Les sentiers battus sont pleins de fictions endormies / I sentieri battuti sono pieni di visioni addormentate
Dal 29 Novembre 2014 al 01 Febbraio 2015
Caraglio | Cuneo
Luogo: CESAC - Il Filatoio di Caraglio
Indirizzo: via Matteotti 40
Orari: da giovedì a sabato 14.30-19; domenica e festivi 10-19; dal 7 gennaio sabato 14.30-19; domenica e festivi 10-19
Curatori: a.titolo
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0171 618260
E-Mail info: info@marcovaldo.it
Sito ufficiale: http://www.marcovaldo.it/
Cos’è un confine? Come lo si rappresenta? Come si costruiscono, e si raccontano, la Storia e le storie delle aree di confine? Queste e altre domande hanno accompagnato il percorso di ricerca e di esplorazione di otto giovani artisti, residenti in Italia e in Francia, chiamati a reinterpretare il territorio transfrontaliero: Franco Ariaudo, Giorgio Cugno, Irene Dionisio, Luca Giacosa, Daniella Isamit Morales, Stephen Loye, Matthieu Montchamp, Cosimo Veneziano.
La mostra finale di questo percorso, dal titolo Les sentiers battus sont pleins de fictions endormies / I sentieri battuti sono pieni di visioni addormentate, è l’ultima tappa di un’esperienza di formazione e residenza svolta nell’arco temporale di oltre un anno, tra Italia e Francia, sotto la direzione artistica del collettivo di curatrici a.titolo nell’ambito del progetto Acteurs transculturels / Creatività giovanile: linguaggi a confronto, condotto dalla Regione Piemonte in partenariato con il Conseil général delle Alpes de Haute-Provence, il Conseil général delle Hautes Alpes e l’Associazione Culturale Marcovaldo di Caraglio.
Accompagnati da due tutor d’eccezione - Luca Vitone e Saâdane Afif - gli artisti hanno ideato progetti e opere che, osservando da inediti punti di vista luoghi, eventi e geografie, interrogano le categorie della Storia e della memoria, i concetti di identità e tradizione, i cliché legati alla descrizione e alla rappresentazione dell’ambiente alpino, dando vita a un insieme di visioni originali sul territorio, sulle sue aperture e sulle sue contraddizioni.
Un viaggio misterioso e irreale nel sottosuolo dove l’acqua si trasforma in energia, un paesaggio attraversato e ricreato a memoria, un giardino in una stanza che emerge dalla notte dei tempi, i profili severi di un forte che ha atteso invano la guerra: queste sono solo alcune delle suggestioni che, attraverso i linguaggi dell’installazione, del cinema, della fotografia e della pittura, la mostra propone al Filatoio di Caraglio dal 29 novembre 2014 al 1 febbraio 2015, dopo la presentazione nei mesi estivi al Castello di Montmaur, a pochi chilometri da Gap.
Il percorso di residenza e formazione che ha coinvolto gli otto artisti selezionati, ha visto lo svolgimento d’incontri e sopralluoghi nelle valli cuneesi e in diverse località delle Alte Alpi e dell’Alta Provenza - dai dintorni di Gap e Digne alle Gorges du Verdon- in relazione con istituzioni culturali, musei, ecomusei ed altri attori del territorio. In questo contesto le curatrici di a.titolo hanno invitato in qualità di tutor nell’ambito di due workshop, l’artista italiano Luca Vitone (Genova, 1964) e il francese Saâdane Afif, entrambi noti e attivi in ambito internazionale. Intrecciando tradizioni popolari, riflessioni politiche e analisi del territorio, Vitone affronta temi legati alla memoria individuale e collettiva, al rapporto tra luogo, comunità e produzione culturale, mentre Afif indaga i concetti di traduzione, autorialità, interdisciplinarietà, collaborazione e produzione.
Finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma Alcotra 2007–2013 “Insieme oltre i confini”, il progetto “Acteurs transculturels / Creatività giovanile: linguaggi a confronto” promuove, in un più ampio quadro disciplinare che vede coinvolte, oltre alle arti visive anche la letteratura, il teatro e la musica, un’idea di formazione artistica che individua nell’incontro e nel mutuo scambio di visioni e competenze uno strumento per accorciare le distanze culturali e geopolitiche che caratterizzano i territori di frontiera dell’arco alpino. Tale obiettivo si coniuga al tempo stesso con la volontà di arricchire gli strumenti professionali a disposizione degli artisti e di accrescerne le opportunità di confronto con differenti retaggi culturali e sociali, nella convinzione che l’arte costituisca un versatile strumento per valorizzare e rileggere in chiave contemporanea i patrimoni locali, siano essi materiali o immateriali.
