Focus: arte e volti in Galleria
Tommaso Calabro: 30 anni e una galleria d'arte ritrovo di storie ed esperienze
Galleria d’Arte Tommaso Calabro – secondo spazio | Foto: © Tobia De Marco
Samantha De Martin
04/11/2020
Trent’anni, nessuna famiglia di galleristi alle spalle (anzi, un papà medico con la passione per l’archeologia e una mamma insegnante) esperienze da Sotheby’s, la direzione della Nahmad Projects di Londra e un amore per l’arte che trasforma un mestiere in una straordinaria passione.
Una passione nata dal mercato dell’arte, prima ancora che dall’arte in sé, quando, alla morte del nonno, proprietario di una tipografia a Feltre, Tommaso Calabro, allora tredicenne, ha iniziato a vendere su eBay stampe di artisti veneti ricevute in eredità. E adesso che di anni ne ha 30, questo ragazzo brillante, studi alla Bocconi, al Courtauld Institute of Art e al King’s College di Londra, riversa le sue diecimila idee e i suoi intrepidi progetti tra le sale della sua galleria.
Dal 2018, anno della sua apertura, questo elegante spazio nel cuore di Milano, ha visto susseguirsi una rosa di artisti di tutto rispetto, da Vezzoli a Paolini, da Tancredi a Dubuffet.
Da domani, giovedì 5 ottobre, e fino al 3 dicembre, anche la Galleria Tommaso Calabro, è costretta a chiudere i battenti nel rispetto delle misure appena varate per contrastare la diffusione del contagio da Coronavirus. Ma ci piace ripercorrere con il suo giovanissimo padrone di casa, la storia di una passione - frutto di incontri fortuiti, ma anche dalla voglia di mettersi in gioco - ma anche le idee e i progetti per i prossimi mesi.
Tommaso Calabro
La Galleria d’arte come luogo di storie e di "esperienza fisica"
Uno scalone ottocentesco con corrimano in marmo rosso che accompagna alle sale espositive, pavimenti in legno intarsiato, decorazioni a stucco e affreschi. Ecco la Galleria Tommaso Calabro, al piano nobile di Palazzo Marietti, gioiello neoclassico di origini rinascimentali in Piazza San Sepolcro, nel centro storico di Milano. Una location affatto ingessata, ritrovo vivo, di dialogo ed emozioni.
“Tornato a Milano, dopo l’esperienza londinese, ho voluto concepire una Galleria d’arte che fosse un luogo di storie, un posto in cui consumare un’esperienza fisica appagante, a contatto con l’arte, offrendo al visitatore una visione a 360 gradi, aperta a diversi ambiti. La mia Galleria non si focalizza, dal punto di vista artistico, su un qualcosa in particolare. Non seguo necessariamente l’arte povera, il surrealismo o l’arte del dopoguerra. Cosa che fanno altre gallerie che hanno un modo di lavorare diverso dal mio.
Per me una mostra non può essere semplicemente un quadro appeso alle pareti, ma deve avere una storia da raccontare. Ed è questa storia a trasmettere l’esperienza al visitatore. Il mio compito di giovane gallerista è quello di capire in che direzione l’arte e il mercato dell’arte stiano andando. Sebbene stiamo assistendo, soprattutto ultimamente, allo sviluppo dell’online, credo che l’esigenza di esperienze fisiche appaganti rimanga sempre forte. Per questo l'aver ricreato l’atmosfera di Casa Iolas credo sia importante a restituire un’esperienza fisica, facendo entrare il pubblico in contatto con un'atmosfera".
Casa Iolas rivive in Galleria
Casa Iolas. Citofonare Vezzoli, a cura di Francesco Vezzoli, con un allestimento di Filippo Bisagni, è infatti l’omaggio che la Galleria Tommaso Calabro dedica al gallerista e collezionista greco Alexander Iolas, uno dei più grandi mercanti d’arte della seconda metà del Novecento. Tra i primi a creare un sistema internazionale di gallerie satelliti, questo collezionista visionario, amico e sostenitore di alcuni dei più grandi artisti del suo tempo, introdusse il Surrealismo negli Stati Uniti e organizzò la prima mostra personale di Andy Warhol. Eppure subito dopo la sua morte iniziò a essere dimenticato, come anche la sua casa di Atene, Villa Iolas, la cui inestimabile collezione d’arte venne saccheggiata andando in parte dispersa.
