Intervista all'artista che ha realizzato l'installazione sul Langerei
Renato Nicolodi alla Triennale di Bruges 2018: "Vi racconto Acheron I"
Renato Nicolodi, Acheron I, Triennale Bruges 2018 | Courtesy of Visitflanders, via Flickr
Samantha De Martin
10/05/2018
Mondo - Un rifugio, un approdo per l’anima, che è insieme porto e varco tra i mitologici antri degli inferi e il pantarei fluido dell’esistente.
Renato Nicolodi guarda al mondo classico per raccontare il suo primo lavoro ispirato all’acqua, la monumentale scultura, al centro del Langerei, realizzata appositamente per la Triennale 2018 di Bruges.
Fluttuante sui morbidi riflessi di questa cittadina magica, Acheron I, inaccessibile ai visitatori, è soprattutto un’esperienza mentale.
«Il nome dell'opera allude al mitologico fiume che scorre nel regno di Ade. Attraverso le sue acque le anime perdute furono guidate dal barcaiolo Caronte. Dante descrive la sua concezione del feroce traghettatore in un breve passaggio della Divina Commedia. In altre mie opere ho effettuato riferimenti al sommo poeta, citando ad esempio il Purgatorio. Ma dove il Purgatorio immaginava una porta con sette livelli o fasi che salgono verso il cielo, Acheron I, cerca di descrivere un rifugio, una porta per gli inferi. Questo mio intervento per Bruges suggerisce una connessione tra la nostra attuale società "fluida" e le mitologiche creature ctonie».
Il riferimento ad edifici archetipici caratterizzanti epoche e culture passate, estrapolati dalla loro funzione originale, pur conservando la memoria e il pensiero del produttore e dello spettatore, è una costante nel lavoro dell’artista belga.
In un’epoca nella quale tutto è messo in discussione, le opere di Nicolodi assomigliano a fari mentali che invitano il pubblico a riflettere.
E non poteva scegliere tema migliore l’artista per esprimere il proprio punto di vista nell’ambito di una Triennale che ha focalizzato la propria riflessione sul ruolo della città liquida.
Proviamo a chiedergli, pertanto, di svelarci la genesi e il making of dell’intervento a Bruges.
«Durante la progettazione del lavoro mi sono ispirato all'idea di un rifugio, essendo la connessione, la transizione tra la terra e l'acqua. La materialità del lavoro, concreta, conferisce alla struttura una sensazione di solidità e forza. La trama ruvida del modo in cui viene applicato il cemento donerà alla scultura, nel tempo, una bella patina, accentuando la sua interazione con l'acqua».
Alla domanda se l’installazione possa essere trasformata in opera permanente - continuando in futuro a coesistere sulle acque di Bruges anche dopo la Triennale che si concluderà il 16 settembre - Nicolodi ammette: «Acheron I, è stata realizzata appositamente per questo importante appuntamento. Certo, potrebbe continuare a esistere, ma credo che la sua scomparsa sia assolutamente coerente con quella di fluidità che è il fil rouge della Triennale stessa».
Ma che cos’è che veramente affascina di questa cittadina medievale, da sempre al centro dell’immaginario collettivo e che oggi sposa la teoria di un grande sociologo moderno come Zygmunt Bauman?
«Il nome di "Venezia del Nord" potrebbe trovare, in questa scultura, una sua spiegazione. Le acque più scure e più fredde racchiudono una ricca storia medievale, ma riflettono anche la società e le dinamiche che agitano la sua superficie. Per me una città liquida è un luogo in cui tutto scorre, mutando continuamente. Si tratta di una caratteristica innata per un luogo collegato all'acqua. Ogni città, o città liquida, possiede le proprie peculiarità scaturite anche da culture che fluiscono insieme in modi diversi. Bruges è una realtà nella quale percepisci la presenza di una ricca storia medievale, molto legata all'acqua. Il suo patrimonio, splendidamente conservato, sembra in contrasto con le dinamiche interne cittadine. La combinazione dei corsi d’acqua e dell’architettura medievale - con i cortili affacciati sui canali, separati l’uno dall’altro e allo stesso tempo strettamente collegati tra loro - rende Bruges estremamente affascinante».
Dopo le Fiandre, Renato Nicolodi guarda alla Francia. Dal 7 luglio al 26 agosto parteciperà alla biennale d’arte d’Autun, Art Autun 2018. «Dall'8 luglio all'11 novembre sarò invece alla mostra Emines-18. Occupazione artistica di un forte, nella cittadina belga di Namur dove presenterò alcune installazioni in cemento all'aperto».