Il titolo della mostra, ideato durante il workshop con Saâdane Afif, riflettendo sul rapporto tra realtà e rappresentazione, suggerisce infatti come a ogni nuovo sguardo sulla realtà, anche lungo percorsi già esplorati, possa corrispondere una scoperta, e la possibilità di veder nascere nuove narrazioni.
Le opere in mostra
Franco Airaudo (Cuneo 1979, vive a Torino) indaga il fenomeno del turismo “da piazzola di sosta”. Luoghi privilegiati di questa forma di “loisir”, che unisce il pasto all’aperto con la ricerca del contatto con la natura, sonoi bordi delle carreggiate stradali. Con il progetto Sauvage (pret-à-monter), Ariaudo affronta il tema del paesaggio analizzando un rituale collettivo di “addomesticazione” della natura, per disegnare un’insolita mappa del territorio a partire dall’esplorazione dei suoi margini.
Giorgio Cugno (Torino 1979, vive a Bussoleno), esplora il potenziale metaforico e narrativo dell’acqua, intesa quale elemento connettivo generatore di energia. Nella “cinematic installation” dal titolo Outflow, gli interni di due diverse centrali idroelettriche - la Centrale ENEL presso la diga del Chiotas e la Centrale EDF di Serre-Ponson, diventano un unico mondo narrativo. Due personaggi conducono lo spettatore in una dimensione enigmatica e fuori dal tempo dove ogni dettaglio acquisisce molteplici possibili significati.
Irene Dionisio (Torino 1986, vive a Torino) presenta il cortometraggio Quel événement imprévisible, girato nel forte di Mont-Dauphin, imponente struttura difensiva, progettata nel seicento dal famoso architetto militare Vauban, che si erge nella “piana dei mille venti”. Mai toccata da conflitti bellici (fatta eccezione per la bomba lanciata per errore durante il secondo conflitto mondiale), è reinterpretata attraverso il tema dell’attesa e del rapporto tra uomo e architettura, tra passato militare e presente turistico.
Luca Giacosa (Alba 1982, vive a Sambuco) utilizza la luce come metafora della presenza umana nel contesto alpino – luoghi un tempo densamente abitati e oggi spopolati in una serie di fotografie notturne, realizzate con l’esclusivo ricorso all’illuminazione artificiale proveniente dai centri abitati. Giacosa si spinge fino a dove la luce lo consente nella sua ricognizione, in quello spazio evanescente tra luce e ombra che in montagna segnail perimetro del territorio antropizzato.
Stephen Loye (Digne-les-Bains 1989, vive tra Digne e Parigi) propone una versione in miniatura del paesaggio transfrontaliero realizzato con i materiali e gli oggetti (dai souvenir alle cartoline) raccolti o acquistati nell’arco di un viaggio lungo un percorso circolare tra Francia e Italia che inizia e finisce a Digne-les-Bains: 360 gradi in 360 ore (quindici giorni), senza fermarsi più di 24 ore nello stesso luogo. Il risultato è un paesaggio “affettivo” e completamente reinventato, nelle sue distanze e nelle sue proporzioni.
Il progetto pittorico di Matthieu Montchamp (Parigi 1979, vive a Marsiglia) si concentra sulle architetture e sugli apparati militari che fino alla seconda guerra mondiale hanno modellato e modificato il paesaggio alpino. Belvédère des barbelés (belvedere dei fili spinati) combina gli esiti dell’osservazione diretta delle tracce di questo passato con riferimenti ai poco noti rapporti tra l’industria bellica e le avanguardie storiche, attraverso la ripresa dei pattern astratti utilizzati come motivi mimetici.
Daniella Isamit Morales (Caracas 1982, vive e Torino) esplora l’idea del paesaggio primordiale delle zone transalpine, in un’installazione realizzata con alcuni esemplari di piante che gli studiosi presumono già esistenti in queste zone duecento milioni di anni fa, nel periodo Triassico. Corredata da illustrazioni e calchi di piante fossili, tra il cabinet scientifico e il giardino tropicale, Acta Herbarium crea un paesaggio ipotetico, interrogando i concetti stessi di territorio e di “origine geografica”.
Interessato a una nozione di paesaggio definita dalle “strutture che individuano gli spazi” e dagli “attori che li qualificano”, Cosimo Veneziano (Moncalieri 1983, vive a Torino) esamina un’altra geografia transfrontaliera, una geografia identitaria, quella dell’Occitania, attraverso immagini e cartografie, individuate nell’ambito di una ricerca effettuata su periodici e pubblicazioni datati tra il 1970 e il 2000 riformulate attraverso il disegno, per dar vita a un personale archivio storico, “opaco” e di difficile consultazione.
