A Roma, a Palazzo Barberini, dal 14 aprile al 14 luglio
Effetto notte. Il nuovo realismo americano debutta alle Gallerie Nazionali di Arte Antica
Effetto notte: Nuovo realismo americano, Allestimento | Courtesy Gallerie Nazionali di Arte Antica
Samantha De Martin
12/04/2024
Roma - Le lattine di Pepsi ricreate in cemento da Kaari Upson, così come le scritte al neon dipinte di nero da Glenn Ligon, insinuano dubbi e svelano i segreti nascosti dietro i miti più abbaglianti della cultura americana.
Li ritroviamo nel corridoio di ingresso dello Spazio Mostre, a Palazzo Barberini accanto ai bidoni della spazzatura che Klara Lidén sottrae alle strade per consegnarli al museo come readymade.
Il ritratto dei due gemelli di Dana Schutz, inquietanti bambole senza vita, incrocia altri sguardi fino a condurci al cospetto della figura che, nel grande quadro di Nicole Eisenmann, imbraccia una torcia elettrica per fare luce nella notte. Luce oscura, Dark night, comerecita il titolo dell’opera, allegoria contemporanea del ruolo dell’artista che, alla maniera di un moderno Diogene, si aggira per la città a caccia del vero.
E il pubblico lo segue, in un viaggio appassionante alle Galleria Nazionali di Arte Antica dove, fino al prossimo 14 luglio, oltre 150 opere provenienti dalla collezione di Aïshti Foundation, una delle più importanti istituzioni di arte contemporanea sulla scena internazionale, fondata 25 anni fa dall’imprenditore italo-libanese Tony Salamé e dalla moglie Elham, guidano alla scoperta di Effetto notte: Nuovo realismo americano.
Effetto notte: Nuovo realismo americano, Allestimento | Courtesy Gallerie Nazionali di Arte Antica
All’interno delle Gallerie che accolgono la più ampia collezione al mondo di pittura caravaggesca, attraverso i tre piani di Palazzo Barberini, il percorso a cura di Massimiliano Gioni e Flaminia Gennari Santori scivola armonioso lungo alcuni degli spazi più emblematici del museo, per insinuarsi (e concludersi) al secondo piano nel cosiddetto Appartamento Settecentesco, un interno rococò unico a Roma, aperto al pubblico per la prima volta in maniera continuativa in occasione della mostra. Tra gli scenografici ambienti barocchi e gli eccentrici interni settecenteschi entriamo a tu per tu con gli sviluppi recenti dell’arte americana per incontrare, solo verso la fine del percorso, l’opera che ha dato il nome al viaggio. Si chiama Day For Night – in italiano, “Effetto notte” – è stata realizzata dell’artista newyorkese Lorna Simpson e allude al trucco cinematografico che consente di filmare scene notturne durante il giorno. Il titolo è stato reso celebre da un film di Francois Truffaut del 1973. In francese l’effetto notte si chiama “Nuit Américaine”, la notte americana, immagine che si addice alle visioni chiaroscurate degli artisti in mostra, che negli ultimi decenni hanno catturato la realtà dell’America in tutta la sua complessità.
Effetto notte: Nuovo realismo americano, Allestimento | Courtesy Gallerie Nazionali di Arte Antica
Tra sogno e disagio la donna raffigurata esce da un palazzo, ma non siamo in grado di distinguere se sta per buttarsi giù. Artisti attivi negli Stati Uniti come Cecily Brown, George Condo, Nicole Eisenman, Urs Fischer, Wade Guyton, Julie Mehretu, Richard Prince, Charles Ray, David Salle, Dana Schutz, Cindy Sherman, Lorna Simpson, Henry Taylor, Christopher Wool e molti altri si confrontano con la questione cruciale del realismo e della rappresentazione della verità. Opere forgoranti, sgargianti ci accompagnano tra artiste di generazioni diverse a confronto con il tema della lotta tra madonne in fiamme e citazioini pittoriche ottocentesche, dove l’intimo si mescola al politico. Ci sono pittrici che indagano relazioni familiari e vita di coppia, solitudini domestiche e proteste di strada. Dalla californiana Joan Brown, che unisce folk, fumetto e l’estrema stilizzazione dei geroglifici egizi, al neo-surrealismo di Jill Mulleady, le opere in questa sala descrivono un romanzo familiare di nuove sorellanze e fragili affetti. Se i dipinti di Joan Semmel trasformano il corpo in grandi mappe e paesaggi, intimi e monumentali al tempo stesso, le figure di Janiva Ellis sono cyborg, strane commistioni meccaniche e organiche, o misteriosi personaggi caricaturali coinvolti nel dramma delle tensioni razziali, tema che ricorre spesso nelle opere di molti artisti americani contemporanei.
