ART TALK | Gli Innovatori #03 Hugh Welchman
Loving IS Vincent
Vincent (Robert Gulaczyk) in colour - Immagine tratta dal film Loving Vincent
Piero Muscarà
17/11/2017
Mondo - Dorota non c’è.
Hugh è dall’altra parte del filo, ma è come se i due fossero assieme.
Hugh Welchman e Dorota Kobiela sono la coppia di registi, lui anche produttore, che hanno reso possibile la realizzazione di Loving Vincent, il primo lungometraggio interamente dipinto su tela che ricostruisce in una sorta di indagine, partendo da 125 opere di Vincent van Gogh e da una rilettura del carteggio di lettere tra l’artista e il fratello Theo, gli ultimi giorni di vita e la tragica fine dell’artista olandese.
Loving Vincent, reduce dal gran successo al box-office nella tre giorni di ottobre in cui è stato distribuito in Italia da Nexo Digital, tornerà nelle sale del belpaese per un bis molto atteso che si terrà lunedì 20 novembre.
E’ la storia di un film, ma è anche un film la loro storia. Hugh & Dorota che si appassionano a van Gogh e poi si innamorano, si sposano e realizzano un lungometraggio che è un gran successo in tutto il mondo. Un film d’arte dedicato ad un artista immortale.
Hugh Welchman © Courtesy of BreakThrough Films
“Tutto inizia dieci anni fa - esordisce Hugh Welchman - quando Dorota, una pittrice che a 29 anni lavorava nell’industria dell’animazione, interrogandosi se mai sarebbe riuscita a tornare alla passione originaria del dipingere, ebbe l’idea di realizzare un cortometraggio di animazione ad olio. Un breve film che utilizzasse la pittura per riprodurre, a passo 12, alcuni minuti di animazione. La scelta cadde subito su Vincent van Gogh, un artista di cui Dorota aveva letto le lettere all’età di 15 anni e che a 27 anni aveva ripreso in mano. Propose l’idea al The Polish Film Institute (PISF) che le accordò il finanziamento”.
In quel momento vi incontrate…
“Dorota viene a lavorare come freelance alla casa di produzione polacca BreakThrough Films che avevo fondato qualche anno prima: Qui ci conosciamo, ci innamoriamo e iniziamo a lavorare insieme al progetto di Loving Vincent. L’idea era di realizzare un’animazione ad olio, di fare un lavoro di ricerca sulle lettere, di stendere uno script. Il cortometraggio non lo realizzammo. Ma il progetto prese corpo nel tempo per divenire il film che conosciamo oggi”.
Dorota Kobiela - © Courtesy of BreakThrough Films
Quale fu il momento decisivo?
“Avvenne alcuni anni più tardi. Stavamo affrontando un problema chiave: per realizzare un film del genere serviva molto personale qualificato, pittori non solo bravi, ma capaci di riprodurre il tratto di Vincent van Gogh in modo corretto, credibile. E così ci rendemmo conto che dovevamo fare del training a una quarantina di pittori e che ci servivano risorse per poter lavorare. A questo punto avviammo una campagna di crowdfunding su Kickstarter con cui in 24 giorni, dal 15 febbraio al 24 marzo del 2014, raccogliemmo 53 mila sterline (68.000 € circa nel 2014 - ndr) che servirono a dare il via al programma di formazione. Al The Polish Film Institute si unì l’Agenzia per l’Impiego della Pomerania (Pomeranian Unemployment Bureau) e riuscimmo a formare più di 60 pittori per il nostro progetto”.
Partendo da un passo operativo importante dunque…
“Partendo da una necessità. Per promuovere la ricerca di pittori realizzammo poi un video teaser che nel 2015 divenne virale, attivando una campagna di comunicazione spontanea che ha determinato il successo del film in sala”.
Quali sono state le maggiori difficoltà che avete dovuto affrontare?