Per seguire “a distanza” il work in progress e la mostra è stato creato un blog costantemente aggiornato che vuole essere anch’esso terreno di confronto e scambio; su HYPERLINK "http://acteurstransculturels.wordpress.com/" http://acteurstransculturels.wordpress.com/ e sulla pagina FB del progetto è possibile incontrare gli artisti e le loro opere.
La mostra finale di questo percorso, dal titolo Les sentiers battus sont pleins de fictions endormies / I sentieri battuti sono pieni di visioni addormentate, è l’ultima tappa di un’esperienza di formazione e residenza svolta nell’arco temporale di oltre un anno, tra Italia e Francia, sotto la direzione artistica del collettivo di curatrici a.titolo nell’ambito del progetto Acteurs transculturels / Creatività giovanile: linguaggi a confronto, condotto dalla Regione Piemonte in partenariato con il Conseil général delle Alpes de Haute-Provence, il Conseil général delle Hautes Alpes e l’Associazione Culturale Marcovaldo di Caraglio.
Accompagnati da due tutor d’eccezione - Luca Vitone e Saâdane Afif - gli artisti hanno ideato progetti e opere che, osservando da inediti punti di vista luoghi, eventi e geografie, interrogano le categorie della Storia e della memoria, i concetti di identità e tradizione, i cliché legati alla descrizione e alla rappresentazione dell’ambiente alpino, dando vita a un insieme di visioni originali sul territorio, sulle sue aperture e sulle sue contraddizioni.
Un viaggio misterioso e irreale nel sottosuolo dove l’acqua si trasforma in energia, un paesaggio attraversato e ricreato a memoria, un giardino in una stanza che emerge dalla notte dei tempi, i profili severi di un forte che ha atteso invano la guerra: queste sono solo alcune delle suggestioni che, attraverso i linguaggi dell’installazione, del cinema, della fotografia e della pittura, la mostra propone al Filatoio di Caraglio dal 29 novembre 2014 al 1 febbraio 2015, dopo la presentazione nei mesi estivi al Castello di Montmaur, a pochi chilometri da Gap.
Il percorso di residenza e formazione che ha coinvolto gli otto artisti selezionati, ha visto lo svolgimento d’incontri e sopralluoghi nelle valli cuneesi e in diverse località delle Alte Alpi e dell’Alta Provenza - dai dintorni di Gap e Digne alle Gorges du Verdon- in relazione con istituzioni culturali, musei, ecomusei ed altri attori del territorio. In questo contesto le curatrici di a.titolo hanno invitato in qualità di tutor nell’ambito di due workshop, l’artista italiano Luca Vitone (Genova, 1964) e il francese Saâdane Afif, entrambi noti e attivi in ambito internazionale. Intrecciando tradizioni popolari, riflessioni politiche e analisi del territorio, Vitone affronta temi legati alla memoria individuale e collettiva, al rapporto tra luogo, comunità e produzione culturale, mentre Afif indaga i concetti di traduzione, autorialità, interdisciplinarietà, collaborazione e produzione.
Finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma Alcotra 2007–2013 “Insieme oltre i confini”, il progetto “Acteurs transculturels / Creatività giovanile: linguaggi a confronto” promuove, in un più ampio quadro disciplinare che vede coinvolte, oltre alle arti visive anche la letteratura, il teatro e la musica, un’idea di formazione artistica che individua nell’incontro e nel mutuo scambio di visioni e competenze uno strumento per accorciare le distanze culturali e geopolitiche che caratterizzano i territori di frontiera dell’arco alpino. Tale obiettivo si coniuga al tempo stesso con la volontà di arricchire gli strumenti professionali a disposizione degli artisti e di accrescerne le opportunità di confronto con differenti retaggi culturali e sociali, nella convinzione che l’arte costituisca un versatile strumento per valorizzare e rileggere in chiave contemporanea i patrimoni locali, siano essi materiali o immateriali.
Il titolo della mostra, ideato durante il workshop con Saâdane Afif, riflettendo sul rapporto tra realtà e rappresentazione, suggerisce infatti come a ogni nuovo sguardo sulla realtà, anche lungo percorsi già esplorati, possa corrispondere una scoperta, e la possibilità di veder nascere nuove narrazioni.
