Da uno studio dell’Università di Ferrara
I probiotici dell’arte: scoperti i batteri “restauratori”
![](http://www.arte.it/foto/600x450/a0/85747-1135f078f91fbb9d0a39d47174e02280.jpg)
Carlo Bononi, Incoronazione della Vergine. Ferrara, Basilica di Santa Maria in Vado. Nicola Quirico [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], from Wikimedia Commons
Francesca Grego
10/12/2018
Ferrara - Ci sono batteri che fanno bene alla salute. Anche a quella delle opere d’arte. Se la medicina ha trovato nel microbiota umano la frontiera del futuro, il mondo della conservazione e del restauro non è da meno e si prepara a sfruttare a proprio vantaggio la fauna invisibile che popola la superficie dei quadri.
La svolta arriva da uno studio interdisciplinare condotto dall’Università di Ferrara sul dipinto settecentesco l’Incoronazione della Vergine di Carlo Bononi, rimosso dalla Basilica di Santa Maria in Vado in seguito al sisma del 2012 e bisognoso di restauro.
Sotto osservazione batteri e funghi che colonizzano le tele antiche, nutrendosi di pigmenti come la lacca rossa e le terre rosse e gialle: “banchetti” che a lungo andare degradano il dipinto, ma che possono essere neutralizzati dall'introduzione di batteri “buoni”, i probiotici dell’arte.
A partire da un piccolo campione di tela, l’equipe guidata dalla microbiologa Elisabetta Caselli ha realizzato un vero e proprio censimento dei microrganismi presenti sui materiali pittorici e sulla tela del capolavoro di Bononi: tecniche di microscopia e colture microbiche hanno permesso di isolare i diversi ceppi di batteri, oltre che funghi appartenenti ai generi Aspergillus, Penicillium, Cladosporium e Alternaria.
"Da anni il Centro Interdipartimentale CIAS dell’Ateneo si occupa di ricerche sul popolazioni microbiotiche, soprattutto in ambito ospedaliero” ha spiegato la professoressa Caselli, “dove ha dimostrato che il trattamento con batteri probiotici del genere Bacillus può rimodulare stabilmente il microbiota sulle superfici ospedaliere, riducendo fortemente la contaminazione da patogeni, e le conseguenti infezioni associate. Sulla base di questi dati, il gruppo ha ipotizzato che la ‘rimodulazione’ del microbiota possa essere un principio generale applicabile in molti campi, tra cui quello della conservazione dei beni culturali e delle opere d'arte, cercando pertanto di studiare questo aspetto nel corso delle attività di restauro dell'opera del Bononi".
Mappa del microbiota alla mano, è scattato quindi il contrattacco: si è testata la sensibilità dei microrganismi contaminanti ai batteri Bacillus, che si sono rivelati in grado di inibire la crescita di tutte le specie microbiche isolate dal quadro, fornendo le basi per un futuro utilizzo sulle opere d’arte. In passato ci sono già stati riscontri positivi su sculture e monumenti in pietra, mentre per quanto riguarda i dipinti i ricercatori di Ferrara stanno svolgendo ulteriori prove su substrati simili a quelli della tela di Bononi per verificare che, passando dagli esperimenti in vitro alla realtà, i Bacillus non danneggino in alcun modo la superficie pittorica.
Potrebbe essere una rivoluzione per il mondo del restauro. E in futuro il microbiota dei quadri potrebbe anche essere utilizzato per verificarne l’autenticità.
Per saperne di più sullo studio del CIAS dell’Università di Ferrara è possibile consultare online l’articolo pubblicato dai ricercatori della professoressa Caselli sulla rivista scientifica PLOS ONE.
Vedi anche:
• FOTO: Tributo a Carlo Bononi, pittore ferrarese
La svolta arriva da uno studio interdisciplinare condotto dall’Università di Ferrara sul dipinto settecentesco l’Incoronazione della Vergine di Carlo Bononi, rimosso dalla Basilica di Santa Maria in Vado in seguito al sisma del 2012 e bisognoso di restauro.
Sotto osservazione batteri e funghi che colonizzano le tele antiche, nutrendosi di pigmenti come la lacca rossa e le terre rosse e gialle: “banchetti” che a lungo andare degradano il dipinto, ma che possono essere neutralizzati dall'introduzione di batteri “buoni”, i probiotici dell’arte.
A partire da un piccolo campione di tela, l’equipe guidata dalla microbiologa Elisabetta Caselli ha realizzato un vero e proprio censimento dei microrganismi presenti sui materiali pittorici e sulla tela del capolavoro di Bononi: tecniche di microscopia e colture microbiche hanno permesso di isolare i diversi ceppi di batteri, oltre che funghi appartenenti ai generi Aspergillus, Penicillium, Cladosporium e Alternaria.
"Da anni il Centro Interdipartimentale CIAS dell’Ateneo si occupa di ricerche sul popolazioni microbiotiche, soprattutto in ambito ospedaliero” ha spiegato la professoressa Caselli, “dove ha dimostrato che il trattamento con batteri probiotici del genere Bacillus può rimodulare stabilmente il microbiota sulle superfici ospedaliere, riducendo fortemente la contaminazione da patogeni, e le conseguenti infezioni associate. Sulla base di questi dati, il gruppo ha ipotizzato che la ‘rimodulazione’ del microbiota possa essere un principio generale applicabile in molti campi, tra cui quello della conservazione dei beni culturali e delle opere d'arte, cercando pertanto di studiare questo aspetto nel corso delle attività di restauro dell'opera del Bononi".
Mappa del microbiota alla mano, è scattato quindi il contrattacco: si è testata la sensibilità dei microrganismi contaminanti ai batteri Bacillus, che si sono rivelati in grado di inibire la crescita di tutte le specie microbiche isolate dal quadro, fornendo le basi per un futuro utilizzo sulle opere d’arte. In passato ci sono già stati riscontri positivi su sculture e monumenti in pietra, mentre per quanto riguarda i dipinti i ricercatori di Ferrara stanno svolgendo ulteriori prove su substrati simili a quelli della tela di Bononi per verificare che, passando dagli esperimenti in vitro alla realtà, i Bacillus non danneggino in alcun modo la superficie pittorica.
Potrebbe essere una rivoluzione per il mondo del restauro. E in futuro il microbiota dei quadri potrebbe anche essere utilizzato per verificarne l’autenticità.
Per saperne di più sullo studio del CIAS dell’Università di Ferrara è possibile consultare online l’articolo pubblicato dai ricercatori della professoressa Caselli sulla rivista scientifica PLOS ONE.
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