Tra Rothko e Van Eyck, viaggio propiziatorio a cavallo di un pennello
Capodanno in rosso: da Pompei al 2020, sei capolavori raccontano il colore delle feste
Jan van Eyck, Uomo col turbante rosso, 1433, dipinto a olio su tavola. National Gallery, Londra
Francesca Grego
31/12/2020
La zona rossa ci ha rovinato le vacanze? Proviamo a guardarla diversamente. Il rosso è passione, regalità, sangue e vita che pulsa. È attributo di imperatori e cardinali, di Madonne e femme fatale, di pitture rupestri, automobili di lusso e gioielli di haute couture. Che sia scarlatto o vermiglione, porpora o granata, i significati associati a questo colore sono troppo arcaici e potenti per svanire negli angusti orizzonti dell’anno che stiamo per lasciarci alle spalle. Come già gli antichi Romani e le spose dell’Impero cinese, in questo inedito Capodanno casalingo non dimenticheremo di indossare un indumento rosso fuoco né di vestire la tavola del colore della rinascita e della fortuna. Giarrettiere e tovaglie sono finite in fondo a un cassetto? Niente paura: il rito propiziatorio potrà ugualmente avere luogo, ammirando i capolavori che i maestri del passato hanno acceso di cadmio e cinabro, ocra e cocciniglia.
Ne abbiamo scelti sei, ciascuno portatore di una storia.
Pompei, gli affreschi di Villa dei Misteri
Gli affreschi di Pompei erano davvero rossi?
Maschere teatrali, ninfe e fauni danzanti, ospiti e anfitrioni intenti a godersi banchetti senza precedenti nella storia: gli affreschi delle dimore vesuviane sembrano fatti per non passare inosservati, primi tra tutti quelli della celebre Villa dei Misteri. Il loro segreto? Lo sfondo naturalmente, dipinto nel leggendario rosso pompeiano. Recenti ricerche archeologiche, tuttavia, sembrano svelare un sorprendente retroscena: a produrre la caratteristica sfumatura di colore sarebbero stati i gas e il calore prodotti dall’eruzione del vulcano. Secondo questa teoria, i muri di Pompei erano originariamente dipinti di ocra gialla. Gli abitanti della gaudente colonia romana, insomma, non avrebbero mai potuto rallegrarsi di tanta meraviglia riservata a noi dal caso e dalla storia.
Lorenzo Lotto, Ritratto di Marsilio Cassotti e sua moglie Faustina, 1523, Olio su tela, 84 × 71 cm, Madrid, Museo del Prado
Lorenzo Lotto e lo scarlatto veneziano: il Ritratto di Marsilio Cassotti e Faustina Assonica
A Venezia il Cinquecento è il secolo dello scarlatto. Gelosissimi artigiani ne custodiscono l’arte “ingegnosa e degna di intelletti acuti”, scrive Giovan Ventura Rossetti nel primo trattato d’arte tintoria dell’era moderna, e una magistratura apposita, quella addetta alle Pompe, ne sanziona l’abuso. Prima ancora che un colore, lo scarlatto veneziano è una stoffa per pochi eletti, la stoffa del lusso e della fortuna. Cremisi, carminio, vermiglio, rosso sangue brillano sulle tele di Lorenzo Lotto, l’artista del colore per eccellenza. Nel questo quadro il colore partecipa alla nascita della ritrattistica moderna: indizi di status e del gusto personale dei protagonisti si fondono con una fine psicologia nel delineare la personalità degli sposi, i facoltosi Marsilio Cassotti e Faustina Assonica, nel primo ritratto nuziale italiano.
Pieter Paul Rubens, Educazione di Maria de' Medici, 1623-1625 circa. Olio su tela. Musée du Louvre, Parigi I Pieter Paul Rubens Public Domain via Wikimedia Commons
Da Caravaggio a Rubens: sensualità divina nell’Educazione di Maria de’ Medici
Nei dipinti fiamminghi il rosso occupa un posto speciale: basti pensare all’Autoritratto con turbante rosso di Van Eyck, al baldacchino dei misteriosi coniugi Arnolfini o alle Madonne dai manti infuocati, che spiccano per opulenza nella pur ricchissima tavolozza dello stesso autore. Ma sarebbero esistiti senza il rosso i sensuali incarnati di Rubens? Nomen omen: seguendo un destino scritto già nel suo cognome, il grande pittore barocco incendiò di sontuose cromie scene sacre e profane, effigi di Cristi, dame e regnanti. In questo quadro l’artista ricorda gli scenografici drappi di Caravaggio (uno tra tanti, quello della Morte della Vergine, fulcro dell’espressività di uno scandaloso capolavoro): anche in Rubens il drappo rosso accompagna l’immagine del divino, qui nelle sembianze di Hermes, che guida l’educazione della giovane Maria de’ Medici, e di un Apollo suonatore di violoncello, nel cui scudo echeggia ancora la Medusa caravaggesca.
