When the walls become canvas

Fabio Petani, Cuprous Oxide, 2022, tecnica mista su tela, 80x60 cm.
Dal 7 May 2022 al 24 June 2022
Roma
Luogo: Rosso20sette arte contemporanea
Indirizzo: Via del Sudario 39
Orari: dal martedì al sabato 11-19.30; domenica su appuntamento
Curatori: Tiziana Cino e Stefano Ferraro
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 64761113
E-Mail info: info@rosso27.com
Sito ufficiale: http://www.rosso27.com
Sabato 7 maggio 2022 Rosso20sette arte contemporanea presenta la mostra When the walls become canvas, a cura di Tiziana Cino e Stefano Ferraro, con un testo ed interviste di Giorgio Silvestrelli. In questa collettiva 13 street artist internazionali - Daniel Eime (Portogallo), Lidia Cao (Spagna), Solo (Italia), Diamond (Italia), Ligama (Italia), Oniro (Italia), Luogo Comune (Italia), Alessandra Carloni (Italia), MauPal (Italia), Jerico (Filippine), Chekos’Art (Italia), Fabio Petani (Italia), Motore Fisico+Mafm (Italia) - realizzano su tela alcuni dei loro più importanti murales; saranno, inoltre, esposti alcuni bozzetti originali e un modellino di un murale dei Motore Fisico realizzato insieme ai Mafm.
“Un’opera d’arte nasce sempre da un’idea. L’idea inizia a prendere forma in uno sketch. Una matita, un foglio di carta o un pc sono gli strumenti per trasformarla in realtà. A questo punto l’artista è chiamato a scegliere il supporto definitivo dove la sua idea vivrà. Gli street artist sono quella particolare categoria di creativi che ha deciso, razionalmente o meno, che le loro opere vivranno in mezzo alla gente, sui muri delle città. Fare un murale è sempre una vera impresa. Non importano le dimensioni, dipingere in strada è sempre un’avventura. Sono tante le incognite e poche le certezze.
Il meteo è uno di quei fattori con cui ognuno di noi deve fare sempre i conti, ma per gli street artist è un elemento decisamente non trascurabile. Chi dipinge in strada ha la consapevolezza che starà sotto al sole o al freddo per molte ore al giorno. Alle volte il caldo intenso e il freddo pungente si alternano nella stessa giornata. Per non parlare della pioggia che può distruggere in pochi minuti ore di lavoro. Quando si realizza un murale, l’ambiente circostante non è un elemento da sottovalutare. L’opera dovrebbe incastonarsi in quel determinato spazio urbano, quasi come se ne avesse sempre fatto parte. Altrimenti il tutto verrebbe percepito come una forzatura, un esercizio di stile o, peggio, uno “sgarbo” nei confronti delle persone che vivono in quel luogo. Affinché ciò non avvenga, gli artisti si sentono quasi obbligati a studiare il territorio e le sue storie. Dipingere in strada significa rinunciare a tutte le comodità del lavoro in casa o in studio. Non ci sono sedie, i bagni sono sempre un’incognita e c’è sempre tanta confusione. C’è il frastuono del camion elevatore che porta gli artisti a vette vertiginose, il caratteristico suono delle bombolette che vengono agitate, il rumore provocato dallo spostamento di scale, secchi pieni di vernice o acqua e, naturalmente, il traffico e le voci dei passanti. Complimenti, parole di ammirazione, curiosità, stupore, gioia e a volte anche rabbia o amarezza. Il confronto con il pubblico, che ogni artista vive in maniera assai personale, avviene immediatamente, senza filtri, senza censure o pudore. Forse è proprio questo stretto contatto con la gente uno dei tanti fattori che spinge sempre più persone a produrre opere di street art o ad appassionarsi a questo movimento artistico.