La mostra vuole pertanto rievocare gli spazi perduti della leggendaria abitazione di un uomo capace di incantare i salotti culturali internazionali in cinque lingue diverse con il suo innegabile savoir faire.
Accanto a lui sfilano le opere di alcuni degli artisti da lui esposti, da Giorgio de Chirico a Niki de Saint, da Max Ernst a Paul Klee.
La mostra, attualmente in corso fino al 16 gennaio, sarà molto probabilmente prorogata fino a fine febbraio, in vista della chiusura della Galleria, da domani 5 novembre fino al 3 dicembre prossimo.
Casa Iolas, immagini dell'allestimento | Foto: © Riccardo Gasperoni
Una visione a 360 gradi
L’interesse di Tommaso Calabro per il collezionista greco è pluriennale. Ma perché c’è molto di Tommaso in questo progetto attualmente in corso? E in cosa Tommaso Calabro si sente più vicino a Iolas?
“Iolas mi affascina da sempre per la sua passione per l’ “alto”, ma anche per il “basso”, per la sua visione a 360 gradi. Nella sua persona Iolas fonde la figura del gallerista con quella dell’appassionato d’arte nella vita, facendoci capire come le due cose siano spesso inscindibili. Se qualcuno, come nel mio caso, ha una grande passione per quello che fa, non c’è una minima distinzione tra la sua vita personale e quella lavorativa. Vivo accanto alla Galleria, i miei amici provengono dal mondo dell’arte, nel tempo libero vado a vedere mostre d’arte...”.
Perché Iolas?
“Tre anni fa, quando dirigevo la Nahmad Projects a Londra, ho realizzato con Francesco Vezzoli una bellissima mostra, di fatto il mio primo progetto con questo artista. Si chiamava Metafisica del giardino. Avevamo dipinto l’intera galleria come una piazza d’Italia e avevamo appeso dei de Chirico e delle opere di Vezzoli all’interno degli archi. In una stanza della Galleria c’erano dei “Soli” di Iolas. Il concepimento della mostra attualmente in corso in Galleria è avvenuto sicuramente in quella circostanza e si è poi concretizzato due anni fa quando ho lasciato Londra per ritornare a Milano. Anche se il mio interesse per Iolas risale a molto prima. Pochi mesi prima si era svolta da Sotheby’s un’asta nella quale veniva venduto quello che era rimasto agli eredi della collezione dell’artista, ma anche degli arredi di casa. E ancora prima avevo comprato vari cataloghi di mostre realizzate dall’artista”.
Casa Iolas, stanza affrescata | Foto: © Riccardo Gasperoni
La Galleria come insieme di relazioni e di passioni
Per Vezzoli, Casa Iolas vuole essere "non solo un omaggio a un grande gallerista ma anche a un sistema, a una cultura galleristica basata su relazioni personali di amicizia, fiducia e stima reciproche, che il sistema del mercato dell’arte contemporaneo sembra aver definitivamente cancellato". Che cos'è l' "universo Galleria" per Tommaso Calabro?
“La Galleria è un incontro tra persone, dove i clienti sono amici e non semplicemente persone alle quali vendere oggetti che costano un centinaio di migliaia di euro e che loro comprano per un pura ottica di investimento. Si tratta invece di persone con le quali intrattieni relazioni, come con gli artisti o i curatori che frequenti. È un legame un po’ più speciale, che va oltre la mera transazione finanziaria".
Le stampe del nonno e la passione per il mercato dell’arte
“La mia è una passione che, ancor prima che dall’arte, nasce dal mercato dell’arte. Avevo 13 anni quando ho iniziato a vendere su eBay la considerevole quantità di stampe di artisti veneti lasciate alla mia famiglia da mio nonno, proprietario di una tipografia. Mi sono appassionato al mercato dell’arte e poi mi sono formato in maniera più completa”.
