I segreti dell’arte

Svelato il mistero del volto del Palladio

Palladio. Il mistero del volto | Copia da Bernardino india, Ritratto di Andrea Palladio
 

Francesca Grego

12/04/2017

Vicenza - Ci son voluti oltre quattro secoli ma alla fine è stata fatta luce sul volto di uno dei più illustri architetti della storia. Andrea Palladio aveva una fronte alta e spaziosa, era calvo nella parte anteriore del cranio, con occhi tondi incorniciati da sopracciglia ben disegnate, naso diritto e una folta barba.

Una complessa indagine interdisciplinare ha visto collaborare gli esperti della Polizia Scientifica con gli storici dell’arte del Palladio Museum e i tecnici della Soprintendenza di Verona, Rovigo e Vicenza, fino alla risoluzione dell’appassionante cold case su cui il mondo dell’arte non aveva mai smesso di interrogarsi.
All’origine della vicenda, l’insolita assenza di un ritratto ufficiale, che fin dal Settecento aveva alimentato leggende e dicerie, oltre a un florido mercato di falsi che nel tempo hanno attribuito all’architetto padovano gli aspetti più vari.

Fino alla mostra Palladio, il mistero del volto, al Palladio Museum di Vicenza fino al 18 giugno, che di ritratti credibili o palesemente fasulli ne ha presentati ben 12, provenienti da prestigiose collezioni private e da importanti musei europei e statunitensi.
Fra i casi più clamorosi, un dipinto di Bernardino Licinio acquistato nel 1762 nientemeno che dalla Corona inglese, a qualche decennio dal furbesco tentativo di Giacomo Leoni che cumulò due falsi in una sola opera, attribuendo a Paolo Veronese un’effigie del noto architetto incisa a bulino.
Ma c’è anche un bellissimo dipinto di El Greco, acquisito da Rubens che lo scambiò per un autoritratto di Tintoretto e poi finito nelle collezioni dei Reali di Danimarca: un ottimo candidato, visto che una delle rare fonti antiche sui ritratti del Palladio riferisce dell’esistenza di un’opera firmata proprio dall’artista veneziano.
E ancora, ha risposto all’appello un ritratto del pittore veronese Orlando Flacco, citato dal Vasari nelle sue Vite e arrivato dalla collezione di Ivan Zoltovskij, l’architetto russo che ammirò Palladio al punto da convincere Stalin a farne uno dei modelli della nuova architettura sovietica.

Allestita proprio come una detective story, la mostra sciorina indizi e reperti del caso su una serie di tavoli luminosi: radiografie dei quadri, sezioni stratigrafiche, documenti e vecchie fotografie che gli esperti hanno preso in esame. Metodi di solito impiegati per identificare i criminali, le persone scomparse o i latitanti, come la tecnica del confronto dei volti e dell’age progression, hanno integrato i risultati dell ricerca sulle fonti storiche e delle analisi tradizionali condotte sui dipinti, fino a raggiungere l’agognata verità.

Dei 12 ritratti in mostra, due soli sono “autentici”: accanto al sopracitato quadro di Flacco, fin dall’inizio tra i principali papabili, spunta un’opera alquanto singolare, scovata da uno storico dell’arte americano in un negozio di antiquariato del New Jersey.
Si tratta di un dipinto a olio su una tavoletta di legno di noce delle dimensioni di 22,8x16,8 centimetri: faceva parte di una serie di immagini di uomini famosi, concepite in un formato così piccolo per essere collezionate proprio come le moderne figurine. Qui l’aspetto del Palladio è molto simile a come lo dipinse Flacco, senza differenze degne di nota a parte il cappello che ne copre il cranio pelato.

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