Quando un murale è finito, dopo le foto di rito, si ritorna a casa con le ossa rotte, sporchi, con uno zaino pieno di sorrisi e con le occhiaie, ma anche con tante storie. Quelle vissute sulla propria pelle in quei lunghi giorni folli e quelle che le persone sentono la necessità di raccontare a chi dipinge. E sono molte. Ancora oggi resta, per me, un mistero il perché la gente empatizzi immediatamente con chi dipinge un muro e senta la necessità di fare domande o esporre la propria opinione. La street art ha il dono di parlare a tutti, nessuno escluso, e molti sentono il diritto/dovere di esprimersi in merito a quanto sta avvenendo davanti ai loro occhi. L’insieme delle storie e delle esperienze fa sì che ogni murale sia unico e irripetibile, per gli artisti ma anche per le persone e quindi, a tutti gli effetti, è un’autentica opera d’arte.” (dal testo di Giorgio Silvestrelli)
Opening sabato 7 maggio ore 18
“Un’opera d’arte nasce sempre da un’idea. L’idea inizia a prendere forma in uno sketch. Una matita, un foglio di carta o un pc sono gli strumenti per trasformarla in realtà. A questo punto l’artista è chiamato a scegliere il supporto definitivo dove la sua idea vivrà. Gli street artist sono quella particolare categoria di creativi che ha deciso, razionalmente o meno, che le loro opere vivranno in mezzo alla gente, sui muri delle città. Fare un murale è sempre una vera impresa. Non importano le dimensioni, dipingere in strada è sempre un’avventura. Sono tante le incognite e poche le certezze.
Il meteo è uno di quei fattori con cui ognuno di noi deve fare sempre i conti, ma per gli street artist è un elemento decisamente non trascurabile. Chi dipinge in strada ha la consapevolezza che starà sotto al sole o al freddo per molte ore al giorno. Alle volte il caldo intenso e il freddo pungente si alternano nella stessa giornata. Per non parlare della pioggia che può distruggere in pochi minuti ore di lavoro. Quando si realizza un murale, l’ambiente circostante non è un elemento da sottovalutare. L’opera dovrebbe incastonarsi in quel determinato spazio urbano, quasi come se ne avesse sempre fatto parte. Altrimenti il tutto verrebbe percepito come una forzatura, un esercizio di stile o, peggio, uno “sgarbo” nei confronti delle persone che vivono in quel luogo. Affinché ciò non avvenga, gli artisti si sentono quasi obbligati a studiare il territorio e le sue storie. Dipingere in strada significa rinunciare a tutte le comodità del lavoro in casa o in studio. Non ci sono sedie, i bagni sono sempre un’incognita e c’è sempre tanta confusione. C’è il frastuono del camion elevatore che porta gli artisti a vette vertiginose, il caratteristico suono delle bombolette che vengono agitate, il rumore provocato dallo spostamento di scale, secchi pieni di vernice o acqua e, naturalmente, il traffico e le voci dei passanti. Complimenti, parole di ammirazione, curiosità, stupore, gioia e a volte anche rabbia o amarezza. Il confronto con il pubblico, che ogni artista vive in maniera assai personale, avviene immediatamente, senza filtri, senza censure o pudore. Forse è proprio questo stretto contatto con la gente uno dei tanti fattori che spinge sempre più persone a produrre opere di street art o ad appassionarsi a questo movimento artistico.
Quando un murale è finito, dopo le foto di rito, si ritorna a casa con le ossa rotte, sporchi, con uno zaino pieno di sorrisi e con le occhiaie, ma anche con tante storie. Quelle vissute sulla propria pelle in quei lunghi giorni folli e quelle che le persone sentono la necessità di raccontare a chi dipinge. E sono molte. Ancora oggi resta, per me, un mistero il perché la gente empatizzi immediatamente con chi dipinge un muro e senta la necessità di fare domande o esporre la propria opinione. La street art ha il dono di parlare a tutti, nessuno escluso, e molti sentono il diritto/dovere di esprimersi in merito a quanto sta avvenendo davanti ai loro occhi. L’insieme delle storie e delle esperienze fa sì che ogni murale sia unico e irripetibile, per gli artisti ma anche per le persone e quindi, a tutti gli effetti, è un’autentica opera d’arte.” (dal testo di Giorgio Silvestrelli)
Opening sabato 7 maggio ore 18
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