passano le biciclette. Mentre lavoravamo ci siamo molto soffermati sulle tematiche attuali relative ai Black Lives Matter e alla pandemia da Coronavirus. Realizzando questi dipinti i partecipanti hanno iniziato a parlare di attualità da un punto di vista storico. Si sono resi conto che gli eventi che hanno vissuto, e ai quali hanno assistito come a una nuova normalità, avranno un “prima e dopo” e che la loro arte sarebbe diventata un simbolo, nel tempo, di questo stesso momento.
Così dalle esperienze di quel workshop ho tratto ispirazione nel pianificare il mio laboratorio online con i giovani in Italia".
Cosa insegnerà ai ragazzi attraverso il workshop? Come sarà organizzato?
“Voglio che i ragazzi partecipino fisicamente, conoscano nuove persone, sviluppino le loro capacità di disegno e interpretino questi tempi in cui viviamo con tutte le loro regole e restrizioni. Il compito che assegnerò loro sarà quello di realizzare disegni a carboncino, in un modo nuovo, come mai hanno avuto modo di sperimentare”.
Che ruolo avrà il disegno?
“Metteremo da parte la solita carta bianca quadrata ed esploreremo cosa succede quando si realizzano disegni con le stesse dimensioni del corpo umano. Utilizzando la silhouette di ogni partecipante, il disegno diventerà automaticamente una rappresentazione più diretta di loro stessi. Dopo aver inviato i loro lavori al Guggenheim, gli studenti lavoreranno in gruppo online. Ogni gruppo riceverà una serie di sagome da utilizzare come fonte di ispirazione e come materiale per una nuova opera d'arte collaborativa”.
Cecilia Jansson nel 2019 durante l'installazione dell'opera Dui Bu Qi all'Örebro Konsthall
La pandemia che stiamo vivendo ci porta a ragionare sui confini del nostro corpo. Siamo consapevoli più che mai di abitare corpi mortali potenzialmente minacciosi per gli altri. In che senso il corpo umano viene inteso come “strumento di misura e limite”?
“Invece di avere una carta quadrata bianca come limite per il nostro disegno (come di solito accade) useremo come limite le nostre sagome. La pratica del "distanziamento fisico" di questi ultimi mesi ha attirato l'attenzione sui confini esterni del nostro corpo. Le nuove regole che ci limitano fisicamente ci hanno costretti a trovare nuovi modi creativi per poter vivere la nostra vita. Usando la silhouette del corpo come contorno per questi disegni, il corpo stesso diventerà un simbolo dei limiti e delle regole che dobbiamo considerare mentre viviamo in società”.
In che modo ha “esplorato la distanza” durante la pandemia?
“So di non essere sola quando penso che la distanza che ci viene chiesto di mantenere sia simile a quella che serve a molti artisti per poter essere creativi. Quindi, a livello personale, credo che la distanza sia già un qualcosa a me abbastanza familiare”.
Cecilia Jansson, Fix you, pane e filo, Nars Foundation NYC | Foto: © Cecilia Jansson
Lei ha lavorato in ambienti e contesti diversi, dalla campagna cinese a New York City e persino in un carcere di massima sicurezza in Svezia. In che modo l'arte può aiutare ad avvicinarci, a ricostruire i rapporti umani e superare la paura dell’altro?
“Per poter creare, devi abbassare la guardia e accettare la possibilità di un fallimento. Quando le persone lo fanno in un gruppo, si avvicinano. Lavorando come artista in ambienti diversi ho visto come le persone, quando sono creative e risolvono i problemi insieme, possono crescere e sviluppare la curiosità, fattore indispensabile per creare nuove relazioni. Lavorare con i carcerati, gli studenti d'arte e gli adolescenti nelle aree disagiate della Svezia mi ha ulteriormente convinta di quanto sia efficace e importante fare arte (pubblica), affinché le persone si sentano parte integrante della società”.
Nelle sue creazioni ricorrono spesso tematiche legate alla diversità. Che cosa deve esprimere la sua arte?
“La diversità è la chiave della mia arte, con messaggi sulla percezione, l'accettazione. I miei oggetti fisici incarnano il processo di identità personale plasmato dalla società. Sono certa che siamo molto più simili di quanto la nostra società voglia farci credere".
