Federica Galli. green Grand Tour
Dal 13 Maggio 2021 al 27 Giugno 2021
Milano
Luogo: Palazzo Morando | Costume Moda Immagine
Indirizzo: Via Sant’Andrea 6
Orari: da martedì a domenica dalle 10 alle 19
Curatori: Lorenza Salamon
Enti promotori:
- Comune di Milano | Cultura
Telefono per informazioni: +39 02 88465735 – 46054
E-Mail info: c.palazzomorando@comune.milano.it
Sito ufficiale: http://www.civicheraccoltestoriche.mi.it
Aprirà non appena le disposizioni governative lo permetteranno nelle sale espositive di Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, in via Sant’Andrea 6 a Milano, la mostra Federica Galli. green Grand Tour. Cento opere per raccontare al pubblico l’opera e la carriera di una delle più importanti esponenti italiane dell’arte incisoria e grafica contemporanea, che a distanza di dodici anni dalla sua scomparsa riesce ancora stupire e a mostrare la freschezza e la poesia del suo sguardo sulle terre d’acqua lombarde.
Promossa dal Comune di Milano | Cultura e realizzata da Palazzo Morando in collaborazione con la Fondazione Federica Galli, che tutela l’archivio dell’artista, la mostra è curata da Lorenza Salamon con l’attiva partecipazione di Mauro Broggi, Andrea Dusio, Stefano Fera, Tiziano Fratus, Cristina Muccioli e Stefano Zuffi, che hanno approfondito i numerosi aspetti espressi dallo sguardo di Federica Galli. Oltre alle acqueforti di Federica Galli, saranno in mostra documenti, manifesti, fotografie, testi e opere di artisti, scrittori, critici che hanno animato una delle più vivaci stagioni intellettuali milanesi, quella fra gli anni ’70 e ’90.
L’esposizione rientra nel palinsesto culturale “I Talenti delle Donne”, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e dedicato alle donne protagoniste del pensiero creativo, dalle figure esemplari del passato alle molte testimoni di oggi nel mondo dell’arte, della cultura, dell’imprenditoria, dello sport, della scienza.
Federica Galli nasce nel 1932 a Soresina, nel Cremonese, immersa in quel paesaggio di pianura che accompagnerà la sua figurazione durante tutta la sua vita da artista. Giovanissima, sfida la famiglia e si trasferisce a Milano, dove frequenta prima il liceo artistico e poi l’Accademia di Brera. Nei primi anni ’60, dopo avere visitato ad Amsterdam una mostra di Rembrandt, decide di abbandonare definitivamente la pittura per dedicarsi in esclusiva al segno inciso.
Lavora fino all’ultimo lasciando quasi novecento incisioni, che abbracciano temi diversi: alberi soprattutto, ma anche paesaggi padani, alpini e marittimi, architetture rurali e urbane. I soggetti sono sempre reali e classici, interpretati con linguaggio figurativo, ma sviluppati con uno stile inedito e personale. La sua è stata una carriera costellata di riconoscimenti e successi manifestati da oltre trecento mostre che l’hanno vista protagonista in Italia e all’estero. Nel 1971 il Comune di Milano le ha conferito l’Ambrogino d’Oro mentre nel 2019, in occasione del decennale dalla scomparsa, ha iscritto il suo nome nel Famedio al Cimitero Monumentale.
Il percorso di mostra si sviluppa lungo dieci sale al piano terra del Museo, allestite su progetto dell’architetto Michele Piva, ed è scandito in sei sezioni.
La mostra si apre con un’introduzione alla figura di Federica Galli, come anima di una rete culturale guidata dal suo critico di riferimento, Giovanni Testori, che ha favorito la sua crescita intellettuale mettendola in contatto con i principali scrittori, poeti e critici dell’epoca, con cui la Galli ha collaborato realizzando spesso opere ad hoc, ispirandosi ai loro scritti.
Nella prima sala sono esposti libri, lettere, documenti, oggetti, premi – tra i tantissimi che ha ricevuto – e alcuni dei molti documenti che testimoniano le relazioni di altissimo respiro internazionale stabilite negli anni. Si trovano, inoltre, alcuni dipinti e sculture di maestri celebri della sua epoca, ora parte integrante della collezione della Fondazione Galli: fra questi, un ritratto dell’artista a misura naturale plasmato in terracotta da Ernesto Ornati e uno dipinto da Giancarlo Vitali, oltre a opere di incisori, pittori e scultori come Luciano Zanoni.
È l’architettura rurale che caratterizza la pianura padana a scandire il secondo tema della mostra, a cui sono dedicate due sale. Cascine, mulini, aie, campi, risaie sono il fulcro del mondo della Galli: luoghi di microsocialità nei quali si svolge la vita operosa dell’agricoltore padano.
Del paesaggio della pianura, che costituisce il terzo tema della mostra, la Galli è fra le maggiori interpreti e testimoni del nostro tempo. Di lanche, sottoboschi, radure, ruscelli, rogge e boschetti Federica Galli ha colto ed estrapolato lo spirito più vero e poetico, nelle situazioni climatiche più diverse.
Così come per gli alberi che ha iniziato a osservare e rappresentare dagli esordi, intorno agli anni ’60, e ben prima che divenissero oggetto di classificazione e tutela per i posteri. Nasce un ciclo, mai interrotto, che unisce le Regioni italiane attraverso monumenti verdi, come una sorta di green Grand Tour contemporaneo.
