Neïl Beloufa. The Moral of the Story

© Neïl Beloufa and Fondazione Henraux. | Neïl Beloufa, The Moral of the Story, 2021 I Ph. Nicola Gnesi

 

Dal 21 Maggio 2021 al 20 Settembre 2021

Milano

Luogo: Piazza Liberty

Indirizzo: Piazza Liberty

Orari: Accesso libero e senza limite orario

Curatori: Edoardo Bonaspetti


Fondazione Henraux presenta The Moral of the Story dell’artista franco-algerino Neïl Beloufa (Parigi, 1985), a cura di Edoardo Bonaspetti. Il progetto, concepito per lo spazio pubblico dell’anfiteatro di Apple Piazza Liberty a Milano, è composto da quattro installazioni decorate con bassorilievi e intarsi di marmi policromi che raffigurano i capitoli di una favola scritta dall’artista.

L’intervento, in una delle piazze del centro di Milano che ha cambiato volto in modo più sensibile negli ultimi anni, è in dialogo con la personale di Beloufa attualmente in corso presso la Fondazione Pirelli HangarBicocca a cura di Roberta Tenconi e troverà la sua conclusione durante la Milano Art Week a settembre.
 
La pratica di Beloufa è caratterizzata da un linguaggio stratificato, da un’attenzione alla sperimentazione tecnologica e dalla costruzione di ambienti immersivi. La relazione tra opera e spettatore è al centro di The Moral of the Story: i protagonisti della favola – un cammello, delle volpi e una colonia di formiche – affrontano una serie di disavventure rintracciabili sulle superfici marmoree delle postazioni, disposte in ordine non cronologico. L’esito è un gioco tra realtà e finzione in cui è il visitatore stesso a connettere forme, storie e idee. I capitoli della storia possono essere esplorati anche attraverso smartphone grazie a codici QR che rimandano a una voce narrante e illustrazioni.
 
La scelta di realizzare delle sedute come elementi di arredo urbano per narrare una favola, l’utilizzo delle scanalature dei bassorilievi per rendere “disfunzionali” le superfici dei tavoli e di campiture di colori che confondono i contorni delle figure rappresentate, sono tutte azioni che ci spingono a decidere cosa vedere o riconoscere. Sta dunque allo spettatore rapportarsi liberamente con le opere e giocare con il testo della favola per scoprire cosa sia cosa. L’artista altera così le relazioni di potere tra autore e pubblico, tra oggetto e opera, offrendo dei modelli espositivi più consapevoli e orizzontali, nella speranza che possano innescare nuove letture del nostro presente. Sfruttando le strategie dell’intrattenimento per intervenire sul modo in cui reagiamo a rappresentazioni e contesti, Beloufa realizza una mostra come sistema “aperto”, risultato di una pratica che adotta registri estetici intenzionalmente destabilizzanti.
 
Le opere, prodotte dall’azienda Henraux con avanzate tecnologie di lavorazione 3D del marmo e rifinite a mano da abili maestranze, sono visibili sia durante il giorno che nelle ore serali. The Moral of the Story di Neïl Beloufaoffre un’opportunità di riflessione attraverso una ricerca artistica e un linguaggio simbolico che riconoscono nella sperimentazione e nella condivisione gli strumenti privilegiati per il cambiamento.

Neïl Beloufa è nato nel 1985 a Parigi dove vive e lavora. La sua pratica spazia dal cinema, alla scultura e all’installazione, indirizzando i suoi interessi verso meccanismi di interpretazione del reale, ambiti che esplora senza giudizio morale, cinismo culturale o ironia, anche se a volte con umorismo. Il suo lavoro è stato oggetto di mostre monografiche presso numerose istituzioni internazionali, tra cui Schirn Kunsthalle, Francoforte (2018); Palais de Tokyo, Parigi (2018 e 2012); K11, Shanghai (2016); MoMA, New York (2016); Schinkel Pavillon, Berlino (2015); ICA, Londra (2014); Hammer Museum, Los Angeles (2013). Le sue opere sono state inoltre incluse in prestigiose rassegne come l’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (2019 e 2013), la Biennale dell'Immagine in Movimento di Ginevra (2018), la Biennale di Shanghai (2014) e la Biennale di Lione (2013).
 
Testo dell’opera | The Moral of the Story | Neïl Beloufa
 
Capitolo uno
 
Un vecchio cammello che sin da giovanissimo portava in giro i turisti era ormai troppo stanco per continuare a farlo. Respirava a fatica a causa dell’aria inquinata della città e quando qualcuno gli saliva in groppa non riusciva più nemmeno ad alzarsi. Gli tremavano le gambe e urlava per i dolori insopportabili.
 
Il suo padrone, che si era sempre occupato di lui, gli consigliò di andare a riposarsi nel deserto. Camminando e camminando nella stessa direzione, sotto il sole battente, il cammello si accorse d’improvviso che il paesaggio era cambiato: era arrivato finalmente nel deserto. E si era perso.
 
A memoria di cammello una cosa così non era mai accaduta.
 
Capitolo due
 
Un piccolo fennec capitò li per caso e cercò subito di approfittare della situazione. Propose al cammello smarrito di seguirlo verso una piccola oasi dove viveva con la sua numerosa famiglia. Là, disse, c’è acqua e si vive bene. “L’unico problema è che non ci sono rifugi in cui ripararsi dai raggi del sole”. Il cammello ascoltò con interesse solo la prima parte del discorso e incominciò ad immaginare un paradiso verde e lussureggiante.
 