Realizzato per la Biennale di Venezia del 2019 e presentato per la prima volta di nuovo in Italia, il trittico di Henry Taylor ritrae Toussaint Louverture – il leader che alla fine del Settecento guidò la rivolta degli schiavi e l’insurrezione haitiana contro la Francia – accanto a un ritratto di gruppo tratto da una fotografia degli anni Sessanta scattata nel sud degli Stati Uniti negli anni della segregazione e delle proteste dei diritti civili.
Effetto notte: Nuovo realismo americano, Allestimento | Courtesy Gallerie Nazionali di Arte Antica
La minacciosa presenza degli uragani, ricorrente nell’immaginario della cultura americana, trova spazio nell’opera di Nate Lowman che, assieme a Sterling Ruby, Josh Smith e Matthew Wong reinventa la pittura di paesaggio. Un’America bianca e ossessionata dalle nozioni di razza e identità emerge da una delle “repliche” di Sturtevant, artista che ha dedicato gran parte della sua carriera a ricreare le opere di altri artisti e, in particolare, di quelli considerati icone dell’arte degli anni Sessanta. Tuttavia è dai lavori di Celeste Dupuy-Spencer, Josh Kline, Raymond Pettibon, Peter Saul e Jamian Juliano-Villani, nei quali si fondono paranoia, parodia e una strana sensazione di ipereccitabilità, che cogliamo un senso di confusione estrema, riflesso della polarizzazione delle opinioni che contraddistinguono la società e la politica americana di oggi.
Quando lasciamo la mostra restano impresse soprattutto due opere. La prima è il tagliaerba di Duane Hanson, scultura in bronzo policromo del maestro dell’Iperrealismo americano degli anni Settanta. Il suo sguardo inquietante che mette quasi in soggezione il visitatore dialoga con La velata settecentesca di Antonio Corradini, l’antieroe di Hanson, incoraggiandoci a riconsiderare quali siano i soggetti degni di essere immortalati in monumenti di marmo e bronzo. L’altra figura, negli spazi spogli della Sala Ovale, è l'“Arcangelo” in fibra di vetro di Charles Ray. Simile a un surfista californiano in procinto di cavalcare l’onda, questa figura dalla superficie perfettamente levigata sembra una creatura aliena, venuta dal cielo, o in procinto di unirsi al Trionfo dell’affresco di Pietro da Cortona nella sala accanto. O forse sembra protendersi verso il giardino per incrociare lo sguardo di Apollo che lo guarda dal fondo.
Effetto notte: Nuovo realismo americano, Allestimento | Courtesy Gallerie Nazionali di Arte Antica
Li ritroviamo nel corridoio di ingresso dello Spazio Mostre, a Palazzo Barberini accanto ai bidoni della spazzatura che Klara Lidén sottrae alle strade per consegnarli al museo come readymade.
Il ritratto dei due gemelli di Dana Schutz, inquietanti bambole senza vita, incrocia altri sguardi fino a condurci al cospetto della figura che, nel grande quadro di Nicole Eisenmann, imbraccia una torcia elettrica per fare luce nella notte. Luce oscura, Dark night, comerecita il titolo dell’opera, allegoria contemporanea del ruolo dell’artista che, alla maniera di un moderno Diogene, si aggira per la città a caccia del vero.
E il pubblico lo segue, in un viaggio appassionante alle Galleria Nazionali di Arte Antica dove, fino al prossimo 14 luglio, oltre 150 opere provenienti dalla collezione di Aïshti Foundation, una delle più importanti istituzioni di arte contemporanea sulla scena internazionale, fondata 25 anni fa dall’imprenditore italo-libanese Tony Salamé e dalla moglie Elham, guidano alla scoperta di Effetto notte: Nuovo realismo americano.
Effetto notte: Nuovo realismo americano, Allestimento | Courtesy Gallerie Nazionali di Arte Antica
All’interno delle Gallerie che accolgono la più ampia collezione al mondo di pittura caravaggesca, attraverso i tre piani di Palazzo Barberini, il percorso a cura di Massimiliano Gioni e Flaminia Gennari Santori scivola armonioso lungo alcuni degli spazi più emblematici del museo, per insinuarsi (e concludersi) al secondo piano nel cosiddetto Appartamento Settecentesco, un interno rococò unico a Roma, aperto al pubblico per la prima volta in maniera continuativa in occasione della mostra. Tra gli scenografici ambienti barocchi e gli eccentrici interni settecenteschi entriamo a tu per tu con gli sviluppi recenti dell’arte americana per incontrare, solo verso la fine del percorso, l’opera che ha dato il nome al viaggio. Si chiama Day For Night – in italiano, “Effetto notte” – è stata realizzata dell’artista newyorkese Lorna Simpson e allude al trucco cinematografico che consente di filmare scene notturne durante il giorno. Il titolo è stato reso celebre da un film di Francois Truffaut del 1973. In francese l’effetto notte si chiama “Nuit Américaine”, la notte americana, immagine che si addice alle visioni chiaroscurate degli artisti in mostra, che negli ultimi decenni hanno catturato la realtà dell’America in tutta la sua complessità.
