Dal 23 ottobre al 13 gennaio "Omnia Flumina Romam Ducunt"
Con Alvin Curran, i suoni di Caracalla in una mostra da ascoltare

Terme di Caracalla, Roma. Courtesy Soprintendenza Speciale di Roma
Francesca Grego
22/10/2018
Roma - “I suoni che animavano le monumentali Terme di Caracalla non sono più udibili, ma le rovine stesse restano lì come un segno graffiante – una partitura architettonica – trasformate in suono, una sinfonia universale”: sono parole del grande musicista statunitense Alvin Curran, da 50 anni di stanza a Roma, noto per aver composto musiche per laghi, porti, parchi, edifici, cave, grotte. E, oggi, per uno dei più famosi complessi architettonici di Roma antica.
Dal 23 ottobre al 13 gennaio, le Terme di Caracalla saranno l’eccezionale teatro di Omnia Flumina Romam Ducunt: una mostra che non si vede, ma si ascolta, riportando le suggestive vestigia in un flusso sonoro vivo all’incrocio tra passato e presente, tra locale e globale, proprio come quando, tra il 216 a.C. e il 537 d.C., più di 6000 persone ogni giorno si ritrovavano tra le grandiose mura per tenersi in forma, rilassarsi, parlare o studiare.
A compiere il prodigio sono una ventina di altoparlanti invisibili, nascosti dai punti più alti delle pareti fin nei pozzi di drenaggio, che diffondono in ogni direzione i suoni ambientali selezionati da Curran: suoni raccolti in tutto il mondo nel corso degli anni e conservati nel suo enorme archivio, che l’artista immagina possano rappresentare l’ecosistema uditivo delle antiche terme. Voci di usignoli, merli o aquile, di cavalli e leoni, o della mitica lupa, scrosci di corsi d’acqua, brani di testi poetici in lingua latina incontrano qui i rumori prodotti dal ponte di Brooklyn quando la sua pavimentazione metallica risuonava “sinfonicamente” al passaggio dei veicoli, ma anche tamburi, suoni elettronici di sintesi e alcuni frammenti di Demetrio Stratos, tra i più audaci sperimentatori delle possibilità della voce umana.
“Il mio lavoro – ha spiegato Curran – è basato su due semplici principi: il fatto che ogni suono sia una musica potenziale, cui si aggiunge l’uso della natura e dei luoghi. In questo caso l’architettura delle Terme funziona come una tela che accoglie pennellate di suono. Una tela che a ogni ciclo e motivo degli elementi sonori apparirà nuova e originale”. La partitura segue in parte algoritmi scritti dall’artista, in parte è improntata a una totale casualità che si riallaccia alla lezione di John Cage, che fu amico di Curran: “Il mix cambia continuamente, è una composizione dal flusso continuo che non finisce mai – prosegue il musicista – Il punto di partenza richiama il concetto di musique concréte elaborato cento anni fa: una musica fatta di suoni naturali, un suono che scaturisce da queste rovine e si muove nello spazio”.
A cura di RAM radioartemobile, Omnia Flumina Romam Ducunt – Tutti i Fiumi Portano a Roma è promossa dalla Soprintendenza Speciale di Roma con Electa.
Leggi anche:
• A spasso nel tempo con Caracalla IV Dimensione
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A compiere il prodigio sono una ventina di altoparlanti invisibili, nascosti dai punti più alti delle pareti fin nei pozzi di drenaggio, che diffondono in ogni direzione i suoni ambientali selezionati da Curran: suoni raccolti in tutto il mondo nel corso degli anni e conservati nel suo enorme archivio, che l’artista immagina possano rappresentare l’ecosistema uditivo delle antiche terme. Voci di usignoli, merli o aquile, di cavalli e leoni, o della mitica lupa, scrosci di corsi d’acqua, brani di testi poetici in lingua latina incontrano qui i rumori prodotti dal ponte di Brooklyn quando la sua pavimentazione metallica risuonava “sinfonicamente” al passaggio dei veicoli, ma anche tamburi, suoni elettronici di sintesi e alcuni frammenti di Demetrio Stratos, tra i più audaci sperimentatori delle possibilità della voce umana.
“Il mio lavoro – ha spiegato Curran – è basato su due semplici principi: il fatto che ogni suono sia una musica potenziale, cui si aggiunge l’uso della natura e dei luoghi. In questo caso l’architettura delle Terme funziona come una tela che accoglie pennellate di suono. Una tela che a ogni ciclo e motivo degli elementi sonori apparirà nuova e originale”. La partitura segue in parte algoritmi scritti dall’artista, in parte è improntata a una totale casualità che si riallaccia alla lezione di John Cage, che fu amico di Curran: “Il mix cambia continuamente, è una composizione dal flusso continuo che non finisce mai – prosegue il musicista – Il punto di partenza richiama il concetto di musique concréte elaborato cento anni fa: una musica fatta di suoni naturali, un suono che scaturisce da queste rovine e si muove nello spazio”.
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