Urban Storyteller
Dal 17 Gennaio 2014 al 06 Febbraio 2014
Lecce
Luogo: Primo Piano LivinGallery
Indirizzo: viale G. Marconi 4
Orari: da lunedì a venerdì 11-13/ 16-19.30; sabato 16.30-20.30
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0832 304014
E-Mail info: primopianogallery@libero.it
Sito ufficiale: http://www.primopianogallery.com
L'immagine costituisce da sempre un efficace veicolo per la diffusione e la legittimazione del potere. Nell’epoca della sua “riproducibilità tecnica”, per dirla con le parole di Benjamin, ma ormai anche della sua fruizione e manipolazione infinite, l’immagine rappresenta una realtà ancor più complessa, in cui l’esperienza umana è caratterizzata dall’esperienza visiva e segnica e conosce funzioni, ruoli e condizioni inedite e imprevisti. Il XXI secolo rappresenta appieno la “Società dell’immagine”, cioè quella società-simulacro, dove l’immagine diviene icona e copia del presente e si frappone tra l’essere umano e la realtà, a volte patinata, tecnologicamente sgretolata, controllata come un file nell’archivio di un Netscape explorer. In effetti la società in cui viviamo è diventata ormai “elettronica”, cioè prodotta e riprodotta mediante l’insieme delle strumentazioni ideate e controllate dall’uomo, non più solo l’immagine fotografica, cinematografica o televisiva, ma ormai anche quella informatica, elettronica, etc) e svolge una funzione essenziale nel processo formativo, informativo e creativo dell’individuo.
Simulacro è allora il termine più adatto per descrivere questa nuova congerie visiva, che influisce sull’ immaginario collettivo e con cui misurarsi, interrogarsi e fare i conti. L’immagine come copia della realtà è alla base del concept espositivo di Urban Storyteller, tematica interpretata dai quindici artisti qui in mostra. Narratori occasionali, artisti di professione, che esprimono con la loro sensibilità le dinamiche di questa società dell’immagine, con opere di matrice esistenzialista, ma anche cariche di un immaginario volto a dare espressione artistica e visiva della realtà del nostro tempo. Dagli “Guerrieri urbani” della canadese d’adozione Kim Chan e dell’austriaca Christine Cézanne-Thauss, al suggestivo “Cristo che porta la sua croce nelle strade cittadine” di Nathan Brusovani, quale simulacro di una visione spirituale e reale al tempo stesso, che trova la sua origine e riferimento nella realtà stessa, spesso sentita opaca e pesante.
Le città portano in sé l'immagine del tempo che è trascorso. Dalle città emergono non solo le tracce della storia, ma anche idee sul modo di abitare, di vivere, di sentire. È questo il caso del “Visionary traveller” di Maria Luisa Imperiali, artista attenta e sensibile, che crea una sequenza di immagini fotografiche che narrano il passare del tempo, la memoria urbana, i luoghi di passaggio da un qui ad un altrove, miscelati da “presenze” immaginarie, come quelle che a volte maturano nei nostri pensieri quando intraprendiamo un viaggio. Per secoli, filosofi, architetti, pensatori religiosi o laici hanno immaginato, e a volte realizzato, luoghi e città dove l'uomo potesse vivere in armonia in un ambiente adeguato alle sue esigenze ma non sempre è così. Nel film “Lips Sealed “la video artista australiana, si ispira al film “ Le Mille e una notte” e in particolare al personaggio del narratore: Shahrezad, una donna intelligente che per mezzo della narrazione riesce a salvare la vita di se stessa e di altre donne. Nel film di Sofi Basseghi, la protagonista è un vecchia e paralizzata Shahrezad della società di oggi che si perde in una fabbrica con vicoli ciechi, ogni stanza che attraversa rappresenta le diverse storie e le lotte che le donne affrontano ogni giorno.
Fabbrica di sogni e di memoria, il cinema racchiude molti linguaggi, trasformando in forma d'arte e in spettacolo una tecnica di riproduzione delle immagini, stimolando reazioni da parte di chi le guarda. In questa mostra sono presenti inoltre, i video della norvegese Margarida Paiva, che accentua le immagini «popolari» e urbane in contesti a volte desolati, come possono essere i nostri luoghi, carichi di architetture sofisticate dove l’essere umano sembra quasi un elemento di disturbo.
In questa prospettiva, entrano in gioco altre opere che narrano, sempre attraverso le immagini, una
originale rilettura della tradizione visiva, ma anche un'interpretazione dell'arte destinata a far discutere come le opere della danese Fie Tanderup o dell’americano Patrich Mitch che attraverso una serie di disegni “Cylindrical Balls”, realizza un racconto diviso in otto “frame” nel quale descrive con un tratto grafico e quasi etereo, il paesaggio, la violenza, il femminicidio, mettendo a fuoco in questi piccoli mondi, uno scenario icastico e umano, una realtà spesso violata nella sua poetica esistenza.
Ma i narratori urbani sono anche quegli artisti che si esulano dalla rappresentazione quale copia e simulacro della realtà. Sono coloro che preferiscono narrare con la forza dell’arte situazioni paradossali dove uomini-animali sembrano aver preso il sopravvento nell’immaginario collettivo, condividendo gli stessi luoghi, divenendo paesaggio nel paesaggio ed è il caso dell’americano Eric Pelka. Sulla linea zoomorfa, ma con una diversa logica interpretativa l’opera satirico-politica dei francesi Alain Nahum e di Nathalie Dubleumortier che racconta attraverso un melting pop di immagini pubblicitarie, una realtà in cui la globalizzazione ha snaturato il senso di identità. Su questo versante prendono posto anche le opere degli americani Glenn Moust e Dina Shaposhnikova, il primo mixa la realtà urbana con l’esistenzialismo filosofico, mentre la seconda, narra con un fare decorativo, un immaginario ritorno alla “Belle Epoque”.