“Tre in tutto. La prima riguardava il piano visivo, l’opera in sé. Riuscire a formare noi stessi e il gruppo di lavoro sulle tecniche pittoriche di Vincent van Gogh. La seconda difficoltà riguardava il piano narrativo e cioè il riuscire a scrivere una storia tenendo conto dello svolgimento reale dei fatti e utilizzando le stesse opere di van Gogh per raccontare gli avvenimenti. Essere coerenti e credibili. La terza di ordine finanziario”.
Un'immagine dal film Loving Vincent © Courtesy of BreakThrough Films
E’ stato difficile raccogliere i finanziamenti per Loving Vincent? Secondo la stampa di settore, il film è costato più di 4 milioni di euro, oltre la promozione. Si dice il vostro budget sia stato composto per il 40% dalle anticipazioni dei distributori, 40% da finanziamenti privati, 15% da contributi pubblici e il 5% da autofinanziamento. E’ corretto ?
“E’ corretto. Ma terminando il discorso: questa è stata la parte più lunga e laboriosa, convincere i finanziatori privati che tendono a essere ‘conservatori’. Ti chiedono sempre a che film già realizzato il tuo somigli, come se quella parabola produttiva fosse in sé una garanzia per i loro denari. E Loving Vincent era ed è tutto fuorché un film già fatto prima, semmai era un piccolo film di animazione, realizzato in modo molto originale e artigianale. Un art movie”.
E cosa ha fatto cambiare loro idea?
“Lo script che avevamo preparato è piaciuto subito a tutti, per lo stile investigativo da detective story. E poi il fatto che van Gogh sia un artista molto popolare: nelle aste le sue opere vengono battute a cifre strabilianti e le mostre in giro per il mondo sono sempre affollate e di successo. E poi sicuramente ha contato il fatto che molte istituzioni di prestigio fossero salite a bordo del progetto, tra queste la Città di Wroclaw, il Lower Silesian Film Fund e l'Audiovisual Technology Center (CeTA)”.
Una storia che parte dalle fondamenta…
“Sì. Ma il teaser del progetto ha davvero fatto la differenza. Nel 2015 divenne virale e in 3 mesi fu visto, in tutte le sue propagazioni e diffusioni ‘parallele’ da oltre 200 milioni di persone in tutto il mondo. Questo ci rese molto popolari e facilitò tutto. Chiudemmo velocemente diversi accordi di distribuzione e completammo il finanziamento in pochi mesi”.
Con BreakThrough Films, vostra società di produzione, eravate già degli sperimentatori anche da un punto di vista distributivo. Penso ai suoi due precedenti film di animazione Pierino e il Lupo (premiato dagli Academy Awards con l’Oscar per il miglior cortometraggio nel 2007, film ispirato alle musiche di Prokofiev) e Chopin’s Drawings e all’idea di abbinare la proiezione dei cortometraggi con le musiche dal vivo suonate da grandi orchestre…
“Da produttori indipendenti abbiamo sempre dovuto trovare soluzioni alternative per realizzare i nostri progetti. Nel caso di questi due cortometraggi avevamo trovato un accordo con l’agenzia internazionale Intermusica. Per Pierino, quasi il 50% dei ricavi è venuto dalla cosiddetta ‘distribuzione associata alle orchestre’. Per Chopin, che ha fatto meno bene in tv e homevideo siamo all’80%”.
Anche per Loving Vincent ci dobbiamo attendere delle linee di sviluppo alternative?
“Una delle operazioni caratteristiche sarà vendere sul mercato i dipinti realizzati dagli artisti che hanno contribuito al film. Ad oggi abbiamo già venduto 200 tele, a un prezzo medio di 5mila euro. Ne abbiamo a disposizione altre 1000 e diminuendo di numero il prezzo tende a salire. Come canale di vendita utilizziamo il nostro sito Internet”.
Un altro sviluppo saranno le mostre.