L’esperienza da Sotheby’s, un incontro fortuito e la svolta
“Da Sotheby’s ero stato assunto nel 2014 per l’asta di una serie di lavori provenienti da una collezione privata, intitolata Bear Witness. Il collezioista vendeva oltre 600 lotti tra quadri, oggetti e arredi. Ho avuto la fortuna di assistere alla nascita di un’asta specifica che ho seguito fino alla fine. E poi da Sotheby’s avevo conosciuto i Nahmad, i miei futuri datori di lavoro, parlando con un membro della famiglia senza sapere in realtà che fosse lui. La mia carriera è stata frutto di incontri fortuiti. I miei amici scherzano dicendomi che sono finanziato da chissà chi. Invece tutto è iniziato perché semplicemente volevo mettermi alla prova. Quando ho deciso di aprire la mia galleria, a 28 anni, il fatto di non avere famiglia e di avere la mente libera per poter iniziare un’esperienza a livello imprenditoriale senza preoccuparmi troppo degli eventuali rischi, ha giocato a mio favore”.
Casa d’aste o galleria?
“L’esperienza più formativa è stata senza dubbio da Sotheby’s. Lavorando in una casa d’aste ho visto molte più cose rispetto alla Galleria. In Galleria si riescono magari a fare cinque mostre all’anno, facendo girare un totale di 80-90 quadri, tra prestiti, opere che vengono vendute ed esposte. Invece ritrovarsi in una casa d’aste con 150 lotti abitua ad allenare molto di più l’occhio. Certo, per quanto mi riguarda, ritengo che quello in Galleria sia un lavoro molto più appagante”.
L’artista che Tommaso Calabro comprerebbe più spesso?
“Sicuramente de Chirico. Poi ci sono Max Ernst, Victor Brauner, Vezzoli, al quale mi lega una grande amicizia, e ancora Tancredi, al quale sono legato anche da questioni patriottiche, visto che è stato mio vicino di casa”.
Essere gallerista: le difficoltà di un mestiere
“Le mie difficoltà sono soprattutto di carattere economico, legate alla mancanza di regolarità finanziaria. Mandare avanti la galleria è costoso. Lavoro soprattutto in conto vendita. Il che significa trovare le opere, ottenerle a un prezzo in linea con il mercato, e poi riuscire a venderle. Lavorando così, e non sul proprio magazzino, è difficile avere la certezza di entrate stabili nel corso dell’anno. Il secondo problema è di carattere strategico gestionale, perché quandosi alza un po’ il livello facendo mostre sempre più importanti e appaganti per i visitatori diventa difficile riuscire ad avere dei progetti fattibili che possano essere allo stesso livello”.
Come uscirà il mercato dell’arte dalla pandemia?
“Soprattutto negli ultimi anni il mercato dell’arte è una grande bolla che poggia su equilibri molto fragili, basti pensare alle tante, troppe a mio avviso, fiere che si svolgono annualmente. Penso che sviluppare il mercato dell’arte solo all’interno di fiere sia sbagliato perché limita il momento di esperienza dell’arte a una situazione prettamente commerciale, caotica. Come Tommaso Calabro non ho mai fatto fiere. La cosa oggi più urgente è riuscire a recuperare il concetto di galleria, far sì che le persone possano apprezzare l’aspetto esperienziale del sistema dell’arte italiana. E poi mi auguro che ci sia una calmierata dei prezzi, che nel caso di alcuni artisti contemporanei, risultano un po’ eccessivi. In questo momento molti mercati non comprano. Le aste vanno peggio. Ultimamente si è assistito a una frenata dovuta al fatto che si è evidenziato il mercato reale, che non coincide con quello dei galleristi. E che non è così florido come la gente potrebbe immaginare”.
