Lisetta Carmi. Il senso della vita
Dal 12 Novembre 2015 al 31 Gennaio 2016
Genova
Luogo: Palazzo Ducale
Indirizzo: piazza Matteotti 9
Orari: 15-19 da martedì a venerdì; 11-19 sabato e domenica
Costo del biglietto: intero € 5, ridotto € 4, scuole € 3. Biglietto congiunto con la mostra “Brassaï, pour l’amour de Paris” € 10
Telefono per informazioni: +39 010 5574065
E-Mail info: palazzoducale@palazzoducale.genova.it
Sito ufficiale: http://www.palazzoducale.genova.it
Genova rende omaggio a Lisetta Carmi con una mostra personale a Palazzo Ducale, con il pù alto numero di fototografie mai esposte: 220 immagini che ripercorrono l’intero percorso creativo della grande fotografa.
Lisetta Carmi nel corso della sua lunga attività artistica ha sempre saputo cogliere l’attimo, ha capito quale potere può contenere l’immagine, quale può essere il “dono” dell’inquadratura perfetta. Un dono come il talento per la musica, la sua prima grande passione. Di origine ebraiche, ha conosciuto l’orrore delle persecuzioni razziali, quelle che segnarono anche la sua adolescenza; espulsa dalla scuola, mentre i suoi fratelli andarono a studiare in Svizzera, rimase nella solitaria casa di Lungoparco Gropallo con un solo amico a tenerle compagnia: il pianoforte. Guidata dagli insegnamenti del maestro They e dalla sua naturale inclinazione riuscì a diventare concertista ma “quando gli avvenimenti politici italiani con il governo Tambroni generano una svolta a destra – scrive nel saggio in catalogo Giovanna Chiti – Lisetta sente l’urgenza di prendere posizione, non può più accettare di rimanere in casa a proteggere le sue mani di pianista da possibili incidenti”. Abbandona il pianoforte e la carriera musicale. L’amico etnomusicologo Leo Levi le propone di accompagnarlo in Puglia dove doveva studiare i canti di una comunità ebraica. Affascinata dalla luce e dalla bellezza del Salento compra la sua prima macchina fotografica, un’Agfa Silette, e comincia a conoscere la Puglia attraverso l’obiettivo. San Nicandro, Rodi Garganico, Venosa, le catacombe ebraiche i suoi primi scatti. L’incontro magico con la fotografia.
Come nella musica, nelle mie foto c’è ritmo, il ritmo della musica che ho studiato per 35 anni”. Il ritmo della vita – ci viene da aggiungere. Quella che passa dalle tavole del palco (per tre anni, dal 1961 al 1964, è fotografa di scena al Teatro Duse di Genova) al deserto, dagli studi degli artisti alle vie di città desolate, dove i volti dei profughi, sempre dannatamente attuali, colpiscono lo sguardo e il cuore al di là di ogni latitudine. La vita che scorre lenta sulle chiatte del porto genovese o tra le pieghe delle lenzuola di un letto dove i travestiti, all’epoca erano gli anni settanta, potevano mostrarsi sfidando il pudore di una società perbenista che preferiva ignorare la loro esistenza. Volti di bambini, belli e indifesi da proteggere sempre da non sgridare mai, ammonisce: “sono i genitori che devono imparare dai loro figli, che devono avere una condotta esemplare; amo i poveri, gli emarginati, i bambini sono la vera ricchezza del mondo” e a quel mondo con le sue foto lei ha dato voce. Dietro il suo obiettivo non sono passati solo i protagonisti del mondo culturale che animava la Genova negli anni settanta ma anche tutta la città, fermata nelle sue contraddizioni più profonde e nascoste: il porto, lo scarico dei fosfati, i volti sfigurati dalla fatica, da una quotidianità spesso lacerante, dalla sofferenza che è sintomo di emarginazione. Come pure la sofferenza che appartiene al ciclo vitale dell’umanità: undici scatti, per molti ancora oggi scioccanti, della sequenza del parto. La vita fermata negli attimi cruciali ma anche straordinariamente naturali. Eventi che accomunano l’umanità.
La mostra, allestita nella Loggia degli Abati, curata da Giovanni Battista Martini, si apre con la sezione dedicata alla sua città natale, con immagini che documentano la forte identità sociale e culturale della Genova degli anni ’60 e ’70.
L’intensa attività portuale, la forte presenza industriale e la crescita smisurata dell’edilizia pongono la città al centro di forti tensioni sociali, non di meno in quegli anni nascono realtà culturali all’avanguardia nell’ambito del teatro, della musica e delle arti visive che il suo obiettivo riprende con rigore e lucidità.
Una sezione è dedicata agli straordinari ritratti di Ezra Pound. Pur se realizzati in un breve incontro con il poeta nella sua casa di Rapallo, ne restituiscono la complessità e la straordinarietà. Saranno esposte anche molte immagini inedite dedicate ai ritratti di artisti come Lucio Fontana, Luigi Dallapiccola, Leonardo Sciascia, Claudio Abbado, Joris Ivens, Carmele Bene e Lele Luzzati.
Se le fotografie della Carmi rimangono un punto imprescindibile per la conoscenza di quegli anni a Genova, sono altrettanto analitiche e significative quelle realizzate durante i numerosi viaggi compiuti in quegli anni: da quelle scattate in Sicilia dove si reca per un progetto congiunto con Sciascia, a quelle della Sardegna così come quelle realizzate in paesi lontani come l’America Latina, Israele, La Palestina, l’Afghanistan e l’India.
Chiudono l’esposizione due sezioni, la prima dedicata al momento della nascita con la ripresa di un parto nella sua sequenza temporale e la seconda con una selezione delle fotografie dei travestiti che furono raccolte in un volume uscito nel 1970 e che sono tra le sue immagini più note.
