A Milano dal 14 aprile al 20 gennaio

Dalla Vespa alla Lettera22: il design del Novecento in mostra alla Triennale

Una sezione della mostra Storie. Il design italiano al Triennale Design Museum © Gianluca Di Ioia
 

Samantha De Martin

13/04/2018

Milano - La storia, o meglio le “Storie” del design italiano corrono lungo una strada percorsa da vetrine, pareti di cemento crudo, scritte al neon, cubi colorati, che riflettono i gusti e gli stili che hanno riempito di colori e tendenze le case degli italiani, celebrando l’invenzione e l’evoluzione del made in Italy.
Dentro questo spazio, incorniciate in cinque periodi (1902-1945, 1946-1963, 1964-1972, 1973-1983, 1984-1998), narrate attraverso cinque grandi approfondimenti tematici - Geografia, Comunicazione, Politica,Tecnologia ed Economia - 180 icone del design italiano regalano ai visitatori dell’undicesima edizione del Triennale Design Museum un’immersione tra i progetti e i pezzi più rappresentativi del XX secolo, senza tuttavia rinunciare ad un’autentica immersione nella contemporaneità, con l'indagine del presente condotta da Chiara Alessi attraverso un focus sul tema della distribuzione e della commercializzazione delle merci.

Storie. Il design italiano,  in programma dal 14 aprile al 20 gennaio è un tuffo travolgente nel Novecento, precisamente negli anni che vanno dal 1902 al 1998. In questo viaggio ci sono la Vespa e la macchina per il caffè di Gio Ponti, la Lambretta e la Lettera 22, e ancora la storica bicicletta Graziella e il motorino Ciao, la lampada Eclisse di Vico Magistretti e persino la “mitica” Coppa del nonno.

La scelta di far arrestare la selezione al 1998, lasciando volutamente scoperto l’ultimo ventennio, permette agli storici di analizzare la disciplina con la giusta distanza critica e temporale, pur sottolineando il profondo cambiamento di parametri in corso che rende difficile esprimersi su un panorama ancora così mutevole.
Dal Tratto-Pen alla Panda dallo spremiagrumi Juicy Salif di Philippe Starck, i pezzi - individuati come i più rappresentativi del design italiano per la loro innovazione tecnico-formale, per l’estetica, per la sperimentazione, per la riconoscibilità e il successo di pubblico - giungono, per la maggior parte, dalla collezione permanente del Triennale Design Museum. Perché, come spiega il direttore Silvana Annicchiarico, «sono proprio le icone il cuore di questa undicesima edizione del Triennale Design Museum, per dieci anni un museo “mutante”, e che sempre cambiato sguardo e prospettiva per interrogare la storia del design italiano, partendo ogni volta da un punto di vista diverso. Questa volta, dopo un’approfondita discussione collettiva, si è deciso di tornare a interrogare gli oggetti e i progetti che per unanime consenso e per condivisa percezione rappresentano l’eccellenza del nostro design: i classici, gli evergreen. Le icone, appunto».

Dalla sezione dedicata alla Politica, a cura di Vanni Pasca - dalla quale emergono alcuni momenti fondamentali per il design italiano - il visitatore scivola verso i distretti produttivi del Paese - descritti dalla sezione a cura di Manolo de Giorgi - per insinuarsi nel “Carosello” di numeri del design italiano e curiosare - nel focus dedicato all’economia - tra gli stipendi di alcuni grandi designer del Novecento, ma anche tra successi e flop commerciali. L’approfondimento curato da Maddalena Dalla Mura racconta, invece, la divulgazione della storia del design attravero i media, la fotografia, la pubblicità, mentre l’area tematica che incontra le tecnologie, curata da Raimonda Riccini, insiste sulla capacità di imprese e designer di interpretare le innovazioni dell’elettronica e la sperimantazione sui materiali.

Il percorso apre anche un interessante dibattito su quali debbano essere i pezzi imprescindibili esposti in un Museo del design e di cosa possa essere considerato una “icona” . Visitare il museo, assicurano gli organizzatori, sarà come inoltrarsi in una città, in una storia che è anche un affastellarsi interminabile di sperimentazioni, innovazioni, ripensamenti, gli stessi descritti anche dal tessuto urbano.


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