Henri Matisse, Armonia in rosso, 1908. Olio su tela, 180 x 220 cm I San Pietroburgo, Museo Statale dell'Ermitage
Un concerto di colori: l’Armonia in rosso di Matisse
“Belve!”, tuonarono i critici del Salon d’Automne nel 1905 davanti all’audacia di Matisse, Derain e compagni. E l’etichetta di Fauves gli rimase attaccata per sempre. “Selvaggio” era l’uso del colore, steso in campiture piatte e tonalità pure, quasi una violenza per gli occhi. Il rosso, manco a dirlo, era protagonista. Simbolo di un momento magico è questo capolavoro dell’Ermitage di San Pietroburgo. Qui la prospettiva si azzera e lo spazio si fa emozione soggettiva. L’interno borghese con la domestica intenta ad apparecchiare contrasta con il carattere rivoluzionario del dipinto. Tutto è ritmo e decorazione: come in una composizione musicale - “armonia”, appunto - ogni elemento si dispone intorno al colore rosso, vero fulcro della tela.
Tamara de Lempicka, La tunique rose, 1927 I Collezione privata I Foto © Sotheby's
Di tele e di rossetti: la Tunique rose di Tamara de Lempicka, un dipinto da record
Che la star dell’Art Déco Tamara de Lempicka amasse il rosso come nessun altro colore non è un segreto: foulard svolazzanti, abiti alla moda e cappelli simili a oggetti di design vestono le bellezze conturbanti ritratte nei suoi quadri di sfumature che vanno dal vermiglio al rosso fuoco. Ma la più grande passione della pittrice polacca era il rossetto, un must per se stessa e per le sue modelle, al punto da spingere la casa cosmetica Revlon a chiederle di creare una nuance di lipstick per labbra da scandalo. Qui Tamara ci regala un dipinto da Guinness: il 12 novembre del 2019 il ritratto della sua musa e amante Rafaëla coperta solo di una sottoveste rossa ha fatto furore da da Sotheby’s, prima di essere aggiudicato per 209 milioni di dollari, battendo ogni precedente record dell’artista.
Mark Rothko, Red, Orange, Orange on Red, 1962. Olio su tela I © Saint Louis Art Museum
Red, Orange, Orange on Red: un tuffo nell’assoluto con Mark Rothko
“Ho paura soltanto di una cosa, amico mio. Un giorno il nero ingoierà il rosso”, scriveva Rothko. Prima del suo misterioso suicidio, l’artista americano ci regalerà qualcosa di molto vicino all’esperienza del colore come assoluto. I suoi rossi in particolare sembrano brillare come se una luce li illuminasse dall’interno. Nessuna figura, forma o volume interviene a distrarci dalla potenza di cromie sature e fluttuanti, e sinceramente non ne sentiamo il bisogno. Per Rothko l’arte è rivelazione. Anche se all’inizio nessuno lo capisce, ha colpito nel segno: resteremmo ore a contemplare le sue serie, come un miracolo. Lui dice: “Sono un realista. I miei quadri sono fatti di cose”. Ma quali cose? Quale realtà?
A chi desiderasse approfondire l’argomento consigliamo il libro Rosso. Storia di un colore di Michel Pasteoreau (Ponte alle Grazie). Intanto buon Capodanno!
Ne abbiamo scelti sei, ciascuno portatore di una storia.
Pompei, gli affreschi di Villa dei Misteri
Gli affreschi di Pompei erano davvero rossi?
Maschere teatrali, ninfe e fauni danzanti, ospiti e anfitrioni intenti a godersi banchetti senza precedenti nella storia: gli affreschi delle dimore vesuviane sembrano fatti per non passare inosservati, primi tra tutti quelli della celebre Villa dei Misteri. Il loro segreto? Lo sfondo naturalmente, dipinto nel leggendario rosso pompeiano. Recenti ricerche archeologiche, tuttavia, sembrano svelare un sorprendente retroscena: a produrre la caratteristica sfumatura di colore sarebbero stati i gas e il calore prodotti dall’eruzione del vulcano. Secondo questa teoria, i muri di Pompei erano originariamente dipinti di ocra gialla. Gli abitanti della gaudente colonia romana, insomma, non avrebbero mai potuto rallegrarsi di tanta meraviglia riservata a noi dal caso e dalla storia.
Lorenzo Lotto, Ritratto di Marsilio Cassotti e sua moglie Faustina, 1523, Olio su tela, 84 × 71 cm, Madrid, Museo del Prado
Lorenzo Lotto e lo scarlatto veneziano: il Ritratto di Marsilio Cassotti e Faustina Assonica
A Venezia il Cinquecento è il secolo dello scarlatto. Gelosissimi artigiani ne custodiscono l’arte “ingegnosa e degna di intelletti acuti”, scrive Giovan Ventura Rossetti nel primo trattato d’arte tintoria dell’era moderna, e una magistratura apposita, quella addetta alle Pompe, ne sanziona l’abuso. Prima ancora che un colore, lo scarlatto veneziano è una stoffa per pochi eletti, la stoffa del lusso e della fortuna. Cremisi, carminio, vermiglio, rosso sangue brillano sulle tele di Lorenzo Lotto, l’artista del colore per eccellenza. Nel questo quadro il colore partecipa alla nascita della ritrattistica moderna: indizi di status e del gusto personale dei protagonisti si fondono con una fine psicologia nel delineare la personalità degli sposi, i facoltosi Marsilio Cassotti e Faustina Assonica, nel primo ritratto nuziale italiano.