Prossimi progetti: ancora con Vezzoli e poi Remo Bianco e Consagra
Nessun nuovo progetto per la Galleria Tommaso Calabro prima di marzo. “Ho una decina di idee ancora in stato embrionale, ad esempio su Sol LeWitt, o anche su Remo Bianco, Pietro Consagra. Con Francesco (Vezzoli ndr) stiamo già parlando del prossimo progetto”.
Galleria d’Arte Tommaso Calabro | Foto: © Riccardo Gasparoni
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• Casa Iolas. Citofonare Vezzoli
Una passione nata dal mercato dell’arte, prima ancora che dall’arte in sé, quando, alla morte del nonno, proprietario di una tipografia a Feltre, Tommaso Calabro, allora tredicenne, ha iniziato a vendere su eBay stampe di artisti veneti ricevute in eredità. E adesso che di anni ne ha 30, questo ragazzo brillante, studi alla Bocconi, al Courtauld Institute of Art e al King’s College di Londra, riversa le sue diecimila idee e i suoi intrepidi progetti tra le sale della sua galleria.
Dal 2018, anno della sua apertura, questo elegante spazio nel cuore di Milano, ha visto susseguirsi una rosa di artisti di tutto rispetto, da Vezzoli a Paolini, da Tancredi a Dubuffet.
Da domani, giovedì 5 ottobre, e fino al 3 dicembre, anche la Galleria Tommaso Calabro, è costretta a chiudere i battenti nel rispetto delle misure appena varate per contrastare la diffusione del contagio da Coronavirus. Ma ci piace ripercorrere con il suo giovanissimo padrone di casa, la storia di una passione - frutto di incontri fortuiti, ma anche dalla voglia di mettersi in gioco - ma anche le idee e i progetti per i prossimi mesi.
Tommaso Calabro
La Galleria d’arte come luogo di storie e di "esperienza fisica"
Uno scalone ottocentesco con corrimano in marmo rosso che accompagna alle sale espositive, pavimenti in legno intarsiato, decorazioni a stucco e affreschi. Ecco la Galleria Tommaso Calabro, al piano nobile di Palazzo Marietti, gioiello neoclassico di origini rinascimentali in Piazza San Sepolcro, nel centro storico di Milano. Una location affatto ingessata, ritrovo vivo, di dialogo ed emozioni.
“Tornato a Milano, dopo l’esperienza londinese, ho voluto concepire una Galleria d’arte che fosse un luogo di storie, un posto in cui consumare un’esperienza fisica appagante, a contatto con l’arte, offrendo al visitatore una visione a 360 gradi, aperta a diversi ambiti. La mia Galleria non si focalizza, dal punto di vista artistico, su un qualcosa in particolare. Non seguo necessariamente l’arte povera, il surrealismo o l’arte del dopoguerra. Cosa che fanno altre gallerie che hanno un modo di lavorare diverso dal mio.
Per me una mostra non può essere semplicemente un quadro appeso alle pareti, ma deve avere una storia da raccontare. Ed è questa storia a trasmettere l’esperienza al visitatore. Il mio compito di giovane gallerista è quello di capire in che direzione l’arte e il mercato dell’arte stiano andando. Sebbene stiamo assistendo, soprattutto ultimamente, allo sviluppo dell’online, credo che l’esigenza di esperienze fisiche appaganti rimanga sempre forte. Per questo l'aver ricreato l’atmosfera di Casa Iolas credo sia importante a restituire un’esperienza fisica, facendo entrare il pubblico in contatto con un'atmosfera".
Casa Iolas rivive in Galleria
Casa Iolas. Citofonare Vezzoli, a cura di Francesco Vezzoli, con un allestimento di Filippo Bisagni, è infatti l’omaggio che la Galleria Tommaso Calabro dedica al gallerista e collezionista greco Alexander Iolas, uno dei più grandi mercanti d’arte della seconda metà del Novecento. Tra i primi a creare un sistema internazionale di gallerie satelliti, questo collezionista visionario, amico e sostenitore di alcuni dei più grandi artisti del suo tempo, introdusse il Surrealismo negli Stati Uniti e organizzò la prima mostra personale di Andy Warhol. Eppure subito dopo la sua morte iniziò a essere dimenticato, come anche la sua casa di Atene, Villa Iolas, la cui inestimabile collezione d’arte venne saccheggiata andando in parte dispersa.
