Fino al 22 aprile 2018 in mostra a Roma
Passioni antiche: 300 anni di Winckelmann ai Musei Capitolini
RMN-Grand Palais / René-Gabriel Ojéda |
Hubert Robert, Vue pittoresque du Capitole avec la Statue Équestre de Marc-Aurèle, Valenciennes, 1774, Musée des Beaux-Arts
Francesca Grego
11/12/2017
Roma - “Vivo come un artista e come tale sono accolto nei luoghi dove ai giovani è permesso di studiare, come nel Campidoglio. Qui è il tesoro delle antichità di Roma e qui ci si può trattenere in tutta libertà dalla mattina alla sera”.
Così il padre dell’archeologia moderna Johann Joachim Winckelmann raccontava il suo primo incontro con gli splendori dell’Urbe, dove giunse nel 1755 grazie a una borsa di studio conferita dal principe elettore di Sassonia.
Ad accoglierlo, la ricca collezione del primo museo pubblico d’Europa, i Musei Capitolini istituiti 22 anni prima da papa Clemente XII.
A 300 anni dalla nascita e a 250 dalla morte del grande studioso, Il Tesoro di Antichità. Winckelmann e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento celebra un appassionato sodalizio destinato a lasciare il segno.
Negli anni successivi, quello studioso di modeste origini avrebbe analizzato a fondo il patrimonio antico della città, rivoluzionando idee consolidate da secoli e dando il via a due trend epocali: la febbre degli scavi archeologici e l’estetica neoclassica, che pervase la cultura del XVIII secolo dalla letteratura alle arti visive.
“Novello Colombo”, lo definì Johann Wolfgang Goethe, in quanto “scopritore di una terra a lungo presagita, menzionata e discussa, e, lo si può ben dire, un tempo conosciuta e poi nuovamente perduta”.
“Winkelmann è il primo – scriveva nel 1796 Quatrémere de Quincy – che classificando le epoche abbia avvicinato la storia ai monumenti e confrontato i monumenti tra loro, abbia scoperto delle caratteristiche sicure, dei principi critici e un metodo che, rettificando una moltitudine di errori, ha preparato la scoperta di una moltitudine di verità”.
L’era dell’archeologia scientifica era iniziata: il territorio di Roma divenne un giacimento di tesori antichi da scoprire, studiare e collezionare.
Una storia affascinante, raccontata ai Musei Capitolini da una mostra imponente divisa in cinque sezioni e distribuita tra i prestigiosi spazi espositivi di Palazzo Caffarelli, le Stanze Terrene di Sinistra e le Sale del Palazzo Nuovo.
Oltre 120 opere, tra sculture, incisioni, dipinti, disegni, preziosi volumi e documenti originali, ripercorrono la storia dei Musei e ricordano il passaggio del celebre archeologo, evidenziando il suo contributo allo studio dell’arte antica.
Dopo quasi 300 anni tornano a Roma le sculture classiche delle Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, un tempo esposte nel Palazzo Albani alle Quattro Fontane, per incontrare le “sorelle” rimaste in Italia, ma anche i disegni a sanguigna di Hubert Robert, realizzati nell’Urbe settecentesca e poi divisi tra il Getty Museum di Los Angeles e i musei di Valence e Valencienne, i ritratti di Pompeo Batoni , le statue egizie amate da papa Benedetto XIV e un magnifico tripode in marmo di Villa d’Este, dal 1797 nelle collezioni del Louvre.
E naturalmente l’immenso patrimonio dei Musei Capitolini che, sorprendentemente, hanno conservato l’impostazione settecentesca per quasi 300 anni.
Rari allestimenti originali e architetture perdute rivivono attraverso installazioni 3D e ricostruzioni dal vero, che riportano al Campidoglio pregevoli opere disposte secondo le indicazioni delle guide del XVIII secolo e di antiche testimonianze grafiche.
Per finire con una full immersion nel lavoro di Winckelmann, dalla rivoluzionaria Storia dell’Arte nell’Antichità a 30 sculture antiche rilette attraverso gli occhi dello studioso tedesco, alla scoperta delle sue geniali intuizioni.
Curata da Eloisa Dodero e Claudio Parisi Presicce, la mostra Il Tesoro di Antichità. Winckelmann e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento si inserisce nel contesto delle manifestazioni europee coordinate Winckelmann Gesellschaft di Stendal, dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma e dai Musei Vaticani in occasione dell’anniversario della nascita e della morte del grande archeologo.
