A Milano fino al 30 luglio
Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. I capolavori del Museo Boijmans Van Beuningen dialogano con la collezione del Mudec
Eileen Agar, Figura seduta, 1956, Olio su tela, Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam
Samantha De Martin
21/03/2023
Milano - Un “automatismo psichico puro”, un “comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale”.
Così nel Manifesto del Surrealismo del 1924 André Breton definiva i principi della più onirica tra le avanguardie del XX secolo. Più che uno stile o un movimento artistico, il Surrealismo si pose piuttosto come un atteggiamento, un modo alternativo di concepire il mondo o di pensare. A questo atteggiamento è dedicata la mostra che da domani, 22 marzo, fino al 30 luglio, porta al Mudec – Museo delle Culture dipinti, disegni, sculture, manufatti provenienti dalla collezione del museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, con il suo scrigno unico di arte surrealista, a confronto con alcune opere della collezione permanente del museo milanese.
Piet Ouborg, Composizione, 1931, Olio su tela, Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen
Ma soprattutto il percorso intitolato Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen offrirà un affascinante focus sull'interesse dei surrealisti per le culture native. La critica del gruppo alla cultura e alla società occidentale industrializzata indusse i rappresentanti a cercare altrove modelli alternativi. Questa ricerca portò Breton e i suoi a studiare e collezionare gli oggetti etnografici che entrarono a far parte dell’orizzonte concettuale del movimento.
Per i surrealisti quello per le culture native non fu un mero interesse di tipo estetico o collezionistico, ma rappresentò uno dei temi di riferimento del movimento.
Leonora Carrington, Again, the Gemini are in the Orchard, 1947, Olio su tavola, Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen
D’altra parte i surrealisti avevano una predilezione per gli oggetti etnografici oceanici e dell’America del Nord, caratterizzati da valenze magiche e ancestrali che ben si armonizzavano con la poetica del movimento interessato al sogno, agli stati di trance e ai poteri medianici. E poi gli artefatti delle culture native ben si integravano con il concetto di “meraviglioso”. In questa sezione si darà spazio al ruolo giocato dagli artefatti non-occidentali nella poetica di alcuni protagonisti del movimento come Max Ernst e Man Ray. Non mancherà il rapporto dei surrealisti con il Messico, paese che Breton visitò nel 1938, restandone affascinato, e che a partire dagli anni della Seconda Guerra Mondiale sarebbe diventato un centro di riferimento del Surrealismo. A Città del Messico si era insediata una colonia di artisti che gravitavano intorno all’arte fantastica e visionaria, tra i quali Leonora Carrington, Wolfgang Paalen, Alice Rahon, Remedios Varo. La varietà delle collezioni del Mudec consentirà di presentare in questo contesto gli artefatti delle culture native di riferimento per i surrealisti, con particolare attenzione a quelli dell’Oceania e delle Americhe, inclusi importanti reperti attualmente conservati nei depositi e non visibili al pubblico.
Jan Schlechter, Duvall Erotic, 1971, Olio su tavola, Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam
Ma veniamo alle altre sezioni del percorso a cura di Els Hoek, con la collaborazione di Alessandro Nigro, prodotto da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, reso possibile grazie ai generosi prestiti del Museo Boijmans Van Beuningen e a Fondazione Deloitte. Se la prima sezione è una premessa al mondo del Surrealismo, la seconda tappa di questo viaggio si sofferma sulle origini dadaiste del movimento con Max Ernst, Man Ray e Marcel Duchamp, tre maestri Dada che hanno avuto un ruolo importante nel gruppo surrealista. Le idee della psichiatria e della psicoanalisi che influenzarono formalmente i surrealisti costituiscono il filo conduttore delle terza sezione. Emerge da questa tappa la visione artistica di Salvador Dalí, profondamente interessato a Freud. Una volta accortosi che, nel tempo, la sua tecnica pittorica era troppo lenta e che le immagini diventavano coscienti, il pennello di Figueres sviluppò il suo "metodo paranoico-critico" che lo portò a creare immagini ‘stratificate’.
Elsa Schiapparelli, Tabacco da fiuto, 1949, Legno, cartone, litografia su carta, doratura, cellophane, vetro, metallo, plastica e sostanza liquida, Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen
La Venere di Milo a cassetti, del 1936 guida il visitatore verso la quarta sezione incentrata sui diversi metodi usati dai surrealisti per aprire un varco verso l'inconscio, dai giochi d'azzardo al collage, dal flusso di coscienza alle esperienze psicotiche adoperate da alcuni artisti nel loro lavoro. Si fa guardare Figura seduta di Eileen Agar, pittrice che cercò, attraverso una fervida immaginazione, di avvicinare nuovamente la cultura occidentale alla natura.
I surrealisti esplorarono inoltre la loro sessualità per accedere ad aree che la società borghese aveva represso da tempo, come dimostra la Venere restaurata di Man Ray, presente in mostra.
