A Roma dall’8 marzo 2017 al 7 gennaio 2018
Le mille vite del Colosseo
Courtesy Electa/SS-COL |
Ipotesi ricostruttiva della fortezza Frangipane
Francesca Grego
07/03/2017
Roma - Luogo di intrattenimento e di morte, icona cinematografica e immagine d’arte, sogno dei poeti, mercato e complesso residenziale: questo e altro è stato l’Anfiteatro Flavio nei suoi quasi 2000 anni di vita. Colosseo. Un’icona, a cura di Rossella Rea, Serena Romano e Riccardo Santangeli Valenzani,ne mette in scena la storia, da domani, 8 marzo, al 7 gennaio 2018 negli ambienti suggestivi dello stesso monumento.
Un affascinante percorso si dipana nel tempo attraverso un centinaio di opere, fra reperti, dipinti, modelli ricostruttivi, fotografie, mentre sulle volte dell’ambulacro sono proiettate sequenze da capolavori del cinema mondiale e preziosi materiali d’archivio dell’Istituto Luce, che ne evidenziano il potente valore simbolico.
Se le immagini di gladiatori e bestie feroci, imperatori vanesi e folle eccitate sono stampate nella mente di tutti, gli stessi abitanti della Città Eterna sanno spesso ben poco di cosa accadde in quella lunga età di mezzo che va dalla caduta dell’Impero ai nostri giorni.
Recenti scavi, per esempio, hanno confermato che nel buio del Medioevo il monumento era popolato da botteghe, chiese, cripte, umili dimore e perfino palazzi aristocratici, di cui sono in mostra eloquenti reperti.
Nel Cinquecento esercitò grande fascino su architetti e pittori, mentre con la Controriforma si pensò di consacrarlo per farne un luogo di culto cattolico, sottraendolo all’aura occulta e pagana che lo avvolgeva. A questo proposito spicca lungo il percorso espositivo il grandioso progetto di Carlo Fontana, ricostruito per l’occasione in un plastico, che prevedeva la costruzione, all’interno del perimetro, di un santuario dedicato ai martiri della Cristianità.
In mancanza di manutenzione, l'Anfiteatro si riempì nei secoli di arbusti, muschi e fiori, arrampicati fin sulle arcate più alte, da cui pendevano fronde pittoresche: uno scenario incantevole e misterioso che affascinò gli artisti di tutta Europa, per raggiungere l’apice della popolarità nel Settecento.
Ai tempi del Grand Tour il Colosseo mise d’accordo perfino neoclassici e romantici: vedutisti, scrittori, curiosi di ogni corrente e paese europeo accorsero a sfidare le terribili zanzare annidate fra la vegetazione, spinti dall’irresistibile attrazione per le rovine. Ecco quindi gli omaggi di grandi artisti come Gaspar Van Wittel, Giovan Battista Piranesi, Jan Frans Van Bloemen, Huber Robert.
Nell’Ottocento arriva finalmente la riscoperta archeologica, con il restauro, la costruzione degli speroni che tuttora puntellano la struttura e gli scavi, che portano alla luce preziosi frammenti scultorei, fra cui emerge la statua di Hestia inclusa nella mostra.
E se durante il fascismo l’Anfiteatro Flavio fa da sfondo alle parate del regime e ispira le architetture del Palazzo della Civiltà Italiana dell’Eur (il cosiddetto “Colosseo Quadrato”), alla caduta di Mussolini vede sfilare i mezzi corazzati americani fra due ali di folla esultante.
Il monumento continuerà a ispirare le arti dei decenni successivi: dal cinema, con i film peplum e i capolavori del neorealismo, alla Pop Art, che lo elegge feticcio della cultura italiana. “Bisognerebbe abbattere il Colosseo e rifarlo uguale, ma di plastica”, sentenzia Goffredo Parise, mentre Renato Guttuso lo include nelle sue tele, come un luogo sacro e palpitante, “metà braciere, metà ossario”.
Il resto è sotto i nostri occhi: un mito secolare che impregna l’immaginario collettivo del mondo, per ripresentarsi in film hollywoodiani, installazioni, performance, video e scatti di artisti di fama internazionale.
Un affascinante percorso si dipana nel tempo attraverso un centinaio di opere, fra reperti, dipinti, modelli ricostruttivi, fotografie, mentre sulle volte dell’ambulacro sono proiettate sequenze da capolavori del cinema mondiale e preziosi materiali d’archivio dell’Istituto Luce, che ne evidenziano il potente valore simbolico.
Se le immagini di gladiatori e bestie feroci, imperatori vanesi e folle eccitate sono stampate nella mente di tutti, gli stessi abitanti della Città Eterna sanno spesso ben poco di cosa accadde in quella lunga età di mezzo che va dalla caduta dell’Impero ai nostri giorni.
Recenti scavi, per esempio, hanno confermato che nel buio del Medioevo il monumento era popolato da botteghe, chiese, cripte, umili dimore e perfino palazzi aristocratici, di cui sono in mostra eloquenti reperti.
Nel Cinquecento esercitò grande fascino su architetti e pittori, mentre con la Controriforma si pensò di consacrarlo per farne un luogo di culto cattolico, sottraendolo all’aura occulta e pagana che lo avvolgeva. A questo proposito spicca lungo il percorso espositivo il grandioso progetto di Carlo Fontana, ricostruito per l’occasione in un plastico, che prevedeva la costruzione, all’interno del perimetro, di un santuario dedicato ai martiri della Cristianità.
In mancanza di manutenzione, l'Anfiteatro si riempì nei secoli di arbusti, muschi e fiori, arrampicati fin sulle arcate più alte, da cui pendevano fronde pittoresche: uno scenario incantevole e misterioso che affascinò gli artisti di tutta Europa, per raggiungere l’apice della popolarità nel Settecento.
Ai tempi del Grand Tour il Colosseo mise d’accordo perfino neoclassici e romantici: vedutisti, scrittori, curiosi di ogni corrente e paese europeo accorsero a sfidare le terribili zanzare annidate fra la vegetazione, spinti dall’irresistibile attrazione per le rovine. Ecco quindi gli omaggi di grandi artisti come Gaspar Van Wittel, Giovan Battista Piranesi, Jan Frans Van Bloemen, Huber Robert.
Nell’Ottocento arriva finalmente la riscoperta archeologica, con il restauro, la costruzione degli speroni che tuttora puntellano la struttura e gli scavi, che portano alla luce preziosi frammenti scultorei, fra cui emerge la statua di Hestia inclusa nella mostra.
E se durante il fascismo l’Anfiteatro Flavio fa da sfondo alle parate del regime e ispira le architetture del Palazzo della Civiltà Italiana dell’Eur (il cosiddetto “Colosseo Quadrato”), alla caduta di Mussolini vede sfilare i mezzi corazzati americani fra due ali di folla esultante.
Il monumento continuerà a ispirare le arti dei decenni successivi: dal cinema, con i film peplum e i capolavori del neorealismo, alla Pop Art, che lo elegge feticcio della cultura italiana. “Bisognerebbe abbattere il Colosseo e rifarlo uguale, ma di plastica”, sentenzia Goffredo Parise, mentre Renato Guttuso lo include nelle sue tele, come un luogo sacro e palpitante, “metà braciere, metà ossario”.
Il resto è sotto i nostri occhi: un mito secolare che impregna l’immaginario collettivo del mondo, per ripresentarsi in film hollywoodiani, installazioni, performance, video e scatti di artisti di fama internazionale.
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