Effetto notte: Nuovo realismo americano, Allestimento | Courtesy Gallerie Nazionali di Arte Antica
Tra sogno e disagio la donna raffigurata esce da un palazzo, ma non siamo in grado di distinguere se sta per buttarsi giù. Artisti attivi negli Stati Uniti come Cecily Brown, George Condo, Nicole Eisenman, Urs Fischer, Wade Guyton, Julie Mehretu, Richard Prince, Charles Ray, David Salle, Dana Schutz, Cindy Sherman, Lorna Simpson, Henry Taylor, Christopher Wool e molti altri si confrontano con la questione cruciale del realismo e della rappresentazione della verità. Opere forgoranti, sgargianti ci accompagnano tra artiste di generazioni diverse a confronto con il tema della lotta tra madonne in fiamme e citazioini pittoriche ottocentesche, dove l’intimo si mescola al politico. Ci sono pittrici che indagano relazioni familiari e vita di coppia, solitudini domestiche e proteste di strada. Dalla californiana Joan Brown, che unisce folk, fumetto e l’estrema stilizzazione dei geroglifici egizi, al neo-surrealismo di Jill Mulleady, le opere in questa sala descrivono un romanzo familiare di nuove sorellanze e fragili affetti. Se i dipinti di Joan Semmel trasformano il corpo in grandi mappe e paesaggi, intimi e monumentali al tempo stesso, le figure di Janiva Ellis sono cyborg, strane commistioni meccaniche e organiche, o misteriosi personaggi caricaturali coinvolti nel dramma delle tensioni razziali, tema che ricorre spesso nelle opere di molti artisti americani contemporanei.
Realizzato per la Biennale di Venezia del 2019 e presentato per la prima volta di nuovo in Italia, il trittico di Henry Taylor ritrae Toussaint Louverture – il leader che alla fine del Settecento guidò la rivolta degli schiavi e l’insurrezione haitiana contro la Francia – accanto a un ritratto di gruppo tratto da una fotografia degli anni Sessanta scattata nel sud degli Stati Uniti negli anni della segregazione e delle proteste dei diritti civili.
Effetto notte: Nuovo realismo americano, Allestimento | Courtesy Gallerie Nazionali di Arte Antica
La minacciosa presenza degli uragani, ricorrente nell’immaginario della cultura americana, trova spazio nell’opera di Nate Lowman che, assieme a Sterling Ruby, Josh Smith e Matthew Wong reinventa la pittura di paesaggio. Un’America bianca e ossessionata dalle nozioni di razza e identità emerge da una delle “repliche” di Sturtevant, artista che ha dedicato gran parte della sua carriera a ricreare le opere di altri artisti e, in particolare, di quelli considerati icone dell’arte degli anni Sessanta. Tuttavia è dai lavori di Celeste Dupuy-Spencer, Josh Kline, Raymond Pettibon, Peter Saul e Jamian Juliano-Villani, nei quali si fondono paranoia, parodia e una strana sensazione di ipereccitabilità, che cogliamo un senso di confusione estrema, riflesso della polarizzazione delle opinioni che contraddistinguono la società e la politica americana di oggi.
Quando lasciamo la mostra restano impresse soprattutto due opere. La prima è il tagliaerba di Duane Hanson, scultura in bronzo policromo del maestro dell’Iperrealismo americano degli anni Settanta. Il suo sguardo inquietante che mette quasi in soggezione il visitatore dialoga con La velata settecentesca di Antonio Corradini, l’antieroe di Hanson, incoraggiandoci a riconsiderare quali siano i soggetti degni di essere immortalati in monumenti di marmo e bronzo. L’altra figura, negli spazi spogli della Sala Ovale, è l'“Arcangelo” in fibra di vetro di Charles Ray. Simile a un surfista californiano in procinto di cavalcare l’onda, questa figura dalla superficie perfettamente levigata sembra una creatura aliena, venuta dal cielo, o in procinto di unirsi al Trionfo dell’affresco di Pietro da Cortona nella sala accanto. O forse sembra protendersi verso il giardino per incrociare lo sguardo di Apollo che lo guarda dal fondo.
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