“Sì. Abbiamo inaugurato lo scorso 28 ottobre al Het Noordbrabants Museum una mostra dedicata a Loving Vincent e basata sulle opere con cui il film è stato realizzato. Nel primo mese di apertura ha già registrato 25.000 visitatori, quando se ne attendevano la metà. L’obiettivo è distribuire internazionalmente la mostra, spero anche in Italia a breve”.
Che relazione avete con i musei? Avete pagato per l’uso delle immagini di van Gogh?
“No, non solo perché van Gogh è morto da 127 anni, e quindi le sue opere non sono protette da copyright, ma perché tutta la produzione si è basata sulla rielaborazione originale che abbiamo realizzato con la produzione del film. In termini più generali abbiamo collaborato con le principali istituzioni dedicate all’artista, il Van Gogh Museum, Het Noordbrabants Museum e il Kröller-Müller Museum”.
La distribuzione in sala del film sta andando molto bene…
“Sì, se guardo ai risultati dell’Italia con 130 mila spettatori e 1.2 milioni di euro raccolti, abbiamo fatto in tre giorni quanto ci aspettavamo di fare complessivamente in sala per tutto il film in Europa. In Nord America il film ha superato 3.9 milioni di dollari, in Polonia è andato benissimo, in Olanda, in Australia, in Gran Bretagna..”
Secondo le stime di box office che ho visto, si parla di più di 8 milioni di dollari raccolti dal film.
“Siamo già a break even, se è questa la domanda. Certamente questo va al di là delle nostre più rosee aspettative. L’idea era fare un film d’artista, un film classico che avesse una lunga vita sullo scaffale, un film che avrebbero potuto vedere le scuole, gli studenti...”
E invece ne è venuto fuori un blockbuster…
“Siamo sempre degli outsider, una art movie house, se comparati ai budget e agli incassi dei colossi di Hollywood con le loro animazioni”.
Come si spiega il successo e la fama di Vincent van Gogh ai nostri tempi?
“Penso che la sua volontà di emozionare con la propria arte sia il punto di partenza. Vincent adottava una radicale semplicità nel realizzare le proprie opere, voleva che anche un pescatore islandese potesse emozionarsi nel vederle. Questo desiderio di connessione emotiva con il pubblico non è comune a nessun altro grande artista famoso, né a Picasso, né a Gauguin. E’ più simile al rapporto che i fan hanno con star come Bob Dylan o Kurt Cobain. Sono persone interessanti, prima che artisti. In secondo luogo molto dipende anche dalle lettere, che sono una testimonianza viva di chi fosse van Gogh, per cosa si struggesse, la sua malattia, i suoi precedenti fallimenti nel mondo del lavoro prima di divenire un artista. Negletto per il mondo che lo circondava eppure oggi così celebrato da diventare fonte di ispirazione per la dimensione umana del suo percorso di vita. Un grande scrittore, non solo un artista straordinario per altro. E non ultima la dimensione tragica della sua storia. Scoprire a 28 anni di essere un artista e morire 10 anni più tardi. La fama di van Gogh travalica oggi la dimensione artistica, e nel mondo globalizzato la sua notorietà sarà sempre maggiore, intensificata dai social media”.
Van Gogh Superstar…
“Credo ci sia un beneficio secondario. Penso questa grande popolarità stia portando molte persone a interessarsi di arte e a scoprire altri artisti… c’è una sorta di effetto traino”.
A che progetti lavorate per il futuro?
“Tre. Il primo è un libro di fiction che ho scritto, ambientato in Europa nel 1919 all’indomani della Prima Guerra Mondiale. Il secondo un piccolo live action film. E poi un grande progetto: la realizzazione di un film horror partendo dalle opere di Goya. Iniziamo a dicembre con una visita al Museo del Prado di Madrid”.