La mostra vuole pertanto rievocare gli spazi perduti della leggendaria abitazione di un uomo capace di incantare i salotti culturali internazionali in cinque lingue diverse con il suo innegabile savoir faire.
Accanto a lui sfilano le opere di alcuni degli artisti da lui esposti, da Giorgio de Chirico a Niki de Saint, da Max Ernst a Paul Klee.
La mostra, attualmente in corso fino al 16 gennaio, sarà molto probabilmente prorogata fino a fine febbraio, in vista della chiusura della Galleria, da domani 5 novembre fino al 3 dicembre prossimo.
Casa Iolas, immagini dell'allestimento | Foto: © Riccardo Gasperoni
Una visione a 360 gradi
L’interesse di Tommaso Calabro per il collezionista greco è pluriennale. Ma perché c’è molto di Tommaso in questo progetto attualmente in corso? E in cosa Tommaso Calabro si sente più vicino a Iolas?
“Iolas mi affascina da sempre per la sua passione per l’ “alto”, ma anche per il “basso”, per la sua visione a 360 gradi. Nella sua persona Iolas fonde la figura del gallerista con quella dell’appassionato d’arte nella vita, facendoci capire come le due cose siano spesso inscindibili. Se qualcuno, come nel mio caso, ha una grande passione per quello che fa, non c’è una minima distinzione tra la sua vita personale e quella lavorativa. Vivo accanto alla Galleria, i miei amici provengono dal mondo dell’arte, nel tempo libero vado a vedere mostre d’arte...”.
Perché Iolas?
“Tre anni fa, quando dirigevo la Nahmad Projects a Londra, ho realizzato con Francesco Vezzoli una bellissima mostra, di fatto il mio primo progetto con questo artista. Si chiamava Metafisica del giardino. Avevamo dipinto l’intera galleria come una piazza d’Italia e avevamo appeso dei de Chirico e delle opere di Vezzoli all’interno degli archi. In una stanza della Galleria c’erano dei “Soli” di Iolas. Il concepimento della mostra attualmente in corso in Galleria è avvenuto sicuramente in quella circostanza e si è poi concretizzato due anni fa quando ho lasciato Londra per ritornare a Milano. Anche se il mio interesse per Iolas risale a molto prima. Pochi mesi prima si era svolta da Sotheby’s un’asta nella quale veniva venduto quello che era rimasto agli eredi della collezione dell’artista, ma anche degli arredi di casa. E ancora prima avevo comprato vari cataloghi di mostre realizzate dall’artista”.
Casa Iolas, stanza affrescata | Foto: © Riccardo Gasperoni
La Galleria come insieme di relazioni e di passioni
Per Vezzoli, Casa Iolas vuole essere "non solo un omaggio a un grande gallerista ma anche a un sistema, a una cultura galleristica basata su relazioni personali di amicizia, fiducia e stima reciproche, che il sistema del mercato dell’arte contemporaneo sembra aver definitivamente cancellato". Che cos'è l' "universo Galleria" per Tommaso Calabro?
“La Galleria è un incontro tra persone, dove i clienti sono amici e non semplicemente persone alle quali vendere oggetti che costano un centinaio di migliaia di euro e che loro comprano per un pura ottica di investimento. Si tratta invece di persone con le quali intrattieni relazioni, come con gli artisti o i curatori che frequenti. È un legame un po’ più speciale, che va oltre la mera transazione finanziaria".
Le stampe del nonno e la passione per il mercato dell’arte
“La mia è una passione che, ancor prima che dall’arte, nasce dal mercato dell’arte. Avevo 13 anni quando ho iniziato a vendere su eBay la considerevole quantità di stampe di artisti veneti lasciate alla mia famiglia da mio nonno, proprietario di una tipografia. Mi sono appassionato al mercato dell’arte e poi mi sono formato in maniera più completa”.