Cecilia Jansson, Senza nome, porcellana e silicone | Foto: © Örebro Konsthall
Lei utilizza molteplici materiali, scelti “in base alla loro storia, all’odore, alle proprietà visive e semiotiche". Quali sono quelli che preferisce?
“La forma estetica di un pezzo dipende dagli attributi stessi del materiale, ma non posso dire di preferirne uno in particolare. Spesso mi emoziono quando sperimento qualcosa di nuovo. In questo momento, ad esempio, sto lavorando con lo zucchero. Quando penso a una nuova scultura, decido prima il materiale e poi disegno la forma. A volte è proprio il materiale il portatore del messaggio".
Tra questi materiali rientrano anche il pane e lo zucchero. Quali potenzialità nascondono questi elementi?
“Lo zucchero e il pane sono materiali davvero interessanti, sia per le loro proprietà fisiche che per il loro significato culturale. Mi piace lavorare con il pane perché, essendo l'impasto un qualcosa di vivo, al contrario della porcellana, non mi permette di avere il pieno controllo su ogni fase del processo".
Cecilia Jansson, Cultivation Series, porcellana e pane | Foto: © Cecilia Jansson
I tempi che stiamo vivendo hanno in qualche modo influenzato il suo linguaggio artistico?
“Credo proprio di sì, su molti livelli. Una cosa che ho notato, mentre realizzo schizzi e pianifico nuove sculture, è che ora come ora mi tengo ben lontana dal rappresentare, in qualunque contesto, una qualsiasi cosa che ricordi la forma del Coronavirus!”
I prossimi progetti?
“Dopo l’opera d’arte pubblica realizzata la scorsa estate a Vivalla, in Svezia, in collaborazione con adolescenti, che riassume davvero lo strano periodo in cui viviamo, sto già pensando ai due progetti per il prossimo anno. Uno è una collaborazione con il DCCC, un centro di cultura a Dnipro. L'altro è una residenza d'artista a New York, ChaNorth, dove continuerò a lavorare con il pane e lo zucchero".
Qual è la maggiore sfida, oggi, per un artista?
"Non farsi distrarre e diventare inattivo".
Workshop con i teenagers di Vivalla, Svezia 2020 | Foto: © Cecilia Jansson
Leggi anche:
• SuperaMenti - pratiche artistiche per un nuovo presente - Cecilia Jansson. Esplorare la distanza
• I SuperaMenti della Guggenheim: il museo come laboratorio di idee attraverso il poetere rigenerativo dell'arte
• Oltre il muro: un workshop online con la street artist Alice Pasquini
Se c’è un potere immenso racchiuso nell’arte, è quello di oltrepassare, per natura, i limiti imposti dalle criticità del contingente ed escogitare forme alternative di convivenza per guardare avanti nei momenti più complessi. Per farlo Cecilia Jansson sceglie di integrare tra i suoi collage, gli assemblaggi, i disegni, l’essere umano, rendendolo oggetto di rappresentazione e, al tempo stesso, soggetto attivo.
In questo tentativo di avvicinare le persone nella creazione di un’opera d'arte collaborativa, il disegno ha un ruolo privilegiato, consentendo di esprimere al meglio pensieri e sentimenti.
All’artista svedese che investe nella varietà dei materiali per dare vita a sculture e disegni di grandi dimensioni, la Collezione Peggy Guggenheim affida il terzo workshop online del progetto SuperaMenti. Pratiche artistiche per un nuovo presente, un ciclo di quattro incontri tra artisti internazionali e ragazzi di età compresa tra i 16 e i 25 anni, organizzato dalla Collezione Peggy Guggenheim con la partecipazione di Swatch Art Peace Hotel.
Sfidando la chiusura dei musei e dei luoghi della cultura imposta dalla pandemia, l’istituzione veneziana si conferma così inarrestabile fucina d’arte e di idee imperniata sul contemporaneo, seguendo il motto della visionaria Peggy: “servire il futuro invece di registrare il passato”. Così, nell’ottica di un futuro che vede il museo come un luogo di sperimentazione e di confronto, ha scelto di rivolgersi ai giovani della cosiddetta “Generazione Z”, mettendo i ragazzi direttamente in contatto, tramite la piattaforma Zoom, con quattro artisti internazionali, per lavorare sulla creatività come veicolo di scambio, interazione e appartenenza, verso una “nuova normalità”.