Ma adesso gli occhi sono tutti su Bruges, il gioiello senza tempo dove l’indole moderna della città liquida diventa arte.
Renato Nicolodi guarda al mondo classico per raccontare il suo primo lavoro ispirato all’acqua, la monumentale scultura, al centro del Langerei, realizzata appositamente per la Triennale 2018 di Bruges.
Fluttuante sui morbidi riflessi di questa cittadina magica, Acheron I, inaccessibile ai visitatori, è soprattutto un’esperienza mentale.
«Il nome dell'opera allude al mitologico fiume che scorre nel regno di Ade. Attraverso le sue acque le anime perdute furono guidate dal barcaiolo Caronte. Dante descrive la sua concezione del feroce traghettatore in un breve passaggio della Divina Commedia. In altre mie opere ho effettuato riferimenti al sommo poeta, citando ad esempio il Purgatorio. Ma dove il Purgatorio immaginava una porta con sette livelli o fasi che salgono verso il cielo, Acheron I, cerca di descrivere un rifugio, una porta per gli inferi. Questo mio intervento per Bruges suggerisce una connessione tra la nostra attuale società "fluida" e le mitologiche creature ctonie».
Il riferimento ad edifici archetipici caratterizzanti epoche e culture passate, estrapolati dalla loro funzione originale, pur conservando la memoria e il pensiero del produttore e dello spettatore, è una costante nel lavoro dell’artista belga.
In un’epoca nella quale tutto è messo in discussione, le opere di Nicolodi assomigliano a fari mentali che invitano il pubblico a riflettere.
E non poteva scegliere tema migliore l’artista per esprimere il proprio punto di vista nell’ambito di una Triennale che ha focalizzato la propria riflessione sul ruolo della città liquida.
Proviamo a chiedergli, pertanto, di svelarci la genesi e il making of dell’intervento a Bruges.
«Durante la progettazione del lavoro mi sono ispirato all'idea di un rifugio, essendo la connessione, la transizione tra la terra e l'acqua. La materialità del lavoro, concreta, conferisce alla struttura una sensazione di solidità e forza. La trama ruvida del modo in cui viene applicato il cemento donerà alla scultura, nel tempo, una bella patina, accentuando la sua interazione con l'acqua».
Alla domanda se l’installazione possa essere trasformata in opera permanente - continuando in futuro a coesistere sulle acque di Bruges anche dopo la Triennale che si concluderà il 16 settembre - Nicolodi ammette: «Acheron I, è stata realizzata appositamente per questo importante appuntamento. Certo, potrebbe continuare a esistere, ma credo che la sua scomparsa sia assolutamente coerente con quella di fluidità che è il fil rouge della Triennale stessa».
Ma che cos’è che veramente affascina di questa cittadina medievale, da sempre al centro dell’immaginario collettivo e che oggi sposa la teoria di un grande sociologo moderno come Zygmunt Bauman?
«Il nome di "Venezia del Nord" potrebbe trovare, in questa scultura, una sua spiegazione. Le acque più scure e più fredde racchiudono una ricca storia medievale, ma riflettono anche la società e le dinamiche che agitano la sua superficie. Per me una città liquida è un luogo in cui tutto scorre, mutando continuamente. Si tratta di una caratteristica innata per un luogo collegato all'acqua. Ogni città, o città liquida, possiede le proprie peculiarità scaturite anche da culture che fluiscono insieme in modi diversi. Bruges è una realtà nella quale percepisci la presenza di una ricca storia medievale, molto legata all'acqua. Il suo patrimonio, splendidamente conservato, sembra in contrasto con le dinamiche interne cittadine. La combinazione dei corsi d’acqua e dell’architettura medievale - con i cortili affacciati sui canali, separati l’uno dall’altro e allo stesso tempo strettamente collegati tra loro - rende Bruges estremamente affascinante».
Dopo le Fiandre, Renato Nicolodi guarda alla Francia. Dal 7 luglio al 26 agosto parteciperà alla biennale d’arte d’Autun, Art Autun 2018. «Dall'8 luglio all'11 novembre sarò invece alla mostra Emines-18. Occupazione artistica di un forte, nella cittadina belga di Namur dove presenterò alcune installazioni in cemento all'aperto».
Ma adesso gli occhi sono tutti su Bruges, il gioiello senza tempo dove l’indole moderna della città liquida diventa arte.
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