Sarà in programma ai Musei Capitolini fino al 22 aprile 2018.
Leggi anche:
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• Domus, magazzini e tabernae: a Ostia Antica rinasce il Decumano
• Al MADRE “la mostra dell’anno”. I reperti di Pompei dialogano con opere di Warhol e Le Corbusier
Così il padre dell’archeologia moderna Johann Joachim Winckelmann raccontava il suo primo incontro con gli splendori dell’Urbe, dove giunse nel 1755 grazie a una borsa di studio conferita dal principe elettore di Sassonia.
Ad accoglierlo, la ricca collezione del primo museo pubblico d’Europa, i Musei Capitolini istituiti 22 anni prima da papa Clemente XII.
A 300 anni dalla nascita e a 250 dalla morte del grande studioso, Il Tesoro di Antichità. Winckelmann e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento celebra un appassionato sodalizio destinato a lasciare il segno.
Negli anni successivi, quello studioso di modeste origini avrebbe analizzato a fondo il patrimonio antico della città, rivoluzionando idee consolidate da secoli e dando il via a due trend epocali: la febbre degli scavi archeologici e l’estetica neoclassica, che pervase la cultura del XVIII secolo dalla letteratura alle arti visive.
“Novello Colombo”, lo definì Johann Wolfgang Goethe, in quanto “scopritore di una terra a lungo presagita, menzionata e discussa, e, lo si può ben dire, un tempo conosciuta e poi nuovamente perduta”.
“Winkelmann è il primo – scriveva nel 1796 Quatrémere de Quincy – che classificando le epoche abbia avvicinato la storia ai monumenti e confrontato i monumenti tra loro, abbia scoperto delle caratteristiche sicure, dei principi critici e un metodo che, rettificando una moltitudine di errori, ha preparato la scoperta di una moltitudine di verità”.
L’era dell’archeologia scientifica era iniziata: il territorio di Roma divenne un giacimento di tesori antichi da scoprire, studiare e collezionare.
Una storia affascinante, raccontata ai Musei Capitolini da una mostra imponente divisa in cinque sezioni e distribuita tra i prestigiosi spazi espositivi di Palazzo Caffarelli, le Stanze Terrene di Sinistra e le Sale del Palazzo Nuovo.
Oltre 120 opere, tra sculture, incisioni, dipinti, disegni, preziosi volumi e documenti originali, ripercorrono la storia dei Musei e ricordano il passaggio del celebre archeologo, evidenziando il suo contributo allo studio dell’arte antica.
Dopo quasi 300 anni tornano a Roma le sculture classiche delle Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, un tempo esposte nel Palazzo Albani alle Quattro Fontane, per incontrare le “sorelle” rimaste in Italia, ma anche i disegni a sanguigna di Hubert Robert, realizzati nell’Urbe settecentesca e poi divisi tra il Getty Museum di Los Angeles e i musei di Valence e Valencienne, i ritratti di Pompeo Batoni , le statue egizie amate da papa Benedetto XIV e un magnifico tripode in marmo di Villa d’Este, dal 1797 nelle collezioni del Louvre.
E naturalmente l’immenso patrimonio dei Musei Capitolini che, sorprendentemente, hanno conservato l’impostazione settecentesca per quasi 300 anni.
Rari allestimenti originali e architetture perdute rivivono attraverso installazioni 3D e ricostruzioni dal vero, che riportano al Campidoglio pregevoli opere disposte secondo le indicazioni delle guide del XVIII secolo e di antiche testimonianze grafiche.
Per finire con una full immersion nel lavoro di Winckelmann, dalla rivoluzionaria Storia dell’Arte nell’Antichità a 30 sculture antiche rilette attraverso gli occhi dello studioso tedesco, alla scoperta delle sue geniali intuizioni.
Curata da Eloisa Dodero e Claudio Parisi Presicce, la mostra Il Tesoro di Antichità. Winckelmann e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento si inserisce nel contesto delle manifestazioni europee coordinate Winckelmann Gesellschaft di Stendal, dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma e dai Musei Vaticani in occasione dell’anniversario della nascita e della morte del grande archeologo.
Sarà in programma ai Musei Capitolini fino al 22 aprile 2018.
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