Novità al Museo di Amsterdam
Il Van Gogh Museum acquista un ritratto di Munch e guarda al Giappone
Edvard Munch, Felix Auerbach, 1906, olio su tela, 77,1 x 85,4 cm. Courtesy of Van Gogh Museum
Samantha De Martin
25/01/2018
Mondo - In attesa di presentare al pubblico la magia delle seduzioni d’Oriente nelle tele di Vincent, con un occhio rivolto alla mostra in corso a Kyoto sul genio olandese, il Van Gogh Museum celebra un incontro inedito tra due giganti che in vita dialogarono soltanto a distanza, condividendo ideali e una passione ardente per l’arte.
L’occasione di questo incontro tra il pittore di Zundert ed Edvard Munch è la nuova acquisizione - con la quale il Museo di Amsterdam celebra anche il 74esimo anniversario della morte dell’artista - del ritratto eseguito dal pittore norvegese, proveniente da una collezione olandese privata e che si appresta ad affiancare lo Zuavo di Van Gogh, The Blue Dress di Kees van Dongen e Salomon Beffie di Jan Sluijters, al terzo piano della celebre istituzione di Museumplein 6.
«Poter arricchire la nostra collezione con un meraviglioso dipinto di Munch in cui è chiaramente visibile anche la sua affinità con Van Gogh, è la realizzazione di un sogno» ha commentato il direttore del museo, Axel Rüger.
Ed eccolo lì il fisico tedesco Felix Auerbach, professore all’Università di Jena ed esponente di spicco dell’élite intellettuale, immortalato da Munch in giacca e panciotto, mentre scruta lo spettatore con il suo sguardo intenso, straordinariamente espressivo, e il sigaro in mano.
D’altra parte l’illustre accademico, nel febbraio del 1906, aveva pagato 500 marchi per quella tela, commissionata dopo aver visto il pittore de L’urlo all’opera sul ritratto di Friedrich Nietzsche.
“Durante la sua vita, Van Gogh non permise alla sua fiamma di spegnersi. Fuoco e braci erano i suoi pennelli, mentre ardeva per la sua arte. Avevo pensato e desiderato come lui di non permettere alla mia fiamma di estinguersi e di dipingere con la spazzola ardente fino alla fine”.
Scriveva così il genio norvegese che aveva definito l’arte “il sangue del nostro cuore”, a proposito del collega olandese che, sebbene diverso per background ed esperienze, come lui, aveva deciso, nell’autunno del 1880, di diventare artista.
Ciascuno con la propria pietra miliare, Vincent con I Mangiatori di patate e Edvard con Mattino, fecero il loro debutto nell’arte, tuttavia accolti da una generale incomprensione.
Nonostante condividessero a Parigi la vivacità culturale di Montmartre, Munch e Van Gogh probabilmente non si incontrarono mai. Eppure tra i due c’era un contatto diretto: l’artista norvegese Hans Heyerdahl del quale il fratello di Vincent, Theo, era gallerista.
Ma oltre alla comune passione per i ritratti di Monet, per il suggestivo simbolismo di Gauguin e per la scrittura, oltre all’esperienza della solitudine e degli amori infelici, non corrisposti, che tanto li accomuna, c’è un altro fil rouge che unisce i due artisti, attraversando buona parte della loro produzione, ed è rappresentato dall’innovativa indagine che entrambi fecero sulla fotografia e sulle stampe giapponesi.
In primavera una mostra su Van Gogh e il Giappone
Questa straordinaria passione di Van Gogh per l’Oriente sarà anche il filo conduttore della mostra che esplorerà nel dettaglio la collezione di stampe giapponesi dell’artista, mettendo in luce il loro ruolo nel rinnovamento del suo linguaggio.
“Invidio i Giapponesi per l’estrema chiarezza di ogni loro lavoro” scriveva il pittore in una lettera a Theo, nel 1888.
D’altra parte l’immagine di questa terra lontana giungeva a Vincent attraverso le sue letture sull’arte giapponese e la collezione di quelle stampe che copiava e delle quali discuteva con gli altri artisti.
Vincent sbarca a Kyoto
Quella di Amsterdam, in primavera, sarà la tappa conclusiva del tour Van Gogh & Japan, il viaggio di Van Gogh in Oriente iniziato all’Hokkaido Museum of Modern Art di Sappodo, e che, dopo aver fatto tappa al Tokyo Metropolitan Art Museum, punterà al National Museum of Modern Art di Kyoto, ultima tappa in Oriente. Qui dal 20 gennaio al 4 marzo saranno esposti schizzi e dipinti dell’artista, provenienti da prestigiose collezioni, accanto a stampe e testimonianze di letterati e maestri giapponesi che intorno al 1920 si recarono in pellegrinaggio a Auvers-sur-Oise per visitare l’ultima dimora del pittore.
Accanto ad un autoritratto dell’artista, in prestito dal Van Gogh Museum di Amsterdam, sfileranno in mostra anche La Cortigiana del pittore olandese, oltre a quelle di Keisai Eisen.
