Dal 7 aprile a Palazzo Bonacossi
Fakes. L'arte del falso va in scena a Ferrara
Fakes. Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani I Courtesy Ferrara Arte
Francesca Grego
05/04/2022
Ferrara - Si racconta che un Michelangelo appena ventenne abbia scolpito un Cupido dormiente, che venne poi sotterrato per dargli un aspetto antico e infine venduto come reperto archeologico per una notevole somma di denaro, non si sa se all’insaputa dell’artista o con la sua complicità. Dal greco Pasitele, che escogitava truffe ai danni dei collezionisti romani, ad Han van Meegeren, che ingannò Goering con i suoi finti Vermeer, fino al controverso caso della Bella Principessa attribuita a Leonardo ma rivendicata dall’abile falsario inglese Shaun Greenhalgh, il fenomeno dei falsi percorre la storia dell’arte da cima a fondo. Secondo l’ex direttore del Metropolitan Museum di New York Thomas Hoving il 40% delle opere conservate nel celebre edificio sulla Fifth Avenue sarebbero dei fake. E lo scrittore Harry Bellet, forte di un passato al Centre Pompidou e alla Fondation Maeght di Saint-Paul-de-Vence, ritiene che questa stima possa essere fin troppo ottimistica: criminali di ogni epoca sono riusciti a eludere gli studi più rigorosi e a fuorviare pesantemente le nostre conoscenze sull’arte del passato.
Fakes. Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani I Courtesy Ferrara Arte
Tuttavia, mentre fino a non molto tempo fa esporre un’opera non autentica rappresentava un tabù per qualsiasi museo - la prova di uno scacco, un’ombra sul valore dell’intera collezione - oggi il falso incuriosisce quasi quanto l’originale. Nasce così la mostra Fakes. Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani, a Ferrara dal 7 aprile. A Palazzo Bonacossi la storia del falso va in scena in una versione tutta italiana, riunendo in un unico racconto storie curiose, individui geniali, sculture e dipinti antichi, medievali o moderni, accomunati dall’essere tutti rigorosamente non autentici. Come anticipato dal titolo della mostra, il primo, diabolico eroe di questa avventura è il cremonese Alceo Dossena (1878-1937), capace di imitare stili e opere e di donare alle proprie creazioni la convincente patina del tempo. Studiosi e direttori di musei di tutto il mondo attribuiranno i suoi lavori a maestri del calibro di Simone Martini, Donatello o Verrocchio. Durante la Prima Guerra Mondiale Dossena si metterà in affari con due antiquari romani, spacciando a facoltosi clienti statunitensi sedicenti sculture greche, etrusche, medievali o rinascimentali. Lo scandalo scoppierà soltanto nel 1928, con una lunga scia di processi, durante i quali il falsario inizierà finalmente a firmare e a datare le opere, affermandosi come un virtuoso della scultura del suo tempo.
Fakes. Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani I Courtesy Ferrara Arte
Come all'epoca di Michelangelo, a stimolare l’inventiva degli artisti meno onesti tra Ottocento e Novecento è la crescente domanda di opere antiche da parte dei nobili europei e, ancor più, di ricchissimi americani. Prosperano così il celebre Giovanni Bastianini, abile imitatore del Rinascimento, e il diabolico Icilio Federico Joni, che nella sua autobiografia si definisce un “pittore di quadri antichi”. Specializzato in tavole a fondo oro e nello stile dei Primitivi senesi, Joni produce Madonne ispirate a Duccio di Boninsegna e Simone Martini. Poi lascia “maturare” i dipinti sul terrazzo di casa e voilà, il gioco è fatto: da New York a Dublino, ignari direttori di musei si approvvigionano a una copiosa fonte di arte italiana del Trecento. A lungo gli studiosi si interrogheranno sulla misteriosa scritta “PAICAP”, che compare sul retro di queste tavole. Sarà lo storico dell’arte britannico Kenneth Clark a risolvere l’enigma: è un acronimo e significa esattamente “Per Andare in C* Al Prossimo”.
Icilio Federico Joni, Gesù Bambino, anni Venti del Novecento. Olio su tavola. Fondazione Cavallini Sgarbi
Lo spirito goliardico accomuna Joni ai tre studenti universitari che nel 1984 abbandonarono nel Fosso Reale di Livorno le celebri “teste di Modigliani”, ingannando i più eminenti esperti dell’artista: dei “falsi autentici” creati per scherzo, che hanno richiamato l’attenzione sulla particolare “falsificabilità” delle opere di Modì. Dopo la morte prematura del pittore e scultore livornese, infatti, i suoi lavori hanno acquistato improvvisamente un valore eccezionale e attualmente Modigliani è uno degli artisti più quotati al mondo. Tuttavia il suo primo catalogo contava “soltanto” 337 opere, mentre oggi ne conosciamo più di mille. Come mai?