Il percorso si chiude con I Canti di Maldoro, un romanzo gotico del XIX secolo che i surrealisti avevano preso come loro credo, creando una bellezza attraverso combinazioni insolite comparabili tra loro. “L'incontro casuale di un ombrello e una macchina da cucire su un tavolo da dissezione".
Così nel Manifesto del Surrealismo del 1924 André Breton definiva i principi della più onirica tra le avanguardie del XX secolo. Più che uno stile o un movimento artistico, il Surrealismo si pose piuttosto come un atteggiamento, un modo alternativo di concepire il mondo o di pensare. A questo atteggiamento è dedicata la mostra che da domani, 22 marzo, fino al 30 luglio, porta al Mudec – Museo delle Culture dipinti, disegni, sculture, manufatti provenienti dalla collezione del museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, con il suo scrigno unico di arte surrealista, a confronto con alcune opere della collezione permanente del museo milanese.
Piet Ouborg, Composizione, 1931, Olio su tela, Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen
Ma soprattutto il percorso intitolato Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen offrirà un affascinante focus sull'interesse dei surrealisti per le culture native. La critica del gruppo alla cultura e alla società occidentale industrializzata indusse i rappresentanti a cercare altrove modelli alternativi. Questa ricerca portò Breton e i suoi a studiare e collezionare gli oggetti etnografici che entrarono a far parte dell’orizzonte concettuale del movimento.
Per i surrealisti quello per le culture native non fu un mero interesse di tipo estetico o collezionistico, ma rappresentò uno dei temi di riferimento del movimento.
Leonora Carrington, Again, the Gemini are in the Orchard, 1947, Olio su tavola, Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen
D’altra parte i surrealisti avevano una predilezione per gli oggetti etnografici oceanici e dell’America del Nord, caratterizzati da valenze magiche e ancestrali che ben si armonizzavano con la poetica del movimento interessato al sogno, agli stati di trance e ai poteri medianici. E poi gli artefatti delle culture native ben si integravano con il concetto di “meraviglioso”. In questa sezione si darà spazio al ruolo giocato dagli artefatti non-occidentali nella poetica di alcuni protagonisti del movimento come Max Ernst e Man Ray. Non mancherà il rapporto dei surrealisti con il Messico, paese che Breton visitò nel 1938, restandone affascinato, e che a partire dagli anni della Seconda Guerra Mondiale sarebbe diventato un centro di riferimento del Surrealismo. A Città del Messico si era insediata una colonia di artisti che gravitavano intorno all’arte fantastica e visionaria, tra i quali Leonora Carrington, Wolfgang Paalen, Alice Rahon, Remedios Varo. La varietà delle collezioni del Mudec consentirà di presentare in questo contesto gli artefatti delle culture native di riferimento per i surrealisti, con particolare attenzione a quelli dell’Oceania e delle Americhe, inclusi importanti reperti attualmente conservati nei depositi e non visibili al pubblico.
Jan Schlechter, Duvall Erotic, 1971, Olio su tavola, Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam
Ma veniamo alle altre sezioni del percorso a cura di Els Hoek, con la collaborazione di Alessandro Nigro, prodotto da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, reso possibile grazie ai generosi prestiti del Museo Boijmans Van Beuningen e a Fondazione Deloitte. Se la prima sezione è una premessa al mondo del Surrealismo, la seconda tappa di questo viaggio si sofferma sulle origini dadaiste del movimento con Max Ernst, Man Ray e Marcel Duchamp, tre maestri Dada che hanno avuto un ruolo importante nel gruppo surrealista. Le idee della psichiatria e della psicoanalisi che influenzarono formalmente i surrealisti costituiscono il filo conduttore delle terza sezione. Emerge da questa tappa la visione artistica di Salvador Dalí, profondamente interessato a Freud. Una volta accortosi che, nel tempo, la sua tecnica pittorica era troppo lenta e che le immagini diventavano coscienti, il pennello di Figueres sviluppò il suo "metodo paranoico-critico" che lo portò a creare immagini ‘stratificate’.
Elsa Schiapparelli, Tabacco da fiuto, 1949, Legno, cartone, litografia su carta, doratura, cellophane, vetro, metallo, plastica e sostanza liquida, Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen
La Venere di Milo a cassetti, del 1936 guida il visitatore verso la quarta sezione incentrata sui diversi metodi usati dai surrealisti per aprire un varco verso l'inconscio, dai giochi d'azzardo al collage, dal flusso di coscienza alle esperienze psicotiche adoperate da alcuni artisti nel loro lavoro. Si fa guardare Figura seduta di Eileen Agar, pittrice che cercò, attraverso una fervida immaginazione, di avvicinare nuovamente la cultura occidentale alla natura.
I surrealisti esplorarono inoltre la loro sessualità per accedere ad aree che la società borghese aveva represso da tempo, come dimostra la Venere restaurata di Man Ray, presente in mostra.
Il percorso si chiude con I Canti di Maldoro, un romanzo gotico del XIX secolo che i surrealisti avevano preso come loro credo, creando una bellezza attraverso combinazioni insolite comparabili tra loro. “L'incontro casuale di un ombrello e una macchina da cucire su un tavolo da dissezione".
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