Cecilia Jansson
Attraverso una spiccata sensibilità verso la social practice, con il suo lessico dinamico, fortemente agganciato all’attualità e alle tematiche dell’integrazione, Cecilia Jansson insegnerà ai partecipanti a “Esplorare la distanza” affrontando con il disegno il tema del corpo umano, concepito come strumento di misura e limite.
Il workshop, gratuito, si svolgerà dal 22 al 24 gennaio sulla piattaforma Zoom. Per accedervi è necessaria la prenotazione, registrandosi sul sito della Guggenheim. Saranno invece aperti a tutti, ma sempre tramite prenotazione, i due incontri preparatori al laboratorio, che si svolgeranno domani, 8 gennaio, e il 18 gennaio su Zoom.
Classe 1975, diversi progetti in campo per il futuro, dall’Ucraina a New York, l’artista di Lund, protagonista di un intervento, assieme a Geoffrey Chadsey, alla Örebro Konsthall, ha partecipato a numerose mostre collettive da New York a Gothenburg, per approdare, nel 2019, al The Others Art Fair di Torino. Tra le ultime residenze, quella allo Swatch Art Peace Hotel di Shanghai e alla NARS Foundation e School of Visual Arts di New York. Docente di scultura all’Örebro Art College, Cecilia ha tenuto corsi allo Yunnan Arts Institute, in Cina, mentre è del 2015 la sua partecipazione alla Biennale di Venezia per il progetto Swatch Faces 2015.
E adesso, last but not least, la nuova esperienza con i ragazzi italiani, rigorosamente da remoto.
Studio at School of Visual Arts New York City 2017 Photo Cecilia Jansson
“L’idea di SuperaMenti - spiega Jansson ad ARTE.it - di collegare il pubblico del museo con gli artisti è un ottimo modo per inserire energia nel museo stesso, facendo in modo che i fruitori guardino la collezione con occhi nuovi, incoraggiando il pubblico a essere creativo. Credo che l'arte non invecchi mai: il suo linguaggio è talvolta così diretto che possiamo ancora sentire il messaggio inviato dall'artista, indipendentemente dalla sua epoca".
Da cosa nasce il tema del laboratorio, Esplorare la distanza?
“Quando sono stata invitata da Swatch a tenere un seminario alla Collezione Peggy Guggenheim sul tema SuperaMenti. Pratiche artistiche per un nuovo presente ho provato una forte emozione. Avevo appena terminato un seminario con alcuni adolescenti in un ghetto della mia città natale, in Svezia. Avevamo abbellito con dipinti in bianco e nero un tunnel in cui passano le biciclette. Mentre lavoravamo ci siamo molto soffermati sulle tematiche attuali relative ai Black Lives Matter e alla pandemia da Coronavirus. Realizzando questi dipinti i partecipanti hanno iniziato a parlare di attualità da un punto di vista storico. Si sono resi conto che gli eventi che hanno vissuto, e ai quali hanno assistito come a una nuova normalità, avranno un “prima e dopo” e che la loro arte sarebbe diventata un simbolo, nel tempo, di questo stesso momento.
Così dalle esperienze di quel workshop ho tratto ispirazione nel pianificare il mio laboratorio online con i giovani in Italia".
Cosa insegnerà ai ragazzi attraverso il workshop? Come sarà organizzato?
“Voglio che i ragazzi partecipino fisicamente, conoscano nuove persone, sviluppino le loro capacità di disegno e interpretino questi tempi in cui viviamo con tutte le loro regole e restrizioni. Il compito che assegnerò loro sarà quello di realizzare disegni a carboncino, in un modo nuovo, come mai hanno avuto modo di sperimentare”.
Che ruolo avrà il disegno?
“Metteremo da parte la solita carta bianca quadrata ed esploreremo cosa succede quando si realizzano disegni con le stesse dimensioni del corpo umano. Utilizzando la silhouette di ogni partecipante, il disegno diventerà automaticamente una rappresentazione più diretta di loro stessi. Dopo aver inviato i loro lavori al Guggenheim, gli studenti lavoreranno in gruppo online. Ogni gruppo riceverà una serie di sagome da utilizzare come fonte di ispirazione e come materiale per una nuova opera d'arte collaborativa”.