In effetti nella società dell’immagine "Il visibile è leggibile, udibile, intelligibile", per dirla con le parole di Jean-François Lyotard e per affrontare il tema dell’identità multipla nelle opere della messicana Teresa Olabuenaga, artista che nel corso degli anni, ha fatto una grande ricerca sulla questione identitaria del XXI secolo. Mappe di luoghi immaginari sono le opere dell’austriaco Jani Jan, luoghi che aspettano di essere esplorati da futuri urban storyteller.
Simulacro è allora il termine più adatto per descrivere questa nuova congerie visiva, che influisce sull’ immaginario collettivo e con cui misurarsi, interrogarsi e fare i conti. L’immagine come copia della realtà è alla base del concept espositivo di Urban Storyteller, tematica interpretata dai quindici artisti qui in mostra. Narratori occasionali, artisti di professione, che esprimono con la loro sensibilità le dinamiche di questa società dell’immagine, con opere di matrice esistenzialista, ma anche cariche di un immaginario volto a dare espressione artistica e visiva della realtà del nostro tempo. Dagli “Guerrieri urbani” della canadese d’adozione Kim Chan e dell’austriaca Christine Cézanne-Thauss, al suggestivo “Cristo che porta la sua croce nelle strade cittadine” di Nathan Brusovani, quale simulacro di una visione spirituale e reale al tempo stesso, che trova la sua origine e riferimento nella realtà stessa, spesso sentita opaca e pesante.
Le città portano in sé l'immagine del tempo che è trascorso. Dalle città emergono non solo le tracce della storia, ma anche idee sul modo di abitare, di vivere, di sentire. È questo il caso del “Visionary traveller” di Maria Luisa Imperiali, artista attenta e sensibile, che crea una sequenza di immagini fotografiche che narrano il passare del tempo, la memoria urbana, i luoghi di passaggio da un qui ad un altrove, miscelati da “presenze” immaginarie, come quelle che a volte maturano nei nostri pensieri quando intraprendiamo un viaggio. Per secoli, filosofi, architetti, pensatori religiosi o laici hanno immaginato, e a volte realizzato, luoghi e città dove l'uomo potesse vivere in armonia in un ambiente adeguato alle sue esigenze ma non sempre è così. Nel film “Lips Sealed “la video artista australiana, si ispira al film “ Le Mille e una notte” e in particolare al personaggio del narratore: Shahrezad, una donna intelligente che per mezzo della narrazione riesce a salvare la vita di se stessa e di altre donne. Nel film di Sofi Basseghi, la protagonista è un vecchia e paralizzata Shahrezad della società di oggi che si perde in una fabbrica con vicoli ciechi, ogni stanza che attraversa rappresenta le diverse storie e le lotte che le donne affrontano ogni giorno.
Fabbrica di sogni e di memoria, il cinema racchiude molti linguaggi, trasformando in forma d'arte e in spettacolo una tecnica di riproduzione delle immagini, stimolando reazioni da parte di chi le guarda. In questa mostra sono presenti inoltre, i video della norvegese Margarida Paiva, che accentua le immagini «popolari» e urbane in contesti a volte desolati, come possono essere i nostri luoghi, carichi di architetture sofisticate dove l’essere umano sembra quasi un elemento di disturbo.
In questa prospettiva, entrano in gioco altre opere che narrano, sempre attraverso le immagini, una
originale rilettura della tradizione visiva, ma anche un'interpretazione dell'arte destinata a far discutere come le opere della danese Fie Tanderup o dell’americano Patrich Mitch che attraverso una serie di disegni “Cylindrical Balls”, realizza un racconto diviso in otto “frame” nel quale descrive con un tratto grafico e quasi etereo, il paesaggio, la violenza, il femminicidio, mettendo a fuoco in questi piccoli mondi, uno scenario icastico e umano, una realtà spesso violata nella sua poetica esistenza.
Ma i narratori urbani sono anche quegli artisti che si esulano dalla rappresentazione quale copia e simulacro della realtà. Sono coloro che preferiscono narrare con la forza dell’arte situazioni paradossali dove uomini-animali sembrano aver preso il sopravvento nell’immaginario collettivo, condividendo gli stessi luoghi, divenendo paesaggio nel paesaggio ed è il caso dell’americano Eric Pelka. Sulla linea zoomorfa, ma con una diversa logica interpretativa l’opera satirico-politica dei francesi Alain Nahum e di Nathalie Dubleumortier che racconta attraverso un melting pop di immagini pubblicitarie, una realtà in cui la globalizzazione ha snaturato il senso di identità. Su questo versante prendono posto anche le opere degli americani Glenn Moust e Dina Shaposhnikova, il primo mixa la realtà urbana con l’esistenzialismo filosofico, mentre la seconda, narra con un fare decorativo, un immaginario ritorno alla “Belle Epoque”.
In effetti nella società dell’immagine "Il visibile è leggibile, udibile, intelligibile", per dirla con le parole di Jean-François Lyotard e per affrontare il tema dell’identità multipla nelle opere della messicana Teresa Olabuenaga, artista che nel corso degli anni, ha fatto una grande ricerca sulla questione identitaria del XXI secolo. Mappe di luoghi immaginari sono le opere dell’austriaco Jani Jan, luoghi che aspettano di essere esplorati da futuri urban storyteller.
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