L’esperienza da Sotheby’s, un incontro fortuito e la svolta
“Da Sotheby’s ero stato assunto nel 2014 per l’asta di una serie di lavori provenienti da una collezione privata, intitolata Bear Witness. Il collezioista vendeva oltre 600 lotti tra quadri, oggetti e arredi. Ho avuto la fortuna di assistere alla nascita di un’asta specifica che ho seguito fino alla fine. E poi da Sotheby’s avevo conosciuto i Nahmad, i miei futuri datori di lavoro, parlando con un membro della famiglia senza sapere in realtà che fosse lui. La mia carriera è stata frutto di incontri fortuiti. I miei amici scherzano dicendomi che sono finanziato da chissà chi. Invece tutto è iniziato perché semplicemente volevo mettermi alla prova. Quando ho deciso di aprire la mia galleria, a 28 anni, il fatto di non avere famiglia e di avere la mente libera per poter iniziare un’esperienza a livello imprenditoriale senza preoccuparmi troppo degli eventuali rischi, ha giocato a mio favore”.
Casa d’aste o galleria?
“L’esperienza più formativa è stata senza dubbio da Sotheby’s. Lavorando in una casa d’aste ho visto molte più cose rispetto alla Galleria. In Galleria si riescono magari a fare cinque mostre all’anno, facendo girare un totale di 80-90 quadri, tra prestiti, opere che vengono vendute ed esposte. Invece ritrovarsi in una casa d’aste con 150 lotti abitua ad allenare molto di più l’occhio. Certo, per quanto mi riguarda, ritengo che quello in Galleria sia un lavoro molto più appagante”.
L’artista che Tommaso Calabro comprerebbe più spesso?
“Sicuramente de Chirico. Poi ci sono Max Ernst, Victor Brauner, Vezzoli, al quale mi lega una grande amicizia, e ancora Tancredi, al quale sono legato anche da questioni patriottiche, visto che è stato mio vicino di casa”.
Essere gallerista: le difficoltà di un mestiere
“Le mie difficoltà sono soprattutto di carattere economico, legate alla mancanza di regolarità finanziaria. Mandare avanti la galleria è costoso. Lavoro soprattutto in conto vendita. Il che significa trovare le opere, ottenerle a un prezzo in linea con il mercato, e poi riuscire a venderle. Lavorando così, e non sul proprio magazzino, è difficile avere la certezza di entrate stabili nel corso dell’anno. Il secondo problema è di carattere strategico gestionale, perché quandosi alza un po’ il livello facendo mostre sempre più importanti e appaganti per i visitatori diventa difficile riuscire ad avere dei progetti fattibili che possano essere allo stesso livello”.
Come uscirà il mercato dell’arte dalla pandemia?
“Soprattutto negli ultimi anni il mercato dell’arte è una grande bolla che poggia su equilibri molto fragili, basti pensare alle tante, troppe a mio avviso, fiere che si svolgono annualmente. Penso che sviluppare il mercato dell’arte solo all’interno di fiere sia sbagliato perché limita il momento di esperienza dell’arte a una situazione prettamente commerciale, caotica. Come Tommaso Calabro non ho mai fatto fiere. La cosa oggi più urgente è riuscire a recuperare il concetto di galleria, far sì che le persone possano apprezzare l’aspetto esperienziale del sistema dell’arte italiana. E poi mi auguro che ci sia una calmierata dei prezzi, che nel caso di alcuni artisti contemporanei, risultano un po’ eccessivi. In questo momento molti mercati non comprano. Le aste vanno peggio. Ultimamente si è assistito a una frenata dovuta al fatto che si è evidenziato il mercato reale, che non coincide con quello dei galleristi. E che non è così florido come la gente potrebbe immaginare”.
Prossimi progetti: ancora con Vezzoli e poi Remo Bianco e Consagra
Nessun nuovo progetto per la Galleria Tommaso Calabro prima di marzo. “Ho una decina di idee ancora in stato embrionale, ad esempio su Sol LeWitt, o anche su Remo Bianco, Pietro Consagra. Con Francesco (Vezzoli ndr) stiamo già parlando del prossimo progetto”.
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