Chiudono la mostra due temi molto cari all’autrice: le vedute di Milano e Venezia. Milano è la città adottiva che accoglie la Galli nel 1946 e che l’acquafortista raffigura in molti aspetti: dai ruderi degli edifici bombardati durante la guerra, alle nuove costruzioni che avanzano con il progresso del boom economico. Dagli scorci di verde disseminati per la città, ai parchi e ai monumenti. Venezia è invece un amore tardivo, favorito dalle sollecitazioni di Giovanni Testori e Renzo Zorzi che le suggeriscono di sfidare la grande tradizione degli incisori del Grand Tour.
Promossa dal Comune di Milano | Cultura e realizzata da Palazzo Morando in collaborazione con la Fondazione Federica Galli, che tutela l’archivio dell’artista, la mostra è curata da Lorenza Salamon con l’attiva partecipazione di Mauro Broggi, Andrea Dusio, Stefano Fera, Tiziano Fratus, Cristina Muccioli e Stefano Zuffi, che hanno approfondito i numerosi aspetti espressi dallo sguardo di Federica Galli. Oltre alle acqueforti di Federica Galli, saranno in mostra documenti, manifesti, fotografie, testi e opere di artisti, scrittori, critici che hanno animato una delle più vivaci stagioni intellettuali milanesi, quella fra gli anni ’70 e ’90.
L’esposizione rientra nel palinsesto culturale “I Talenti delle Donne”, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e dedicato alle donne protagoniste del pensiero creativo, dalle figure esemplari del passato alle molte testimoni di oggi nel mondo dell’arte, della cultura, dell’imprenditoria, dello sport, della scienza.
Federica Galli nasce nel 1932 a Soresina, nel Cremonese, immersa in quel paesaggio di pianura che accompagnerà la sua figurazione durante tutta la sua vita da artista. Giovanissima, sfida la famiglia e si trasferisce a Milano, dove frequenta prima il liceo artistico e poi l’Accademia di Brera. Nei primi anni ’60, dopo avere visitato ad Amsterdam una mostra di Rembrandt, decide di abbandonare definitivamente la pittura per dedicarsi in esclusiva al segno inciso.
Lavora fino all’ultimo lasciando quasi novecento incisioni, che abbracciano temi diversi: alberi soprattutto, ma anche paesaggi padani, alpini e marittimi, architetture rurali e urbane. I soggetti sono sempre reali e classici, interpretati con linguaggio figurativo, ma sviluppati con uno stile inedito e personale. La sua è stata una carriera costellata di riconoscimenti e successi manifestati da oltre trecento mostre che l’hanno vista protagonista in Italia e all’estero. Nel 1971 il Comune di Milano le ha conferito l’Ambrogino d’Oro mentre nel 2019, in occasione del decennale dalla scomparsa, ha iscritto il suo nome nel Famedio al Cimitero Monumentale.
Il percorso di mostra si sviluppa lungo dieci sale al piano terra del Museo, allestite su progetto dell’architetto Michele Piva, ed è scandito in sei sezioni.
La mostra si apre con un’introduzione alla figura di Federica Galli, come anima di una rete culturale guidata dal suo critico di riferimento, Giovanni Testori, che ha favorito la sua crescita intellettuale mettendola in contatto con i principali scrittori, poeti e critici dell’epoca, con cui la Galli ha collaborato realizzando spesso opere ad hoc, ispirandosi ai loro scritti.
Nella prima sala sono esposti libri, lettere, documenti, oggetti, premi – tra i tantissimi che ha ricevuto – e alcuni dei molti documenti che testimoniano le relazioni di altissimo respiro internazionale stabilite negli anni. Si trovano, inoltre, alcuni dipinti e sculture di maestri celebri della sua epoca, ora parte integrante della collezione della Fondazione Galli: fra questi, un ritratto dell’artista a misura naturale plasmato in terracotta da Ernesto Ornati e uno dipinto da Giancarlo Vitali, oltre a opere di incisori, pittori e scultori come Luciano Zanoni.
È l’architettura rurale che caratterizza la pianura padana a scandire il secondo tema della mostra, a cui sono dedicate due sale. Cascine, mulini, aie, campi, risaie sono il fulcro del mondo della Galli: luoghi di microsocialità nei quali si svolge la vita operosa dell’agricoltore padano.
Del paesaggio della pianura, che costituisce il terzo tema della mostra, la Galli è fra le maggiori interpreti e testimoni del nostro tempo. Di lanche, sottoboschi, radure, ruscelli, rogge e boschetti Federica Galli ha colto ed estrapolato lo spirito più vero e poetico, nelle situazioni climatiche più diverse.
Così come per gli alberi che ha iniziato a osservare e rappresentare dagli esordi, intorno agli anni ’60, e ben prima che divenissero oggetto di classificazione e tutela per i posteri. Nasce un ciclo, mai interrotto, che unisce le Regioni italiane attraverso monumenti verdi, come una sorta di green Grand Tour contemporaneo.
Chiudono la mostra due temi molto cari all’autrice: le vedute di Milano e Venezia. Milano è la città adottiva che accoglie la Galli nel 1946 e che l’acquafortista raffigura in molti aspetti: dai ruderi degli edifici bombardati durante la guerra, alle nuove costruzioni che avanzano con il progresso del boom economico. Dagli scorci di verde disseminati per la città, ai parchi e ai monumenti. Venezia è invece un amore tardivo, favorito dalle sollecitazioni di Giovanni Testori e Renzo Zorzi che le suggeriscono di sfidare la grande tradizione degli incisori del Grand Tour.
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