Leggi di più sul film Loving Vincent:
• Loving Vincent, la nostra recensione
• Loving Vincent : in Olanda con van Gogh
Leggi di più su Vincent van Gogh:
• C'è Goldin, arriva van Gogh
ART TALK | Gli Innovatori
• Le precedenti interviste
#01
• Parla Phil Grabsky, il pioniere dell'arte al cinema
Intervista a Phil Grabsky di Exhibitions on Screen
#02
• Michelangelo Superstar
Intervista a Marco Balich di Balich WS
#03
• Loving IS Vincent
Intervista a Hugh Welchman di BreakThrough Films
Hugh è dall’altra parte del filo, ma è come se i due fossero assieme.
Hugh Welchman e Dorota Kobiela sono la coppia di registi, lui anche produttore, che hanno reso possibile la realizzazione di Loving Vincent, il primo lungometraggio interamente dipinto su tela che ricostruisce in una sorta di indagine, partendo da 125 opere di Vincent van Gogh e da una rilettura del carteggio di lettere tra l’artista e il fratello Theo, gli ultimi giorni di vita e la tragica fine dell’artista olandese.
Loving Vincent, reduce dal gran successo al box-office nella tre giorni di ottobre in cui è stato distribuito in Italia da Nexo Digital, tornerà nelle sale del belpaese per un bis molto atteso che si terrà lunedì 20 novembre.
E’ la storia di un film, ma è anche un film la loro storia. Hugh & Dorota che si appassionano a van Gogh e poi si innamorano, si sposano e realizzano un lungometraggio che è un gran successo in tutto il mondo. Un film d’arte dedicato ad un artista immortale.
Hugh Welchman © Courtesy of BreakThrough Films
“Tutto inizia dieci anni fa - esordisce Hugh Welchman - quando Dorota, una pittrice che a 29 anni lavorava nell’industria dell’animazione, interrogandosi se mai sarebbe riuscita a tornare alla passione originaria del dipingere, ebbe l’idea di realizzare un cortometraggio di animazione ad olio. Un breve film che utilizzasse la pittura per riprodurre, a passo 12, alcuni minuti di animazione. La scelta cadde subito su Vincent van Gogh, un artista di cui Dorota aveva letto le lettere all’età di 15 anni e che a 27 anni aveva ripreso in mano. Propose l’idea al The Polish Film Institute (PISF) che le accordò il finanziamento”.
In quel momento vi incontrate…
“Dorota viene a lavorare come freelance alla casa di produzione polacca BreakThrough Films che avevo fondato qualche anno prima: Qui ci conosciamo, ci innamoriamo e iniziamo a lavorare insieme al progetto di Loving Vincent. L’idea era di realizzare un’animazione ad olio, di fare un lavoro di ricerca sulle lettere, di stendere uno script. Il cortometraggio non lo realizzammo. Ma il progetto prese corpo nel tempo per divenire il film che conosciamo oggi”.
Dorota Kobiela - © Courtesy of BreakThrough Films
Quale fu il momento decisivo?
“Avvenne alcuni anni più tardi. Stavamo affrontando un problema chiave: per realizzare un film del genere serviva molto personale qualificato, pittori non solo bravi, ma capaci di riprodurre il tratto di Vincent van Gogh in modo corretto, credibile. E così ci rendemmo conto che dovevamo fare del training a una quarantina di pittori e che ci servivano risorse per poter lavorare. A questo punto avviammo una campagna di crowdfunding su Kickstarter con cui in 24 giorni, dal 15 febbraio al 24 marzo del 2014, raccogliemmo 53 mila sterline (68.000 € circa nel 2014 - ndr) che servirono a dare il via al programma di formazione. Al The Polish Film Institute si unì l’Agenzia per l’Impiego della Pomerania (Pomeranian Unemployment Bureau) e riuscimmo a formare più di 60 pittori per il nostro progetto”.
Partendo da un passo operativo importante dunque…
“Partendo da una necessità. Per promuovere la ricerca di pittori realizzammo poi un video teaser che nel 2015 divenne virale, attivando una campagna di comunicazione spontanea che ha determinato il successo del film in sala”.