Le opere in mostra
Franco Airaudo (Cuneo 1979, vive a Torino) indaga il fenomeno del turismo “da piazzola di sosta”. Luoghi privilegiati di questa forma di “loisir”, che unisce il pasto all’aperto con la ricerca del contatto con la natura, sonoi bordi delle carreggiate stradali. Con il progetto Sauvage (pret-à-monter), Ariaudo affronta il tema del paesaggio analizzando un rituale collettivo di “addomesticazione” della natura, per disegnare un’insolita mappa del territorio a partire dall’esplorazione dei suoi margini.
Giorgio Cugno (Torino 1979, vive a Bussoleno), esplora il potenziale metaforico e narrativo dell’acqua, intesa quale elemento connettivo generatore di energia. Nella “cinematic installation” dal titolo Outflow, gli interni di due diverse centrali idroelettriche - la Centrale ENEL presso la diga del Chiotas e la Centrale EDF di Serre-Ponson, diventano un unico mondo narrativo. Due personaggi conducono lo spettatore in una dimensione enigmatica e fuori dal tempo dove ogni dettaglio acquisisce molteplici possibili significati.
Irene Dionisio (Torino 1986, vive a Torino) presenta il cortometraggio Quel événement imprévisible, girato nel forte di Mont-Dauphin, imponente struttura difensiva, progettata nel seicento dal famoso architetto militare Vauban, che si erge nella “piana dei mille venti”. Mai toccata da conflitti bellici (fatta eccezione per la bomba lanciata per errore durante il secondo conflitto mondiale), è reinterpretata attraverso il tema dell’attesa e del rapporto tra uomo e architettura, tra passato militare e presente turistico.
Luca Giacosa (Alba 1982, vive a Sambuco) utilizza la luce come metafora della presenza umana nel contesto alpino – luoghi un tempo densamente abitati e oggi spopolati in una serie di fotografie notturne, realizzate con l’esclusivo ricorso all’illuminazione artificiale proveniente dai centri abitati. Giacosa si spinge fino a dove la luce lo consente nella sua ricognizione, in quello spazio evanescente tra luce e ombra che in montagna segnail perimetro del territorio antropizzato.
Stephen Loye (Digne-les-Bains 1989, vive tra Digne e Parigi) propone una versione in miniatura del paesaggio transfrontaliero realizzato con i materiali e gli oggetti (dai souvenir alle cartoline) raccolti o acquistati nell’arco di un viaggio lungo un percorso circolare tra Francia e Italia che inizia e finisce a Digne-les-Bains: 360 gradi in 360 ore (quindici giorni), senza fermarsi più di 24 ore nello stesso luogo. Il risultato è un paesaggio “affettivo” e completamente reinventato, nelle sue distanze e nelle sue proporzioni.
Il progetto pittorico di Matthieu Montchamp (Parigi 1979, vive a Marsiglia) si concentra sulle architetture e sugli apparati militari che fino alla seconda guerra mondiale hanno modellato e modificato il paesaggio alpino. Belvédère des barbelés (belvedere dei fili spinati) combina gli esiti dell’osservazione diretta delle tracce di questo passato con riferimenti ai poco noti rapporti tra l’industria bellica e le avanguardie storiche, attraverso la ripresa dei pattern astratti utilizzati come motivi mimetici.
Daniella Isamit Morales (Caracas 1982, vive e Torino) esplora l’idea del paesaggio primordiale delle zone transalpine, in un’installazione realizzata con alcuni esemplari di piante che gli studiosi presumono già esistenti in queste zone duecento milioni di anni fa, nel periodo Triassico. Corredata da illustrazioni e calchi di piante fossili, tra il cabinet scientifico e il giardino tropicale, Acta Herbarium crea un paesaggio ipotetico, interrogando i concetti stessi di territorio e di “origine geografica”.
Interessato a una nozione di paesaggio definita dalle “strutture che individuano gli spazi” e dagli “attori che li qualificano”, Cosimo Veneziano (Moncalieri 1983, vive a Torino) esamina un’altra geografia transfrontaliera, una geografia identitaria, quella dell’Occitania, attraverso immagini e cartografie, individuate nell’ambito di una ricerca effettuata su periodici e pubblicazioni datati tra il 1970 e il 2000 riformulate attraverso il disegno, per dar vita a un personale archivio storico, “opaco” e di difficile consultazione.
Per seguire “a distanza” il work in progress e la mostra è stato creato un blog costantemente aggiornato che vuole essere anch’esso terreno di confronto e scambio; su HYPERLINK "http://acteurstransculturels.wordpress.com/" http://acteurstransculturels.wordpress.com/ e sulla pagina FB del progetto è possibile incontrare gli artisti e le loro opere.
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