Claudio D'Angelo. Ipotesi progettuale
Dal 05 Marzo 2020 al 20 Giugno 2020
Milano
Luogo: Galleria 10 A.M. ART
Indirizzo: corso San Gottardo 5
Orari: su appuntamento dal Martedì al Venerdì: 10:00 - 12:30 e 14:30 - 18:00
Curatori: Angela Madesani
Prolungata: fino al 20 Giugno 2020
Telefono per informazioni: +39 0292889164
E-Mail info: info@10amart.it
Sito ufficiale: http://www.10amart.it
Dal 5 marzo al 30 aprile 2020 la galleria 10 A.M. ART presenta la prima mostra dedicata al lavoro di Claudio D’Angelo (1938-2011), in collaborazione con l’archivio dell’artista, dal titolo Ipotesi progettuale.
Si tratta di un’importante occasione di riscoperta di un artista, scomparso alcuni anni fa, la cui ricerca è difficilmente collocabile all’interno di gruppi o movimenti. Ci troviamo piuttosto di fronte a un libero battitore dell’arte, la cui lingua è il tracciato dei segni che affida alla superficie delle sue tele, dei suoi disegni, delle sue grafiche. Nonostante l’apparenza il suo non è un lavoro di Optical Art e tanto meno legato a una dimensione percettiva, nelle sue opere è piuttosto una ripetizione continua dello stesso elemento strutturale. Una ripetizione che genera la differenza, così nella filosofia di Gilles Deleuze.
La mostra milanese presenta opere realizzate dai Sessanta ai Duemila, il fulcro della stessa è, tuttavia il suo lavoro degli anni Settanta, un periodo particolarmente importante per la ricerca dell’artista, uomo di profonda sensibilità, immerso nel suo tempo di ansie e di incertezze. I lavori fanno parte delle serie: Ipotesi progettuale, Progetto di spazio, Analysis situs, Iter(azione). Ci troviamo di fronte a un artista riflessivo per il quale la dimensione del pensiero è precipua.
In quel periodo D’Angelo è teso a costruire forme ricercando la loro interna coerenza strutturale (Ipotesi progettuale). Come anche con Progetto di spazio crea in questo periodo luoghi del rigore e delle regole, progetti di uno spazio di luce immaginario e simbolico.
Nel 1976, nell’epoca di Analysis situs, D’Angelo scrive: «Analizzavo il segno come elemento generativo di uno spazio profondo, intimo, il suo maggior valore era quello di fare emergere la complessità/semplicità di un ordine».
Tutta la sua ricerca è impostata su una sorta di dualismo dialettico in cui si crea un equilibrio tra ordine e disordine, aleatorio e necessario, esistenza e struttura, gesto e forma, immediato e costruito.
Con il passare degli anni nell’opera di D’Angelo diviene sempre più protagonista il vuoto, un vuoto bianco e denso di significati ulteriori, che prende il via già nel 1965 con l’esperienza del bianco sul bianco.
La sua opera ha un protagonista assoluto: il segno, il suo segno che genera lo spazio in una trama più o meno fitta, che per certi versi può essere considerata immagine.
Nel 1977 D’Angelo scrive che il segno è spinta, pulsione primaria. È momento iniziale da cui tutto parte, in grado di generare equilibrio, che avvertiamo in ognuna delle sue opere, sempre perfettamente compensate in cui è una coerenza strutturale della forma, che si sviluppa come un fil rouge. Nel suo lavoro sono il segno e la memoria del segno in un’alternanza continua di assenza e presenza che aspirano a una purezza concettuale tesa a trovare un significato all’esistenza.
Il suo cammino è volto alla liberazione, in opposizione alle ricerche neocostruttiviste, legate a precisi schemi matematici e geometrici. La tensione è verso un’apertura illimitata, casuale e spontanea, palese in molte sue opere in cui non sono momento iniziale e finale. I suoi sono, piuttosto, dei frames, dei fotogrammi di una sequenza più ampia, di una serialità, interrotta e ripresa attimo dopo attimo.
