A Madrid dal 25 giugno al 29 settembre
Visioni parallele: Velàsquez, Rembrandt e Vermeer si incontrano al Prado
Jan Vermeer, Il geografo, 1669. Olio su tela, 51,6 x 45,4 cm. Frankfurt, Städel Museum
Francesca Grego
25/06/2019
Mondo - “L’unità della pittura occidentale è una delle grandi realtà che rivela l’unità della cultura europea”, scriveva il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset negli anni bui dei nazionalismi novecenteschi. E basta dare un’occhiata alla mostra appena inaugurata al Museo del Prado di Madrid per toccare con mano una lampante verità: “Velàsquez, Rembrandt, Vermeer. Visioni parallele” esplora l’opera di tre icone del XVII secolo evidenziando i molti punti di contatto e la comune “aria di famiglia” tra quelle che a lungo sono state considerate tradizioni distinte e indipendenti, ciascuna espressione di un diverso “carattere nazionale”.
Divise dalla Guerra degli ottant’anni (1568-1648), la pittura spagnola e quella olandese erano in realtà unite da una storia di influenze e di contatti destinati a proseguire, nonché dal senso di appartenenza a una comunità internazionale di artisti che andava dalle Fiandre al Belpaese.
Anche senza il web e gli aeroplani, le novità in pittura viaggiavano veloci da un capo all’altro del continente: tecniche, miti, generi e formati si diffondevano a macchia d’olio come epidemie benefiche, con la complicità di mecenati, collezionisti e mercanti cosmopoliti. Se Filippo IV di Spagna volle essere ritratto da Gerard ter Borch, olandesi erano anche i paesaggisti che il re chiamò da Roma per decorare il Palazzo del Buen Retiro e i celebri scugnizzi di Bartolomé Esteban Murillo altro non erano che la versione andalusa di scene in voga nei Paesi Bassi, con cui il maestro di Sevilla era entrato in contetto tramite i mercanti fiamminghi di stanza nella sua città.
Al Prado oltre 70 capolavori si fanno testimoni della fitta trama che unisce due fari dell’arte del Seicento, non a caso il “secolo d’oro” della pittura di entrambi i paesi. Alle opere del museo madrileno si aggiungono prestigiosi prestiti dal Rijksmuseum di Amsterdam, dalla National Gallery di Londra, dal Metropolitan Museum of Art di New York e dal Mauritshuis dell’Aja, in un itinerario costruito nel segno del confronto. Diego Velàsquez, Rembrandt van Rijn e Jan Vermeer sembrano discorrere attraverso i rispettivi dipinti, intorno ai quali si dispongono i quadri di illustri pittori coevi, da Francisco de Zurbaran a Pieter Claesz, da Frans Hals a El Greco e Josè de Ribera.
Tra ritratti di gentiluomini e buffoni di corte, balzano all’occhio affinità su più livelli: di tecnica con le larghe pennellate derivate da Tiziano, di genere con la diffusione della natura morta, di costume in uno spaccato sulla moda europea, di stile con le diverse declinazioni del realismo, fino alle storie di viaggi e contatti tra i protagonisti della scena artistica del tempo.
Inserita nelle celebrazioni per i 200 anni del Museo Nacional del Prado, la mostra è frutto della collaborazione dell’istituzione madrilena con il Rijksmuseum di Amsterdam e sarà visitabile dal 25 giugno al 29 settembre.
Leggi anche:
• A Madrid per i 200 anni del Prado
Divise dalla Guerra degli ottant’anni (1568-1648), la pittura spagnola e quella olandese erano in realtà unite da una storia di influenze e di contatti destinati a proseguire, nonché dal senso di appartenenza a una comunità internazionale di artisti che andava dalle Fiandre al Belpaese.
Anche senza il web e gli aeroplani, le novità in pittura viaggiavano veloci da un capo all’altro del continente: tecniche, miti, generi e formati si diffondevano a macchia d’olio come epidemie benefiche, con la complicità di mecenati, collezionisti e mercanti cosmopoliti. Se Filippo IV di Spagna volle essere ritratto da Gerard ter Borch, olandesi erano anche i paesaggisti che il re chiamò da Roma per decorare il Palazzo del Buen Retiro e i celebri scugnizzi di Bartolomé Esteban Murillo altro non erano che la versione andalusa di scene in voga nei Paesi Bassi, con cui il maestro di Sevilla era entrato in contetto tramite i mercanti fiamminghi di stanza nella sua città.
Al Prado oltre 70 capolavori si fanno testimoni della fitta trama che unisce due fari dell’arte del Seicento, non a caso il “secolo d’oro” della pittura di entrambi i paesi. Alle opere del museo madrileno si aggiungono prestigiosi prestiti dal Rijksmuseum di Amsterdam, dalla National Gallery di Londra, dal Metropolitan Museum of Art di New York e dal Mauritshuis dell’Aja, in un itinerario costruito nel segno del confronto. Diego Velàsquez, Rembrandt van Rijn e Jan Vermeer sembrano discorrere attraverso i rispettivi dipinti, intorno ai quali si dispongono i quadri di illustri pittori coevi, da Francisco de Zurbaran a Pieter Claesz, da Frans Hals a El Greco e Josè de Ribera.
Tra ritratti di gentiluomini e buffoni di corte, balzano all’occhio affinità su più livelli: di tecnica con le larghe pennellate derivate da Tiziano, di genere con la diffusione della natura morta, di costume in uno spaccato sulla moda europea, di stile con le diverse declinazioni del realismo, fino alle storie di viaggi e contatti tra i protagonisti della scena artistica del tempo.
Inserita nelle celebrazioni per i 200 anni del Museo Nacional del Prado, la mostra è frutto della collaborazione dell’istituzione madrilena con il Rijksmuseum di Amsterdam e sarà visitabile dal 25 giugno al 29 settembre.
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