Completati da Mario Nanni e Antonio Forcellino gli interventi alle Cappelle Medicee
Un “restauro della luce” per la Sagrestia di Michelangelo
Michelangelo Buonarroti, Allegoria della Notte. Monumento Funebre a Giuliano de' Medici, duca de' Nemours, Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo. Museo delle Cappelle Medicee, Firenze. Foto di Andrea Jemolo
Francesca Grego
19/02/2019
Firenze - Nessuno come Michelangelo ha saputo sposare il marmo e il sole come due materie della stessa scultura. Ma a distanza di secoli molte delle sue opere si ritrovano esposte in condizioni luminose diverse da quelle in cui furono immaginate e create.
Dopo il Mosè della basilica romana di San Pietro in Vincoli, grazie a un delicato intervento di “restauro della luce” rinasce a nuova vita il capolavoro della Sagrestia Nuova nel Museo delle Cappelle Medicee di Firenze: un gioiello ancor più prezioso perché – evento alquanto raro nel nostro Rinascimento – progettato e quasi interamente realizzato da un unico artista, Michelangelo.
Oltre alla mano del maestro, a tenere insieme architettura, scultura, decorazione nel sepolcro dei Medici è proprio la luce, che funge di volta in volta da commento, guida in un percorso simbolico, esaltazione del pathos, come hanno osservato studiosi del calibro di Christoph Luitpold Frommel, Erwin Panofsky, William Wallace, Georg Satzinger.
Ma cosa succede se un edificio costruito più tardi devia il percorso dei raggi solari? È quanto è accaduto alla Sagrestia Nuova con la grande cupola della Cappella dei Principi, tirata su a ridosso del mausoleo tra il XVII e il XVIII secolo.
Sono queste premesse ad aver reso necessario l’intervento in due tempi dello storico dell’arte e restauratore Antonio Forcellino e del maestro delle luci Mario Nanni, nell’ambito di un progetto promosso dal Museo del Bargello e sostenuto da Lottomatica.
Squadra che vince non si cambia: forti delle scoperte scaturite dal lavoro sulla Tomba di Giulio II, Nanni e Forcellino hanno potuto ripristinare effetti quanto più possibile vicini a quelli previsti da Michelangelo, pur senza pretendere di azzerare il lascito della storia.
Fondamentale per l’operazione è stata la conoscenza dell’uso della luce nel Rinascimento, che come dicevamo in Michelangelo raggiunge esiti senza paragoni: due lavorazioni diverse, per esempio, sono riservate alle parti delle statue colpite dai raggi solari (portate a lustro) e alle altre (lasciate a uno stadio più grezzo), con risultati raffinatissimi in termini di chiaroscuro e plasticità dei volumi.
Secondo Leonardo, “la scultura era seconda alla pittura perché non era in grado di dare come quest’ultima lumi e ombre a proposito”. Circa 30 anni dopo Michelangelo smentirà l’assunto giocando sui suoi marmi non solo con la luce diretta, ma anche con i riverberi, “lumi secondari” o “derivativi” che dopo aver colpito un corpo chiaro tornano sul primo oggetto “a similitudine del balzo della palla”, come teorizzato dallo stesso genio vinciano nel Trattato della Pittura.
Tutto ciò trova applicazione nella Sagrestia Nuova dove il Buonarroti, ispirandosi al grande oculo del Pantheon di Roma, volle intorno al lanternino quattro finestre aperte sulla parte alta di tutte le pareti, che sfruttò sia in termini di luce diffusa, sia in termini di luce indiretta - variabile in base alle ore del giorno e alle stagioni, nonché all’origine di rilevantissimi effetti di rifrazione sui marmi laterali.
Da tre secoli questi fenomeni risultavano pesantemente alterati, specie in alcuni periodi dell’anno, dalla presenza della Cappella dei Principi.
Se l’intervento di Antonio Forcellino è servito a restituire gli effetti di superficie originari alla Madonna col Bambino e al gruppo dei Santi Cosma e Damiano, a Mario Nanni è toccato ricostruire lumi e ombre che compongono la complessa rete narrativa e simbolica della Sagrestia.
Lampade a led supportano ora in modo non invasivo l’azione della luce solare, che continua a essere ben visibile specie al mattino, e la stessa colorazione dei nuovi fari è stata calibrata rilevando lo spettro del sole intorno al complesso di San Lorenzo.
Le statue del Giorno e della Notte, dell'Aurora e del Crepuscolo tornano a evocare lo scorrere del tempo in una trama di enfasi e rimandi tessuta direttamente dal movimento del sole.
Il progetto di illuminazione ha interessato anche la cosiddetta “Stanza Segreta” di Michelangelo, ritrovata nel 1975 proprio sotto le Cappelle Medicee: un ambiente angusto in cui secondo gli studiosi lo scultore si rifugiò per sfuggire alla vendetta dei Medici dopo la rivolta del 1530. Un passo avanti, afferma il direttore del Museo del Bargello Paola D’Agostino, perché in futuro i visitatori possano accedervi e ammirare i disegni a gesso e a carboncino che ne impreziosiscono le pareti, con dettagli del David, figure simili a quelle della Cappella Sistina e un presunto autoritratto dell’artista, nonché studi sulle statue della Sagrestia Nuova.