Nel 1976 Paolo Fossati scriveva del suo lavoro: «Anche inizialmente per D’Angelo l’opera non è una realtà chiusa, definitiva, bloccata: è una rete di processi dinamici che, spostando la tensione del quadro, ne costruisce la presenza, lo spessore, l’impatto».
Quelli che troviamo nelle sue opere sono spazi, luoghi di meditazione, liberi da qualsiasi riferimento a tendenze artistiche specifiche. D’Angelo ha dialogato con artisti, critici e storici dell’arte da Palma Bucarelli a Giulio Carlo Argan da Nello Ponente a Mirella Bandini, a Enrico Crispolti, a Paolo Fossati mantenendo sempre viva la sua indipendenza poetica e poietica, che dalla progettazione risale necessariamente alla progettualità, con una metodologia di lavoro perfettamente coerente con se stessa, durante tutto il suo percorso artistico, lungo all’incirca cinquant’anni.
La sua è un’opera dinamica, tesa alla continua ricerca di un senso. Un’opera fatta di domande, che non generano risposte, bensì altri quesiti e dubbi di natura esistenziale e poetica. Il suo desiderio è quello di fare interagire fra loro i diversi elementi costitutivi la sua opera, dove a interessare l’artista è il processo, l’esperienza vissuta di volta in volta piuttosto che il punto d’arrivo.
Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano-inglese), edizioni 10 A.M. ART, con un testo critico di Angela Madesani.
Vernissage: 5 marzo 2020, ore 17
Claudio D'Angelo nasce il 7 agosto 1938 a Tripoli, da genitori italiani (dei pressi di Ascoli Piceno). Nel 1942 la famiglia torna a vivere in Italia, nel luogo d'origine. Da adolescente comincia ad interessarsi alle arti visive e alla musica, soprattutto jazz (per un periodo sarà anche musicista), passioni che lo porteranno a diplomarsi al Liceo Artistico di Roma. Vive ad Ascoli Piceno fino al momento della sua scomparsa, avvenuta il 23 novembre 2011. Dopo un esordio in cui il suo lavoro pittorico si evolve rapidamente da proposizioni dapprima espressamente figurative a proposizioni soprattutto informali e neodadaiste, nei secondi anni Sessanta esso si muove sempre di più in direzione geometrico-progettuale, portando l'artista a maturare una precisa ricerca che condurrà sempre di più con un linguaggio aniconico fortemente identitario e caratterizzante. Al 1964 risalgono le prime indagini sull'esattezza dell'immagine e sulla cinematica e dinamica delle configurazioni geometrico-spaziali. Nel 1966 entra in contatto con la gallerista Fiamma Vigo la quale da subito si interessa al suo lavoro, facendolo partecipare, con il SET di Numero, a rassegne nazionali ed internazionali. Nel 1968 elabora organismi modulari usando "forme toroidali", come recita il titolo della sua successiva personale (1969) alla Galleria Numero di Roma. Gli anni Settanta si aprono con una serie di opere che l'artista definisce "ipotesi progettuali". Con tali opere tiene tra il 1970 e il 1971 tre personali sempre nelle gallerie di Fiamma Vigo: a Firenze, a Venezia e a Roma. In occasione di quest'ultima Palma Bucarelli acquista per le collezioni della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma il grande dipinto Ipotesi progettuale A/1, del 1971. Il 1972 lo vede tenere personali alla Galleria Ferrari di Verona e al Centro Arte Contemporanea Sincron di Brescia; nello stesso anno espone un gruppo di opere alla rassegna "Arte e Società" che si svolge al Palazzo delle Terme di Saint Vincent. A seguire realizza il ciclo dei "progetti di spazio", "progetti di genesi dinamica dello spazio". Espone, nel 1973, ancora una volta da Fiamma Vigo, nella galleria romana, tenendo una duale con Umberto Peschi. Nel 1974 tiene personali a Torino (Galleria Primopiano), a Roma (Galleria Marcon IV, con Hsiao Chin e Franco