In contemporanea, alla Galleria Martini &Ronchetti di Genova, viene proposta una mostra di una trentina di foto vintage, stampe originali d’epoca dei celebri ritratti di Ezra Pound e dodici rare immagini scattate nel 1966 ad Amsterdam del movimento di protesta Provo.
Inaugurazione 12 novembre 2015. ore 18.
Lisetta Carmi nel corso della sua lunga attività artistica ha sempre saputo cogliere l’attimo, ha capito quale potere può contenere l’immagine, quale può essere il “dono” dell’inquadratura perfetta. Un dono come il talento per la musica, la sua prima grande passione. Di origine ebraiche, ha conosciuto l’orrore delle persecuzioni razziali, quelle che segnarono anche la sua adolescenza; espulsa dalla scuola, mentre i suoi fratelli andarono a studiare in Svizzera, rimase nella solitaria casa di Lungoparco Gropallo con un solo amico a tenerle compagnia: il pianoforte. Guidata dagli insegnamenti del maestro They e dalla sua naturale inclinazione riuscì a diventare concertista ma “quando gli avvenimenti politici italiani con il governo Tambroni generano una svolta a destra – scrive nel saggio in catalogo Giovanna Chiti – Lisetta sente l’urgenza di prendere posizione, non può più accettare di rimanere in casa a proteggere le sue mani di pianista da possibili incidenti”. Abbandona il pianoforte e la carriera musicale. L’amico etnomusicologo Leo Levi le propone di accompagnarlo in Puglia dove doveva studiare i canti di una comunità ebraica. Affascinata dalla luce e dalla bellezza del Salento compra la sua prima macchina fotografica, un’Agfa Silette, e comincia a conoscere la Puglia attraverso l’obiettivo. San Nicandro, Rodi Garganico, Venosa, le catacombe ebraiche i suoi primi scatti. L’incontro magico con la fotografia.
Come nella musica, nelle mie foto c’è ritmo, il ritmo della musica che ho studiato per 35 anni”. Il ritmo della vita – ci viene da aggiungere. Quella che passa dalle tavole del palco (per tre anni, dal 1961 al 1964, è fotografa di scena al Teatro Duse di Genova) al deserto, dagli studi degli artisti alle vie di città desolate, dove i volti dei profughi, sempre dannatamente attuali, colpiscono lo sguardo e il cuore al di là di ogni latitudine. La vita che scorre lenta sulle chiatte del porto genovese o tra le pieghe delle lenzuola di un letto dove i travestiti, all’epoca erano gli anni settanta, potevano mostrarsi sfidando il pudore di una società perbenista che preferiva ignorare la loro esistenza. Volti di bambini, belli e indifesi da proteggere sempre da non sgridare mai, ammonisce: “sono i genitori che devono imparare dai loro figli, che devono avere una condotta esemplare; amo i poveri, gli emarginati, i bambini sono la vera ricchezza del mondo” e a quel mondo con le sue foto lei ha dato voce. Dietro il suo obiettivo non sono passati solo i protagonisti del mondo culturale che animava la Genova negli anni settanta ma anche tutta la città, fermata nelle sue contraddizioni più profonde e nascoste: il porto, lo scarico dei fosfati, i volti sfigurati dalla fatica, da una quotidianità spesso lacerante, dalla sofferenza che è sintomo di emarginazione. Come pure la sofferenza che appartiene al ciclo vitale dell’umanità: undici scatti, per molti ancora oggi scioccanti, della sequenza del parto. La vita fermata negli attimi cruciali ma anche straordinariamente naturali. Eventi che accomunano l’umanità.
La mostra, allestita nella Loggia degli Abati, curata da Giovanni Battista Martini, si apre con la sezione dedicata alla sua città natale, con immagini che documentano la forte identità sociale e culturale della Genova degli anni ’60 e ’70.
L’intensa attività portuale, la forte presenza industriale e la crescita smisurata dell’edilizia pongono la città al centro di forti tensioni sociali, non di meno in quegli anni nascono realtà culturali all’avanguardia nell’ambito del teatro, della musica e delle arti visive che il suo obiettivo riprende con rigore e lucidità.
Una sezione è dedicata agli straordinari ritratti di Ezra Pound. Pur se realizzati in un breve incontro con il poeta nella sua casa di Rapallo, ne restituiscono la complessità e la straordinarietà. Saranno esposte anche molte immagini inedite dedicate ai ritratti di artisti come Lucio Fontana, Luigi Dallapiccola, Leonardo Sciascia, Claudio Abbado, Joris Ivens, Carmele Bene e Lele Luzzati.
Se le fotografie della Carmi rimangono un punto imprescindibile per la conoscenza di quegli anni a Genova, sono altrettanto analitiche e significative quelle realizzate durante i numerosi viaggi compiuti in quegli anni: da quelle scattate in Sicilia dove si reca per un progetto congiunto con Sciascia, a quelle della Sardegna così come quelle realizzate in paesi lontani come l’America Latina, Israele, La Palestina, l’Afghanistan e l’India.
Chiudono l’esposizione due sezioni, la prima dedicata al momento della nascita con la ripresa di un parto nella sua sequenza temporale e la seconda con una selezione delle fotografie dei travestiti che furono raccolte in un volume uscito nel 1970 e che sono tra le sue immagini più note.
In contemporanea, alla Galleria Martini &Ronchetti di Genova, viene proposta una mostra di una trentina di foto vintage, stampe originali d’epoca dei celebri ritratti di Ezra Pound e dodici rare immagini scattate nel 1966 ad Amsterdam del movimento di protesta Provo.
Inaugurazione 12 novembre 2015. ore 18.
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