Vito Stramaglia e Yonatan Pelles. Kuli alma - Tutto il mondo
Dal 30 Settembre 2015 al 13 Ottobre 2015
Milano
Luogo: Galleria d’Arte Contemporanea Statuto13
Indirizzo: via Statuto 13
Orari: da martedì a sabato 11-19
Curatori: Massimiliano Bisazza
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 62695137
E-Mail info: info@statuto13.it
Sito ufficiale: http://www.statuto13.it
Nel presentare le opere di Vito Stramaglia (giovane artista italiano) e di Yonatan Pelles (giovane israeliano), nella mostra milanese; l'intenzione è sicuramente chiara e lapalissiana: unire i due mondi, le due culture degli artisti; grazie all'ausilio potente dell'Arte.
Nel titolo è già inserito un profondo significato: la lingua aramaica, nonché semitica, segna l'unione tra varie etnie che hanno usato come linguaggio questa antica forma di espressione verbale da oltre 3.000 anni. Il dualismo che intravedo in questa doppia mostra è insito nella volontà di mostrarci un punto di incontro aulico, universale, creativo e umano, tra le culture dei Paesi di provenienza di Vito Stramaglia ( italiano ) e di Yonatan Pelles (israeliano)...e non solo.
La traduzione di questo vocabolo di antica genesi è proprio “Tutto il mondo” e la dice lunga sull'intenzione di fornire alla mostra un panorama vasto e universalmente accessibile all'essere umano in quanto tale.
Milano è sede dell'Expo 2015 che ha proprio l'obiettivo di unire le popolazioni di tutto il mondo attraverso quella grande e festosa opportunità che emerge da un esposizione universale. La mostra ha dunque il piacere/dovere, permettetemi questo ossimoro, di trasmetterci un messaggio di unificazione di culture, di pacificazione e di profondo interscambio sinergico tra i popoli.
Ecco perché le opere dell'artista Stramaglia sono messe a confronto in un dialogo piacevole, raffinato e nobile con quelle di Pelles. In entrambi i casi noto un'ottima conoscenza della tecnica pittorica, dei volumi, delle anatomie, dei paesaggi - sia interiori che in natura, ndr. - e riesco a vedere un profondo sussulto emotivo che si evince in entrambi gli stili dei due giovani artisti:
Vito Stramaglia, dipinge pennellate nervose e intense, esprime un profondo amore per la vita e ci trasmette questa sensazione con l'ausilio di una matericità e generosità di colore tali da arrivare dritto al cuore.
I volti nella sua figurazione sono di matrice espressionista, ci infondono perciò ogni sensazione, anche le più intime, con forza e delicatezza al contempo. Una sorta di antitesi, consapevole, che sa sprigionare un pathos e un'unicità tali da essere presenti sia nei suoi paesaggi naturalistici – altro non sono che paesaggi interiori, di un'anima attenta e sensibile – che nei suoi volti; dai quali spesso non è riconoscibile o vedibile lo sguardo. A volte Torvo, cupo o addirittura celato, rubato come un abbraccio...complice di qualche segreto che non ci è ancora rivelato.
Yonatan Pelles, ci inebria di intense linee di fuga, diagonali spezzate dal colpo di una pennellata di colore; il segno è agitato ma agile al tempo stesso. Quel preciso segno e non un altro; sa dirci quanto animo pieno di passionalità sia inscritto nel DNA dell'artista.
Il lavoro pittorico di Pelles ha una spessore materico minore di quello di Stramaglia ma ciò che l'occhio coglie nella sua unicità è il grande travaglio interiore che si esprime attraverso
i personaggi e protagonisti delle sue tele: ci osservano, si cercano, si sfiorano, con dinamismi prospettici e con quel senso di intimità che mi fa riflettere sulla caducità delle cose e della vita.
Provo agitazione ma attrazione fascinosa verso le sue tele, mi chiedo cosa mi attragga così fortemente verso la superficie dipinta e capisco che è la ricerca di qualcosa del mio vissuto, quella sensazione che fa vibrare le corde di mie reminiscenze personali.
Se di pittura vogliamo parlare penso che l'esempio dei due pittori sopraccitati sia un caso in cui tale pregiata tecnica sia applicata con devozione e profondo senso di ricerca e non mi riferisco solo in senso di “tékhnē”.
Due artisti a confronto, così differenti pittoricamente ma così vicini intellettivamente ed emozionalmente; si ascoltano, si osservano, dialogano pittoricamente, liberi nell'animo e scevri da imposizioni esterne; cercano di allontanare il senso di solitudine che troppo spesso imperversa nelle nostre vite, nella nostra veloce e affamata società contemporanea.