Leggi anche:
• Michelangelo Scultore della Luce: il restauro della Tomba di Giulio II
• Sulle tracce di Michelangelo: la Stanza Segreta e il nuovo Museo di Carrara
• L’Adolescente di Michelangelo per la prima volta a Roma
• In the Name of Michelangelo: restaurata la tomba dell’artista
Dopo il Mosè della basilica romana di San Pietro in Vincoli, grazie a un delicato intervento di “restauro della luce” rinasce a nuova vita il capolavoro della Sagrestia Nuova nel Museo delle Cappelle Medicee di Firenze: un gioiello ancor più prezioso perché – evento alquanto raro nel nostro Rinascimento – progettato e quasi interamente realizzato da un unico artista, Michelangelo.
Oltre alla mano del maestro, a tenere insieme architettura, scultura, decorazione nel sepolcro dei Medici è proprio la luce, che funge di volta in volta da commento, guida in un percorso simbolico, esaltazione del pathos, come hanno osservato studiosi del calibro di Christoph Luitpold Frommel, Erwin Panofsky, William Wallace, Georg Satzinger.
Ma cosa succede se un edificio costruito più tardi devia il percorso dei raggi solari? È quanto è accaduto alla Sagrestia Nuova con la grande cupola della Cappella dei Principi, tirata su a ridosso del mausoleo tra il XVII e il XVIII secolo.
Sono queste premesse ad aver reso necessario l’intervento in due tempi dello storico dell’arte e restauratore Antonio Forcellino e del maestro delle luci Mario Nanni, nell’ambito di un progetto promosso dal Museo del Bargello e sostenuto da Lottomatica.
Squadra che vince non si cambia: forti delle scoperte scaturite dal lavoro sulla Tomba di Giulio II, Nanni e Forcellino hanno potuto ripristinare effetti quanto più possibile vicini a quelli previsti da Michelangelo, pur senza pretendere di azzerare il lascito della storia.
Fondamentale per l’operazione è stata la conoscenza dell’uso della luce nel Rinascimento, che come dicevamo in Michelangelo raggiunge esiti senza paragoni: due lavorazioni diverse, per esempio, sono riservate alle parti delle statue colpite dai raggi solari (portate a lustro) e alle altre (lasciate a uno stadio più grezzo), con risultati raffinatissimi in termini di chiaroscuro e plasticità dei volumi.
Secondo Leonardo, “la scultura era seconda alla pittura perché non era in grado di dare come quest’ultima lumi e ombre a proposito”. Circa 30 anni dopo Michelangelo smentirà l’assunto giocando sui suoi marmi non solo con la luce diretta, ma anche con i riverberi, “lumi secondari” o “derivativi” che dopo aver colpito un corpo chiaro tornano sul primo oggetto “a similitudine del balzo della palla”, come teorizzato dallo stesso genio vinciano nel Trattato della Pittura.
Tutto ciò trova applicazione nella Sagrestia Nuova dove il Buonarroti, ispirandosi al grande oculo del Pantheon di Roma, volle intorno al lanternino quattro finestre aperte sulla parte alta di tutte le pareti, che sfruttò sia in termini di luce diffusa, sia in termini di luce indiretta - variabile in base alle ore del giorno e alle stagioni, nonché all’origine di rilevantissimi effetti di rifrazione sui marmi laterali.
Da tre secoli questi fenomeni risultavano pesantemente alterati, specie in alcuni periodi dell’anno, dalla presenza della Cappella dei Principi.
Se l’intervento di Antonio Forcellino è servito a restituire gli effetti di superficie originari alla Madonna col Bambino e al gruppo dei Santi Cosma e Damiano, a Mario Nanni è toccato ricostruire lumi e ombre che compongono la complessa rete narrativa e simbolica della Sagrestia.
Lampade a led supportano ora in modo non invasivo l’azione della luce solare, che continua a essere ben visibile specie al mattino, e la stessa colorazione dei nuovi fari è stata calibrata rilevando lo spettro del sole intorno al complesso di San Lorenzo.
Le statue del Giorno e della Notte, dell'Aurora e del Crepuscolo tornano a evocare lo scorrere del tempo in una trama di enfasi e rimandi tessuta direttamente dal movimento del sole.
Il progetto di illuminazione ha interessato anche la cosiddetta “Stanza Segreta” di Michelangelo, ritrovata nel 1975 proprio sotto le Cappelle Medicee: un ambiente angusto in cui secondo gli studiosi lo scultore si rifugiò per sfuggire alla vendetta dei Medici dopo la rivolta del 1530. Un passo avanti, afferma il direttore del Museo del Bargello Paola D’Agostino, perché in futuro i visitatori possano accedervi e ammirare i disegni a gesso e a carboncino che ne impreziosiscono le pareti, con dettagli del David, figure simili a quelle della Cappella Sistina e un presunto autoritratto dell’artista, nonché studi sulle statue della Sagrestia Nuova.
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