Quali sono state le maggiori difficoltà che avete dovuto affrontare?
“Tre in tutto. La prima riguardava il piano visivo, l’opera in sé. Riuscire a formare noi stessi e il gruppo di lavoro sulle tecniche pittoriche di Vincent van Gogh. La seconda difficoltà riguardava il piano narrativo e cioè il riuscire a scrivere una storia tenendo conto dello svolgimento reale dei fatti e utilizzando le stesse opere di van Gogh per raccontare gli avvenimenti. Essere coerenti e credibili. La terza di ordine finanziario”.
Un'immagine dal film Loving Vincent © Courtesy of BreakThrough Films
E’ stato difficile raccogliere i finanziamenti per Loving Vincent? Secondo la stampa di settore, il film è costato più di 4 milioni di euro, oltre la promozione. Si dice il vostro budget sia stato composto per il 40% dalle anticipazioni dei distributori, 40% da finanziamenti privati, 15% da contributi pubblici e il 5% da autofinanziamento. E’ corretto ?
“E’ corretto. Ma terminando il discorso: questa è stata la parte più lunga e laboriosa, convincere i finanziatori privati che tendono a essere ‘conservatori’. Ti chiedono sempre a che film già realizzato il tuo somigli, come se quella parabola produttiva fosse in sé una garanzia per i loro denari. E Loving Vincent era ed è tutto fuorché un film già fatto prima, semmai era un piccolo film di animazione, realizzato in modo molto originale e artigianale. Un art movie”.
E cosa ha fatto cambiare loro idea?
“Lo script che avevamo preparato è piaciuto subito a tutti, per lo stile investigativo da detective story. E poi il fatto che van Gogh sia un artista molto popolare: nelle aste le sue opere vengono battute a cifre strabilianti e le mostre in giro per il mondo sono sempre affollate e di successo. E poi sicuramente ha contato il fatto che molte istituzioni di prestigio fossero salite a bordo del progetto, tra queste la Città di Wroclaw, il Lower Silesian Film Fund e l'Audiovisual Technology Center (CeTA)”.
Una storia che parte dalle fondamenta…
“Sì. Ma il teaser del progetto ha davvero fatto la differenza. Nel 2015 divenne virale e in 3 mesi fu visto, in tutte le sue propagazioni e diffusioni ‘parallele’ da oltre 200 milioni di persone in tutto il mondo. Questo ci rese molto popolari e facilitò tutto. Chiudemmo velocemente diversi accordi di distribuzione e completammo il finanziamento in pochi mesi”.
Con BreakThrough Films, vostra società di produzione, eravate già degli sperimentatori anche da un punto di vista distributivo. Penso ai suoi due precedenti film di animazione Pierino e il Lupo (premiato dagli Academy Awards con l’Oscar per il miglior cortometraggio nel 2007, film ispirato alle musiche di Prokofiev) e Chopin’s Drawings e all’idea di abbinare la proiezione dei cortometraggi con le musiche dal vivo suonate da grandi orchestre…
“Da produttori indipendenti abbiamo sempre dovuto trovare soluzioni alternative per realizzare i nostri progetti. Nel caso di questi due cortometraggi avevamo trovato un accordo con l’agenzia internazionale Intermusica. Per Pierino, quasi il 50% dei ricavi è venuto dalla cosiddetta ‘distribuzione associata alle orchestre’. Per Chopin, che ha fatto meno bene in tv e homevideo siamo all’80%”.
Anche per Loving Vincent ci dobbiamo attendere delle linee di sviluppo alternative?
“Una delle operazioni caratteristiche sarà vendere sul mercato i dipinti realizzati dagli artisti che hanno contribuito al film. Ad oggi abbiamo già venduto 200 tele, a un prezzo medio di 5mila euro. Ne abbiamo a disposizione altre 1000 e diminuendo di numero il prezzo tende a salire. Come canale di vendita utilizziamo il nostro sito Internet”.