Desidero concludere questo mio scritto con le parole di un grande pittore, un grande maestro, uno dei più grandi di tutti i tempi, colui che, pur rimanendo fuori da qualunque corrente pittorica, ha saputo incedere, grazie alla pittura, nella ricerca del reale e nel sentimento di solitudine:
”Descrivo me stesso ed il mio ambiente, le persone a cui voglio bene, le mie stanze e ciò che conosco”. (cit. Lucien Freud)
Nel titolo è già inserito un profondo significato: la lingua aramaica, nonché semitica, segna l'unione tra varie etnie che hanno usato come linguaggio questa antica forma di espressione verbale da oltre 3.000 anni. Il dualismo che intravedo in questa doppia mostra è insito nella volontà di mostrarci un punto di incontro aulico, universale, creativo e umano, tra le culture dei Paesi di provenienza di Vito Stramaglia ( italiano ) e di Yonatan Pelles (israeliano)...e non solo.
La traduzione di questo vocabolo di antica genesi è proprio “Tutto il mondo” e la dice lunga sull'intenzione di fornire alla mostra un panorama vasto e universalmente accessibile all'essere umano in quanto tale.
Milano è sede dell'Expo 2015 che ha proprio l'obiettivo di unire le popolazioni di tutto il mondo attraverso quella grande e festosa opportunità che emerge da un esposizione universale. La mostra ha dunque il piacere/dovere, permettetemi questo ossimoro, di trasmetterci un messaggio di unificazione di culture, di pacificazione e di profondo interscambio sinergico tra i popoli.
Ecco perché le opere dell'artista Stramaglia sono messe a confronto in un dialogo piacevole, raffinato e nobile con quelle di Pelles. In entrambi i casi noto un'ottima conoscenza della tecnica pittorica, dei volumi, delle anatomie, dei paesaggi - sia interiori che in natura, ndr. - e riesco a vedere un profondo sussulto emotivo che si evince in entrambi gli stili dei due giovani artisti:
Vito Stramaglia, dipinge pennellate nervose e intense, esprime un profondo amore per la vita e ci trasmette questa sensazione con l'ausilio di una matericità e generosità di colore tali da arrivare dritto al cuore.
I volti nella sua figurazione sono di matrice espressionista, ci infondono perciò ogni sensazione, anche le più intime, con forza e delicatezza al contempo. Una sorta di antitesi, consapevole, che sa sprigionare un pathos e un'unicità tali da essere presenti sia nei suoi paesaggi naturalistici – altro non sono che paesaggi interiori, di un'anima attenta e sensibile – che nei suoi volti; dai quali spesso non è riconoscibile o vedibile lo sguardo. A volte Torvo, cupo o addirittura celato, rubato come un abbraccio...complice di qualche segreto che non ci è ancora rivelato.
Yonatan Pelles, ci inebria di intense linee di fuga, diagonali spezzate dal colpo di una pennellata di colore; il segno è agitato ma agile al tempo stesso. Quel preciso segno e non un altro; sa dirci quanto animo pieno di passionalità sia inscritto nel DNA dell'artista.
Il lavoro pittorico di Pelles ha una spessore materico minore di quello di Stramaglia ma ciò che l'occhio coglie nella sua unicità è il grande travaglio interiore che si esprime attraverso
i personaggi e protagonisti delle sue tele: ci osservano, si cercano, si sfiorano, con dinamismi prospettici e con quel senso di intimità che mi fa riflettere sulla caducità delle cose e della vita.
Provo agitazione ma attrazione fascinosa verso le sue tele, mi chiedo cosa mi attragga così fortemente verso la superficie dipinta e capisco che è la ricerca di qualcosa del mio vissuto, quella sensazione che fa vibrare le corde di mie reminiscenze personali.
Se di pittura vogliamo parlare penso che l'esempio dei due pittori sopraccitati sia un caso in cui tale pregiata tecnica sia applicata con devozione e profondo senso di ricerca e non mi riferisco solo in senso di “tékhnē”.
Due artisti a confronto, così differenti pittoricamente ma così vicini intellettivamente ed emozionalmente; si ascoltano, si osservano, dialogano pittoricamente, liberi nell'animo e scevri da imposizioni esterne; cercano di allontanare il senso di solitudine che troppo spesso imperversa nelle nostre vite, nella nostra veloce e affamata società contemporanea.
Desidero concludere questo mio scritto con le parole di un grande pittore, un grande maestro, uno dei più grandi di tutti i tempi, colui che, pur rimanendo fuori da qualunque corrente pittorica, ha saputo incedere, grazie alla pittura, nella ricerca del reale e nel sentimento di solitudine:
”Descrivo me stesso ed il mio ambiente, le persone a cui voglio bene, le mie stanze e ciò che conosco”. (cit. Lucien Freud)
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