Cecilia Jansson nel 2019 durante l'installazione dell'opera Dui Bu Qi all'Örebro Konsthall
La pandemia che stiamo vivendo ci porta a ragionare sui confini del nostro corpo. Siamo consapevoli più che mai di abitare corpi mortali potenzialmente minacciosi per gli altri. In che senso il corpo umano viene inteso come “strumento di misura e limite”?
“Invece di avere una carta quadrata bianca come limite per il nostro disegno (come di solito accade) useremo come limite le nostre sagome. La pratica del "distanziamento fisico" di questi ultimi mesi ha attirato l'attenzione sui confini esterni del nostro corpo. Le nuove regole che ci limitano fisicamente ci hanno costretti a trovare nuovi modi creativi per poter vivere la nostra vita. Usando la silhouette del corpo come contorno per questi disegni, il corpo stesso diventerà un simbolo dei limiti e delle regole che dobbiamo considerare mentre viviamo in società”.
In che modo ha “esplorato la distanza” durante la pandemia?
“So di non essere sola quando penso che la distanza che ci viene chiesto di mantenere sia simile a quella che serve a molti artisti per poter essere creativi. Quindi, a livello personale, credo che la distanza sia già un qualcosa a me abbastanza familiare”.
Cecilia Jansson, Fix you, pane e filo, Nars Foundation NYC | Foto: © Cecilia Jansson
Lei ha lavorato in ambienti e contesti diversi, dalla campagna cinese a New York City e persino in un carcere di massima sicurezza in Svezia. In che modo l'arte può aiutare ad avvicinarci, a ricostruire i rapporti umani e superare la paura dell’altro?
“Per poter creare, devi abbassare la guardia e accettare la possibilità di un fallimento. Quando le persone lo fanno in un gruppo, si avvicinano. Lavorando come artista in ambienti diversi ho visto come le persone, quando sono creative e risolvono i problemi insieme, possono crescere e sviluppare la curiosità, fattore indispensabile per creare nuove relazioni. Lavorare con i carcerati, gli studenti d'arte e gli adolescenti nelle aree disagiate della Svezia mi ha ulteriormente convinta di quanto sia efficace e importante fare arte (pubblica), affinché le persone si sentano parte integrante della società”.
Nelle sue creazioni ricorrono spesso tematiche legate alla diversità. Che cosa deve esprimere la sua arte?
“La diversità è la chiave della mia arte, con messaggi sulla percezione, l'accettazione. I miei oggetti fisici incarnano il processo di identità personale plasmato dalla società. Sono certa che siamo molto più simili di quanto la nostra società voglia farci credere".
Cecilia Jansson, Senza nome, porcellana e silicone | Foto: © Örebro Konsthall
Lei utilizza molteplici materiali, scelti “in base alla loro storia, all’odore, alle proprietà visive e semiotiche". Quali sono quelli che preferisce?
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Tra questi materiali rientrano anche il pane e lo zucchero. Quali potenzialità nascondono questi elementi?
“Lo zucchero e il pane sono materiali davvero interessanti, sia per le loro proprietà fisiche che per il loro significato culturale. Mi piace lavorare con il pane perché, essendo l'impasto un qualcosa di vivo, al contrario della porcellana, non mi permette di avere il pieno controllo su ogni fase del processo".
Cecilia Jansson, Cultivation Series, porcellana e pane | Foto: © Cecilia Jansson
I tempi che stiamo vivendo hanno in qualche modo influenzato il suo linguaggio artistico?
“Credo proprio di sì, su molti livelli. Una cosa che ho notato, mentre realizzo schizzi e pianifico nuove sculture, è che ora come ora mi tengo ben lontana dal rappresentare, in qualunque contesto, una qualsiasi cosa che ricordi la forma del Coronavirus!”
I prossimi progetti?
“Dopo l’opera d’arte pubblica realizzata la scorsa estate a Vivalla, in Svezia, in collaborazione con adolescenti, che riassume davvero lo strano periodo in cui viviamo, sto già pensando ai due progetti per il prossimo anno. Uno è una collaborazione con il DCCC, un centro di cultura a Dnipro. L'altro è una residenza d'artista a New York, ChaNorth, dove continuerò a lavorare con il pane e lo zucchero".
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