Un altro sviluppo saranno le mostre.
“Sì. Abbiamo inaugurato lo scorso 28 ottobre al Het Noordbrabants Museum una mostra dedicata a Loving Vincent e basata sulle opere con cui il film è stato realizzato. Nel primo mese di apertura ha già registrato 25.000 visitatori, quando se ne attendevano la metà. L’obiettivo è distribuire internazionalmente la mostra, spero anche in Italia a breve”.
Che relazione avete con i musei? Avete pagato per l’uso delle immagini di van Gogh?
“No, non solo perché van Gogh è morto da 127 anni, e quindi le sue opere non sono protette da copyright, ma perché tutta la produzione si è basata sulla rielaborazione originale che abbiamo realizzato con la produzione del film. In termini più generali abbiamo collaborato con le principali istituzioni dedicate all’artista, il Van Gogh Museum, Het Noordbrabants Museum e il Kröller-Müller Museum”.
La distribuzione in sala del film sta andando molto bene…
“Sì, se guardo ai risultati dell’Italia con 130 mila spettatori e 1.2 milioni di euro raccolti, abbiamo fatto in tre giorni quanto ci aspettavamo di fare complessivamente in sala per tutto il film in Europa. In Nord America il film ha superato 3.9 milioni di dollari, in Polonia è andato benissimo, in Olanda, in Australia, in Gran Bretagna..”
Secondo le stime di box office che ho visto, si parla di più di 8 milioni di dollari raccolti dal film.
“Siamo già a break even, se è questa la domanda. Certamente questo va al di là delle nostre più rosee aspettative. L’idea era fare un film d’artista, un film classico che avesse una lunga vita sullo scaffale, un film che avrebbero potuto vedere le scuole, gli studenti...”
E invece ne è venuto fuori un blockbuster…
“Siamo sempre degli outsider, una art movie house, se comparati ai budget e agli incassi dei colossi di Hollywood con le loro animazioni”.
Come si spiega il successo e la fama di Vincent van Gogh ai nostri tempi?
“Penso che la sua volontà di emozionare con la propria arte sia il punto di partenza. Vincent adottava una radicale semplicità nel realizzare le proprie opere, voleva che anche un pescatore islandese potesse emozionarsi nel vederle. Questo desiderio di connessione emotiva con il pubblico non è comune a nessun altro grande artista famoso, né a Picasso, né a Gauguin. E’ più simile al rapporto che i fan hanno con star come Bob Dylan o Kurt Cobain. Sono persone interessanti, prima che artisti. In secondo luogo molto dipende anche dalle lettere, che sono una testimonianza viva di chi fosse van Gogh, per cosa si struggesse, la sua malattia, i suoi precedenti fallimenti nel mondo del lavoro prima di divenire un artista. Negletto per il mondo che lo circondava eppure oggi così celebrato da diventare fonte di ispirazione per la dimensione umana del suo percorso di vita. Un grande scrittore, non solo un artista straordinario per altro. E non ultima la dimensione tragica della sua storia. Scoprire a 28 anni di essere un artista e morire 10 anni più tardi. La fama di van Gogh travalica oggi la dimensione artistica, e nel mondo globalizzato la sua notorietà sarà sempre maggiore, intensificata dai social media”.
Van Gogh Superstar…
“Credo ci sia un beneficio secondario. Penso questa grande popolarità stia portando molte persone a interessarsi di arte e a scoprire altri artisti… c’è una sorta di effetto traino”.
A che progetti lavorate per il futuro?
“Tre. Il primo è un libro di fiction che ho scritto, ambientato in Europa nel 1919 all’indomani della Prima Guerra Mondiale. Il secondo un piccolo live action film. E poi un grande progetto: la realizzazione di un film horror partendo dalle opere di Goya. Iniziamo a dicembre con una visita al Museo del Prado di Madrid”.
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