Costalonga) e a Bergamo (Galleria Dei Mille). Alla mostra bergamasca conosce Mario Nigro, che lo segnala alla Galleria La Polena di Genova e alla Galleria Vismara di Milano: entrambe ospiteranno una sua personale l'anno successivo (nel 1975 ne tiene una anche alla Galleria Numero di Venezia). Nel 1976 perviene a studi, denominati "analysis situs", intesi a strutturare valenze fotodinamiche mediante sequenze combinatorie di segni. Con queste opere tiene lo stesso anno una personale alla Galleria Martano di Torino, oltre a realizzare un'antologica con opere dal 1965 al 1975 presso la Galleria Numero di Roma. Il 1977 lo vede esporre con personali di nuovo alla Galleria Ferrari di Verona e alla Galleria Vismara di Milano, cominciando a proporre anche installazioni-ambienti e performance. Nel 1978 prosegue nella progettazione di nuovi ambienti sperimentando soluzioni e materiali diversi e le implicazioni sul piano linguistico (ricerche sull'evento sonoro) del grafo; di quest'anno è l'antologica alla Pinacoteca Civica di Macerata. Il 1979 lo vede esporre, con una personale di tele e installazioni, alla Galleria Lorenzelli di Bergamo e tenere un diffuso intervento sullo spazio urbano a Civitella del Tronto. Seguono, l'anno successivo, un'altra personale alla Galleria Ferrari di Verona e una alla Galleria Spriano di Omegna. Con gli "itinerari dal nero" (è la denominazione dei lavori realizzati su fondi neri) del 1981, a supporto del grafo viene usata di frequente la carta carbone. In tale anno partecipa alla mostra Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980, al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Sono del 1982 la personale alla Galleria Unde di Torino, l'antologica con opere dal 1968 al 1981 alla Galleria Lorenzelli di Bergamo e la partecipazione con un gruppo di opere ad Incontri internazionali a Salsomaggiore Terme. Nell'opera Nòesis noésesos (1983) l'itinerario condotto verso il segno-valore tende all'astrazione pura (quest'opera dà il titolo alla personale tenutasi lo stesso anno alla Galleria Artecentro di Milano): la sua ricerca, percorrendo antiche e abbandonate tracce della memoria, assume ora il segno-archetipo come scandaglio delle complesse stratificazioni dell'io latente. In questi anni, con il comparire del colore azzurro oltre ai materiali extrapittorici (stoffa, vetro, plexiglass, metallo, ecc.), si configura una soglia nel suo percorso, tra un prima e un dopo. Nel 1984 tiene una personale a Ferrara, a Palazzo Massari. Nel 1987 sue personali si tengono alla Galleria Morone 6 di Milano (con Riccardo Guarneri e Maurizio Bottarelli) e alla Galleria Vismara di Milano. La sua città, Ascoli Piceno, gli tributa un omaggio con un'antologica a Palazzo dei Capitani nel 1989. Negli anni Novanta tiene personali alla Galleria Spazio Temporaneo di Milano (1991, 1996) alla Galleria Ferrari di Verona (1991), alla Galleria Vismara di Milano (1993, 1996, 1998), alla Galleria Spriano di Omegna (1995), alla Galerie Florence Arnaud di Parigi (1997) e alla Galleria Multimedia di Brescia (1998). Nel 1997 prende avvio un "episodio", che dura per diversi anni, del suo lavoro, operando su supporti fotografici di Rosanna Flammini. Tra le personali dell'ultimo decennio si ricordano quelle alla Galleria Vismara di Milano (2001, 2004), alla Galleria Multimedia di Brescia (2002), alla Galleria Arte e Pensieri di Roma (2007), l'antologica con opere dal 1963 al 2005 alla Pinacoteca Civica di Teramo (2005).
Le sue opere figurano nei Musei d'Arte Moderna di Caracas, Graz, Jivaskyla, Cracovia, Budapest, Couvin, Gamle Fredrikstad, nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma e in civiche gallerie.
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