Quando invece arrivarono, il vecchio cammello, sudando copiosamente, collassò proprio vicino alla pozza d’acqua. Il suo disappunto fu grande quando vide che tutto intorno era secco come nel deserto. La piccola volpe notò tuttavia che le enormi gobbe del cammello proiettavano sul terreno una perfetta zona ombreggiante. Avendo sempre sognato di fare un riposino al fresco colse l’occasione e chiese: “Cammello, posso sdraiarmi vicino a te? Mi proteggerai dal sole?”
 
A memoria di fennec nessuno aveva mai avuto un pensiero del genere.
 
Capitolo tre
 
Il cammello accettò, ma a una condizione. Se la volpe voleva sfruttare la sua ombra, gli avrebbe dovuto portare in cambio un piccolo sasso. Il fennec accettò e andò a prendere il sasso. Sotto al sasso viveva una colonia di formiche. Prese di sorpresa e dal panico, decine di formiche se ne uscirono, e cominciarono a cercare un altro rifugio.
 
I fratelli e le sorelle della piccola volpe, che di solito scavano buche per farne tane, trovarono alquanto vantaggioso scambiare le pietre per dei posti all’ombra della gobba del cammello. Uno dopo l’altro decisero di non scavare più e di andare invece a cavare sassi nel deserto.
 
L’impassibile cammello accettò tutti i nuovi ospiti che portarono il sasso. Chiese solo che
si mettessero in fila, incolonnandosi uno sopra all’altro. La sua collezione cresceva a vista d’occhio.
 
Si costruì in poco tempo un muro e nessuno si accorse delle centinaia di formiche che si agitavano sotto il sole accecante. “Qualcuno ha visto almeno un sassolino?” E si disperavano l’una con l’altra.
 
A memoria di formica questa cosa non si era mai vista.
 
Capitolo quattro
 
A un certo punto c’erano più e più volpi e sempre meno ombra. Il cammello, avendo paura di essere sgridato per non aver mantenuto la promessa, svegliò il piccolo fennec nel bel mezzo del suo pisolino. Gli disse che se avesse voluto finire di riposarsi avrebbe dovuto portare un’altra pietra. In effetti l’ultima volpe arrivata non trovò più spazio all’ombra delle gobbe o del muro. “Ti dico questo per correttezza, devi contribuire al bene comune: più grande il muro più grande sarà l’ombra a disposizione e tutti saranno contenti!”
 
Nel deserto la notizia aveva incominciato a circolare. Carovane di fennec arrivarono all’oasi; ciascuna volpe col suo sassolino in bocca. Ognuna aveva immaginato il suo paradiso.
 
Ma ogni volpe ormai era costretta a cercare i sassi sempre più lontano ed era sempre più stanca quando ritornava. Nel deserto tutt’intorno le volpi si contendevano ormai fra di loro i pochi ciottoli rimasti. Consapevole del problema il cammello ormai accettava anche pietruzze piccolissime, concedendo di conseguenza pisolini cortissimi.
 
Migliaia di formiche si stufarono di essere cacciate dai loro formicai, e si unirono per scavare il più grosso tunnel mai visto.
 
A memoria di cammello questa era la soluzione migliore.
 
Capitolo cinque
 
La terza volta che il cammello chiese alla volpe di andare a cercare un’altra pietra lei sbuffò.
 
Il continuo andirivieni aveva demoralizzato tutte le volpi. Il fennec chiese allora alle altre volpi: “Perché continuiamo a costruire il grande muro invece di scavare tane come al solito?” Sembravano tutte disperate. “Ahh, sarebbe stato così più semplice! Ma come abbandonare il muro che abbiamo costruito con tanta fatica e in cui abbiamo creduto così fortemente?” La volpe non insistette e abbandonò la sua idea.
 
Nessuno aveva mai visto una situazione del genere a memoria di fennec.

Capitolo sei
 
La piccola volpe, che si era rifiutata di andare a cercare un altro sasso, da lontano vide un temporale che si stava avvicinando. Non esitò ad allertare i propri compagni. Alcuni non vollero lasciare il loro riparo all’ombra (mica sono stupidi i fennec) mentre altri fennec andarono a rifugiarsi sulla cima della duna di sabbia delle formiche.
 
I fennec non la smettevano di battibeccare. Le formiche a questo punto erano divise e il cammello osservava tutti bonariamente.
 
Improvvisamente un primo colpo di vento fece traballare il muro di sassi. Le formiche e i fennec tremavano.
 
I fulmini scoppiarono in cielo e la pioggia cadde copiosa sulla terra arida. Il cammello però non volle allontanarsi dal muro. Quello era il suo muro!
 
Le formiche, si raggrupparono e si unirono l’un l’altra a formare una zattera di fortuna in cui si riversarono decine di milioni di formiche.
 
E la pioggia venne giù sempre di più e sempre più forte.
 
Il cammello sollevò le sue due gobbe e si arrampicò in cima al muro. I fennec drizzarono
le loro orecchie malridotte dal vento. Le formiche si tenevano l’un l’altra, trattenendo il respiro e cantando canzoni di mare. E la pioggia venne giù sempre di più e sempre più forte.
 
Nulla di simile era mai accaduto a memoria di formica.
 
Epilogo
 
Quando sopraggiunse l’alba, la luce del sole brillava sull’acqua calma. Non lontano dalle piccole gobbe di due isole, circondato da una moltitudine di orecchi, una colonia su una zattera veniva trascinata dalla corrente.
 
Era un nuovo mondo.
 
Nulla di simile era mai accaduto a memoria di deserto.

 

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