Da Donna al Café Le Tambourin a Paesaggio innevato con Arles sullo sfondo o a Mare a Les Saintes Maries, le opere dell’artista si affiancheranno ai lavori al celebre incisore giapponese Utagawa Hiroshige, ma anche ad alcuni pezzi di Manet, Hokusai, Toulouse-Lautrec.
Leggi anche:
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• Loving Vincent. In Olanda con Van Gogh
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L’occasione di questo incontro tra il pittore di Zundert ed Edvard Munch è la nuova acquisizione - con la quale il Museo di Amsterdam celebra anche il 74esimo anniversario della morte dell’artista - del ritratto eseguito dal pittore norvegese, proveniente da una collezione olandese privata e che si appresta ad affiancare lo Zuavo di Van Gogh, The Blue Dress di Kees van Dongen e Salomon Beffie di Jan Sluijters, al terzo piano della celebre istituzione di Museumplein 6.
«Poter arricchire la nostra collezione con un meraviglioso dipinto di Munch in cui è chiaramente visibile anche la sua affinità con Van Gogh, è la realizzazione di un sogno» ha commentato il direttore del museo, Axel Rüger.
Ed eccolo lì il fisico tedesco Felix Auerbach, professore all’Università di Jena ed esponente di spicco dell’élite intellettuale, immortalato da Munch in giacca e panciotto, mentre scruta lo spettatore con il suo sguardo intenso, straordinariamente espressivo, e il sigaro in mano.
D’altra parte l’illustre accademico, nel febbraio del 1906, aveva pagato 500 marchi per quella tela, commissionata dopo aver visto il pittore de L’urlo all’opera sul ritratto di Friedrich Nietzsche.
“Durante la sua vita, Van Gogh non permise alla sua fiamma di spegnersi. Fuoco e braci erano i suoi pennelli, mentre ardeva per la sua arte. Avevo pensato e desiderato come lui di non permettere alla mia fiamma di estinguersi e di dipingere con la spazzola ardente fino alla fine”.
Scriveva così il genio norvegese che aveva definito l’arte “il sangue del nostro cuore”, a proposito del collega olandese che, sebbene diverso per background ed esperienze, come lui, aveva deciso, nell’autunno del 1880, di diventare artista.
Ciascuno con la propria pietra miliare, Vincent con I Mangiatori di patate e Edvard con Mattino, fecero il loro debutto nell’arte, tuttavia accolti da una generale incomprensione.
Nonostante condividessero a Parigi la vivacità culturale di Montmartre, Munch e Van Gogh probabilmente non si incontrarono mai. Eppure tra i due c’era un contatto diretto: l’artista norvegese Hans Heyerdahl del quale il fratello di Vincent, Theo, era gallerista.
Ma oltre alla comune passione per i ritratti di Monet, per il suggestivo simbolismo di Gauguin e per la scrittura, oltre all’esperienza della solitudine e degli amori infelici, non corrisposti, che tanto li accomuna, c’è un altro fil rouge che unisce i due artisti, attraversando buona parte della loro produzione, ed è rappresentato dall’innovativa indagine che entrambi fecero sulla fotografia e sulle stampe giapponesi.
In primavera una mostra su Van Gogh e il Giappone
Questa straordinaria passione di Van Gogh per l’Oriente sarà anche il filo conduttore della mostra che esplorerà nel dettaglio la collezione di stampe giapponesi dell’artista, mettendo in luce il loro ruolo nel rinnovamento del suo linguaggio.
“Invidio i Giapponesi per l’estrema chiarezza di ogni loro lavoro” scriveva il pittore in una lettera a Theo, nel 1888.
D’altra parte l’immagine di questa terra lontana giungeva a Vincent attraverso le sue letture sull’arte giapponese e la collezione di quelle stampe che copiava e delle quali discuteva con gli altri artisti.
Vincent sbarca a Kyoto
Quella di Amsterdam, in primavera, sarà la tappa conclusiva del tour Van Gogh & Japan, il viaggio di Van Gogh in Oriente iniziato all’Hokkaido Museum of Modern Art di Sappodo, e che, dopo aver fatto tappa al Tokyo Metropolitan Art Museum, punterà al National Museum of Modern Art di Kyoto, ultima tappa in Oriente. Qui dal 20 gennaio al 4 marzo saranno esposti schizzi e dipinti dell’artista, provenienti da prestigiose collezioni, accanto a stampe e testimonianze di letterati e maestri giapponesi che intorno al 1920 si recarono in pellegrinaggio a Auvers-sur-Oise per visitare l’ultima dimora del pittore.
Accanto ad un autoritratto dell’artista, in prestito dal Van Gogh Museum di Amsterdam, sfileranno in mostra anche La Cortigiana del pittore olandese, oltre a quelle di Keisai Eisen.
Da Donna al Café Le Tambourin a Paesaggio innevato con Arles sullo sfondo o a Mare a Les Saintes Maries, le opere dell’artista si affiancheranno ai lavori al celebre incisore giapponese Utagawa Hiroshige, ma anche ad alcuni pezzi di Manet, Hokusai, Toulouse-Lautrec.
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