Padiglione della Costa d'Avorio. Tracce e segni
Dal 01 Giugno 2013 al 24 Novembre 2013
Venezia
Luogo: Spiazzi
Indirizzo: Castello 3865
Orari: da martedì a domenica 10-18
Curatori: Yacouba Konaté
Telefono per informazioni: +39 041 5239711/ 041 5264546
E-Mail info: infospiazzi@libero.it
Sito ufficiale: http://www.spiazzi.info
Il Governo della Costa d’Avorio, tramite il Ministero della Cultura e della Francofonia, partecipa alla 55. Esposizione Internazionale d’Arte - la Biennale di Venezia, una prima assoluta non solo per la Costa d’Avorio, bensì per tutti i paesi dell’Africa occidentale. Anche la Nigeria è alla sua prima partecipazione.
Gli appassionati di arte primitiva riconoscono alla Costa d’Avorio il carattere di una terra di maschere e statue. Il paese, infatti, ha almeno cinque scuole e stili di sculture tradizionali, tra cui le emblematiche maschere Dan, Guéré, Sénoufo, Baoulé e Gouro, che hanno ispirato vari inventori dell’arte moderna occidentale. Per contro, la creazione plastica contemporanea ivoriana è ancora poco nota. In un momento in cui la Costa d’Avorio si affranca da oltre un decennio di crisi (1999-2011), il padiglione ivoriano intende far conoscere meglio il talento e la genialità degli artisti del paese, sottolineando che la creatività e i valori culturali sono destinati a rivestire una rilevanza crescente nella vita nazionale.
Sotto il titolo generale Tracce e segni, il Padiglione della Costa d’Avorio esporrà le opere di quattro artisti:
- Frédéric Bruly Bouabré;
- Tamsir Dia, pittore;
- Jems Koko Bi, scultore;
- Franck Fanny, fotografo.
1. Inventore di un personale alfabeto, fondatore di una propria religione, scrittore, Frédéric Bruly Bouabré è un cacciatore di segni: segni della natura sugli uomini, tracce dell’uomo sulla natura. Attraverso i suoi piccoli disegni, realizzati con una scrittura scarna, senza belletti, reinterpreta il mondo e illustra la sua visione frammentata delle cose, la visione di un uomo nato nel 1921 che, non volendo restare nell’anonimato, si è dotato dei mezzi necessari per iscrivere il proprio nome nella storia dell’arte contemporanea africana.
2. Tamsir Dia è anch’egli un esploratore di tracce. Nato nel 1952, questo docente di arti plastiche si è reso conto che quando un uomo non pratico del mestiere ritinteggia la propria casa, non prepara le pareti, ma si limita a stendere il nuovo strato di pittura sul vecchio. La sua pittura vuole proporsi come la metamorfosi plastica di tale sedimentazione di strati che, come placche sismiche, si muovono e si spingono reciprocamente lasciando intravedere tensioni, rotture, tracce di vita, ricorsi, frammenti della memoria dei luoghi. Il tono generale ocra dei suoi quadri simboleggia l’atmosfera lateritica presente ovunque lungo le strade e nei paesaggi dell’Africa subsahariana.
3. Scultore nato nel 1966, Jems Robert Koko Bi, è una figura nascente dell’arte contemporanea ivoriana. Già studente dell’Istituto Nazionale Superiore di Arti e Azioni Culturali (INSAAC) ad Abidjan e dell’Accademia delle Arti di Düsseldorf, questo habitué della Biennale di Dakar e vari altri appuntamenti internazionali, eccelle nell’intaglio del legno bruciato, il suo materiale preferito con il quale realizza forme di volta in volta figurative, astratte e concettuali. Le opere che presenta a Venezia affrontano il tema della lotta per il potere (si veda Installation de chaises) da un lato e della fuga dei cervelli (si veda Convoi royal) dall’altro.
4. Ha un modo personale di assorbire e distribuire la grana della pelle femminile e lo stridio di alcuni sguardi maschili, un modo sottile di catturare la crudezza e il realismo delle situazioni. Senza pietismo, idealismo o crudeltà, le fotografie di Franck Fanny sviluppano un naturalismo pittorico che trancia le scene sociali come fette dalle quali cola il succo della vita. Nelle sue immagini, i luoghi di vita dei nottambuli si depositano come gioielli con cristalli allucinanti.