Pieter Paul Rubens, Educazione di Maria de' Medici, 1623-1625 circa. Olio su tela. Musée du Louvre, Parigi I Pieter Paul Rubens Public Domain via Wikimedia Commons
Da Caravaggio a Rubens: sensualità divina nell’Educazione di Maria de’ Medici
Nei dipinti fiamminghi il rosso occupa un posto speciale: basti pensare all’Autoritratto con turbante rosso di Van Eyck, al baldacchino dei misteriosi coniugi Arnolfini o alle Madonne dai manti infuocati, che spiccano per opulenza nella pur ricchissima tavolozza dello stesso autore. Ma sarebbero esistiti senza il rosso i sensuali incarnati di Rubens? Nomen omen: seguendo un destino scritto già nel suo cognome, il grande pittore barocco incendiò di sontuose cromie scene sacre e profane, effigi di Cristi, dame e regnanti. In questo quadro l’artista ricorda gli scenografici drappi di Caravaggio (uno tra tanti, quello della Morte della Vergine, fulcro dell’espressività di uno scandaloso capolavoro): anche in Rubens il drappo rosso accompagna l’immagine del divino, qui nelle sembianze di Hermes, che guida l’educazione della giovane Maria de’ Medici, e di un Apollo suonatore di violoncello, nel cui scudo echeggia ancora la Medusa caravaggesca.
Henri Matisse, Armonia in rosso, 1908. Olio su tela, 180 x 220 cm I San Pietroburgo, Museo Statale dell'Ermitage
Un concerto di colori: l’Armonia in rosso di Matisse
“Belve!”, tuonarono i critici del Salon d’Automne nel 1905 davanti all’audacia di Matisse, Derain e compagni. E l’etichetta di Fauves gli rimase attaccata per sempre. “Selvaggio” era l’uso del colore, steso in campiture piatte e tonalità pure, quasi una violenza per gli occhi. Il rosso, manco a dirlo, era protagonista. Simbolo di un momento magico è questo capolavoro dell’Ermitage di San Pietroburgo. Qui la prospettiva si azzera e lo spazio si fa emozione soggettiva. L’interno borghese con la domestica intenta ad apparecchiare contrasta con il carattere rivoluzionario del dipinto. Tutto è ritmo e decorazione: come in una composizione musicale - “armonia”, appunto - ogni elemento si dispone intorno al colore rosso, vero fulcro della tela.
Tamara de Lempicka, La tunique rose, 1927 I Collezione privata I Foto © Sotheby's
Di tele e di rossetti: la Tunique rose di Tamara de Lempicka, un dipinto da record
Che la star dell’Art Déco Tamara de Lempicka amasse il rosso come nessun altro colore non è un segreto: foulard svolazzanti, abiti alla moda e cappelli simili a oggetti di design vestono le bellezze conturbanti ritratte nei suoi quadri di sfumature che vanno dal vermiglio al rosso fuoco. Ma la più grande passione della pittrice polacca era il rossetto, un must per se stessa e per le sue modelle, al punto da spingere la casa cosmetica Revlon a chiederle di creare una nuance di lipstick per labbra da scandalo. Qui Tamara ci regala un dipinto da Guinness: il 12 novembre del 2019 il ritratto della sua musa e amante Rafaëla coperta solo di una sottoveste rossa ha fatto furore da da Sotheby’s, prima di essere aggiudicato per 209 milioni di dollari, battendo ogni precedente record dell’artista.
Mark Rothko, Red, Orange, Orange on Red, 1962. Olio su tela I © Saint Louis Art Museum
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“Ho paura soltanto di una cosa, amico mio. Un giorno il nero ingoierà il rosso”, scriveva Rothko. Prima del suo misterioso suicidio, l’artista americano ci regalerà qualcosa di molto vicino all’esperienza del colore come assoluto. I suoi rossi in particolare sembrano brillare come se una luce li illuminasse dall’interno. Nessuna figura, forma o volume interviene a distrarci dalla potenza di cromie sature e fluttuanti, e sinceramente non ne sentiamo il bisogno. Per Rothko l’arte è rivelazione. Anche se all’inizio nessuno lo capisce, ha colpito nel segno: resteremmo ore a contemplare le sue serie, come un miracolo. Lui dice: “Sono un realista. I miei quadri sono fatti di cose”. Ma quali cose? Quale realtà?
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