Queste e altre storie si racconteranno fino al 31 luglio a Palazzo Bonacossi, in un percorso che prosegue a Palazzo Schifanoia, dove troveremo invece un falso “innocente”. Si tratta di una delle due copie fotografiche del Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio conservato a Siracusa e realizzato nel 2020 dalla Fondazione Factum Arte per la mostra Caravaggio. Il contemporaneo, allestita al Mart di Rovereto: un doppio stupefacente, che confonde ancora una volta le carte del vero e del falso, invitando i visitatori a interrogarsi sullo statuto dell’opera d’arte e a conoscere le tecnologie sempre più sofisticate che oggi permettono di riprodurre con incredibile fedeltà dipinti e sculture di ogni tempo.
Fakes. Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani I Courtesy Ferrara Arte
Leggi anche:
• I sei falsari più famosi della storia dell'arte
• Falso o capolavoro? Leonardo da Vinci e il mistero della Bella Principessa
Fakes. Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani I Courtesy Ferrara Arte
Tuttavia, mentre fino a non molto tempo fa esporre un’opera non autentica rappresentava un tabù per qualsiasi museo - la prova di uno scacco, un’ombra sul valore dell’intera collezione - oggi il falso incuriosisce quasi quanto l’originale. Nasce così la mostra Fakes. Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani, a Ferrara dal 7 aprile. A Palazzo Bonacossi la storia del falso va in scena in una versione tutta italiana, riunendo in un unico racconto storie curiose, individui geniali, sculture e dipinti antichi, medievali o moderni, accomunati dall’essere tutti rigorosamente non autentici. Come anticipato dal titolo della mostra, il primo, diabolico eroe di questa avventura è il cremonese Alceo Dossena (1878-1937), capace di imitare stili e opere e di donare alle proprie creazioni la convincente patina del tempo. Studiosi e direttori di musei di tutto il mondo attribuiranno i suoi lavori a maestri del calibro di Simone Martini, Donatello o Verrocchio. Durante la Prima Guerra Mondiale Dossena si metterà in affari con due antiquari romani, spacciando a facoltosi clienti statunitensi sedicenti sculture greche, etrusche, medievali o rinascimentali. Lo scandalo scoppierà soltanto nel 1928, con una lunga scia di processi, durante i quali il falsario inizierà finalmente a firmare e a datare le opere, affermandosi come un virtuoso della scultura del suo tempo.
Fakes. Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani I Courtesy Ferrara Arte
Come all'epoca di Michelangelo, a stimolare l’inventiva degli artisti meno onesti tra Ottocento e Novecento è la crescente domanda di opere antiche da parte dei nobili europei e, ancor più, di ricchissimi americani. Prosperano così il celebre Giovanni Bastianini, abile imitatore del Rinascimento, e il diabolico Icilio Federico Joni, che nella sua autobiografia si definisce un “pittore di quadri antichi”. Specializzato in tavole a fondo oro e nello stile dei Primitivi senesi, Joni produce Madonne ispirate a Duccio di Boninsegna e Simone Martini. Poi lascia “maturare” i dipinti sul terrazzo di casa e voilà, il gioco è fatto: da New York a Dublino, ignari direttori di musei si approvvigionano a una copiosa fonte di arte italiana del Trecento. A lungo gli studiosi si interrogheranno sulla misteriosa scritta “PAICAP”, che compare sul retro di queste tavole. Sarà lo storico dell’arte britannico Kenneth Clark a risolvere l’enigma: è un acronimo e significa esattamente “Per Andare in C* Al Prossimo”.
Icilio Federico Joni, Gesù Bambino, anni Venti del Novecento. Olio su tavola. Fondazione Cavallini Sgarbi
Lo spirito goliardico accomuna Joni ai tre studenti universitari che nel 1984 abbandonarono nel Fosso Reale di Livorno le celebri “teste di Modigliani”, ingannando i più eminenti esperti dell’artista: dei “falsi autentici” creati per scherzo, che hanno richiamato l’attenzione sulla particolare “falsificabilità” delle opere di Modì. Dopo la morte prematura del pittore e scultore livornese, infatti, i suoi lavori hanno acquistato improvvisamente un valore eccezionale e attualmente Modigliani è uno degli artisti più quotati al mondo. Tuttavia il suo primo catalogo contava “soltanto” 337 opere, mentre oggi ne conosciamo più di mille. Come mai?
Queste e altre storie si racconteranno fino al 31 luglio a Palazzo Bonacossi, in un percorso che prosegue a Palazzo Schifanoia, dove troveremo invece un falso “innocente”. Si tratta di una delle due copie fotografiche del Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio conservato a Siracusa e realizzato nel 2020 dalla Fondazione Factum Arte per la mostra Caravaggio. Il contemporaneo, allestita al Mart di Rovereto: un doppio stupefacente, che confonde ancora una volta le carte del vero e del falso, invitando i visitatori a interrogarsi sullo statuto dell’opera d’arte e a conoscere le tecnologie sempre più sofisticate che oggi permettono di riprodurre con incredibile fedeltà dipinti e sculture di ogni tempo.
Fakes. Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani I Courtesy Ferrara Arte
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