Una memoria che archivia non fa rumore. I fatti non incidono la memoria come un disco, modificando invece le nostre vite con tracce e segni che rimandano ad avvenimenti felici o dolorosi con i quali dobbiamo imparare a convivere, ogni giorno.
Gli appassionati di arte primitiva riconoscono alla Costa d’Avorio il carattere di una terra di maschere e statue. Il paese, infatti, ha almeno cinque scuole e stili di sculture tradizionali, tra cui le emblematiche maschere Dan, Guéré, Sénoufo, Baoulé e Gouro, che hanno ispirato vari inventori dell’arte moderna occidentale. Per contro, la creazione plastica contemporanea ivoriana è ancora poco nota. In un momento in cui la Costa d’Avorio si affranca da oltre un decennio di crisi (1999-2011), il padiglione ivoriano intende far conoscere meglio il talento e la genialità degli artisti del paese, sottolineando che la creatività e i valori culturali sono destinati a rivestire una rilevanza crescente nella vita nazionale.
Sotto il titolo generale Tracce e segni, il Padiglione della Costa d’Avorio esporrà le opere di quattro artisti:
- Frédéric Bruly Bouabré;
- Tamsir Dia, pittore;
- Jems Koko Bi, scultore;
- Franck Fanny, fotografo.
1. Inventore di un personale alfabeto, fondatore di una propria religione, scrittore, Frédéric Bruly Bouabré è un cacciatore di segni: segni della natura sugli uomini, tracce dell’uomo sulla natura. Attraverso i suoi piccoli disegni, realizzati con una scrittura scarna, senza belletti, reinterpreta il mondo e illustra la sua visione frammentata delle cose, la visione di un uomo nato nel 1921 che, non volendo restare nell’anonimato, si è dotato dei mezzi necessari per iscrivere il proprio nome nella storia dell’arte contemporanea africana.
2. Tamsir Dia è anch’egli un esploratore di tracce. Nato nel 1952, questo docente di arti plastiche si è reso conto che quando un uomo non pratico del mestiere ritinteggia la propria casa, non prepara le pareti, ma si limita a stendere il nuovo strato di pittura sul vecchio. La sua pittura vuole proporsi come la metamorfosi plastica di tale sedimentazione di strati che, come placche sismiche, si muovono e si spingono reciprocamente lasciando intravedere tensioni, rotture, tracce di vita, ricorsi, frammenti della memoria dei luoghi. Il tono generale ocra dei suoi quadri simboleggia l’atmosfera lateritica presente ovunque lungo le strade e nei paesaggi dell’Africa subsahariana.
3. Scultore nato nel 1966, Jems Robert Koko Bi, è una figura nascente dell’arte contemporanea ivoriana. Già studente dell’Istituto Nazionale Superiore di Arti e Azioni Culturali (INSAAC) ad Abidjan e dell’Accademia delle Arti di Düsseldorf, questo habitué della Biennale di Dakar e vari altri appuntamenti internazionali, eccelle nell’intaglio del legno bruciato, il suo materiale preferito con il quale realizza forme di volta in volta figurative, astratte e concettuali. Le opere che presenta a Venezia affrontano il tema della lotta per il potere (si veda Installation de chaises) da un lato e della fuga dei cervelli (si veda Convoi royal) dall’altro.
4. Ha un modo personale di assorbire e distribuire la grana della pelle femminile e lo stridio di alcuni sguardi maschili, un modo sottile di catturare la crudezza e il realismo delle situazioni. Senza pietismo, idealismo o crudeltà, le fotografie di Franck Fanny sviluppano un naturalismo pittorico che trancia le scene sociali come fette dalle quali cola il succo della vita. Nelle sue immagini, i luoghi di vita dei nottambuli si depositano come gioielli con cristalli allucinanti.
Una memoria che archivia non fa rumore. I fatti non incidono la memoria come un disco, modificando invece le nostre vite con tracce e segni che rimandano ad avvenimenti felici o dolorosi con i quali dobbiamo imparare a convivere, ogni giorno.
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