Gennaro Della Monica. L'Italia intatta
Dal 23 Luglio 2014 al 31 Agosto 2014
Milano
Luogo: Palazzo Reale
Indirizzo: piazza Duomo 12
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30; giovedì e sabato 9.30-22.30
Curatori: Phlippe Daverio, Paola di Felice, Cosimo Savastano, Claudio Strinati
Enti promotori:
- Comune di Milano – Cultura – Palazzo Reale
- Comune di Teramo
- Comune di Napoli
- Regione Abruzzo
- Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 88453314
E-Mail info: elenamaria.conenna@comune.milano.it
Sito ufficiale: http://www.comune.milano.it/
A Milano, dal 23 luglio al 31 agosto 2014, Palazzo Reale ospiterà la monografica di Gennaro Della Monica (Teramo, 18316- 1917), dal titolo L’Italia intatta di Gennaro Della Monica. La mostra promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura – Palazzo Reale, Comune di Teramo, Comune di Napoli, Regione Abruzzo e l’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga è curata da Phlippe Daverio, Paola di Felice, Cosimo Savastano, Claudio Strinati presenterà, per la prima volta in una prestigiosa sede espositiva, l’opera del pittore abruzzese ma napoletano d’adozione con 90 opere realizzate negli ultimi anni dell’Ottocento. L’esposizione si pone come obiettivo quello di valorizzare e far scoprire al grande pubblico il lavoro di quegli artisti, come Della Monica che nel corso degli anni non hanno goduto di una grande fortuna critica e sono stati dimenticati; al contempo la mostra rende omaggio alla pittura ottocentesca del paesaggio di cui Della Monica è stato un eccellente interprete. La scelta dei curatori è stata infatti quella di sottolineare questo aspetto dell’opera del pittore abruzzese, che fu anche ritrattista e pittore di temi storici. Il percorso della mostra si sviluppa in sei sezioni, le prime rappresentano al meglio le tecniche pitto riche che utilizza Gennaro della Monica, la prima “en plein air” e poi “la macchia” illustrano gli espe rimenti pittorici, del suo primo periodo napoletano e l’incontro con il realismo dei fratelli Palizzi. Le sezioni successive rappresentano i luoghi che l’artista ha conosciuto viaggiando, da Napoli, Firen ze a Milano e che hanno segnato il suo percorso di crescita; il visitatore si ritrova in mondo di paesag gi filtrati attraverso gli occhi del pittore dove la luce è la vera protagonista, passando attraverso boschi, montagne, animali e il Gran Sasso, a lui molto caro.
La prima sezione, “en plein air”, fa riferimento a una pratica perfezionata attraverso la mediazione di Filippo Palizzi, di cui sono noti i contatti con la Francia e in particolare con il gruppo di Barbizon, nella seconda sezione “Resina” sperimenta un verismo, integrale e più radicale del “vero” morelliano, nella declinazione della Scuola di Resina, che tendeva ad alleggerire la lezione palizziana e a smussar ne l’analiticità, il colore diviene sempre più piatto e denso e la costruzione dello spazio è affidata ai contrasti cromatici. Sotto la luce zenitale del mezzogiorno, i verdi, i gialli, gli aranci e gli azzurri si accendono, creando uno spazio rigidamente strutturato entro cui agiscono semplici figure di contadi ni e lavoranti rese con pochi tratti veloci. La terza sezione, “la macchia” ripercorre il periodo toscano di Della Monica, Un’opera come Ponte sull’Arno è caratterizzata da una composizione limpidamente geometrica. Elementi di derivazione macchiaiola, dal formato allungato e alla linea dell’orizzonte ribassata, sono presenti in diverse opere di questo periodo, come, ad esempio, Al margine dei prati, elegante cartoncino telato realizzato con una mostra con il patrocinio di Fondazione marchesa Carla de Petris Città di Teramo delicato equilibrio compositivo, o Casolari e colline dopo la mietitura e Fienagione, olii orchestrati sui toni del giallo, in cui la costruzione dello spazio è affidata ai contrasti cromatici di macchie di colore contrastanti.
La quarta sezione, “Montagne d’Abruzzo”, racchiude il periodo lombardo dove il pittore realizza le prime austere vedute montane dai cieli intensi e tempestosi, eseguite all’alba e al tramonto con una tavolozza intrisa di gialli e di viola successivamente ripresa, ampliata e rimeditata al confronto con lo scenario aspro dell’Appennino abruzzese. “Idillio pastorale” e “Luoghi d’Abruzzo”sono popolati di pastorelli e contadini, che si fondono armo- niosamente con il paesaggio, e mostrano l’ incondizionato è l’affetto di Della Monica per la sua terra. L’ultima sezione della mostra “Animali e fiere”ha come protagonisti dei quadri di Della Monica gli animali, dopo il rientro a Teramo, diventano protagonisti di scene ispirate al folklore locale, in cui sono minuziosamente descritte le fiere del bestiame con venditori e acquirenti ritratti sullo sfondo delle valli e dei monti abruzzesi. Nel più dettagliato La fiera del bestiame l’occhio attento dell’artista spazia dalle gruppo in primo piano, raccolto intorno alla figura dell’anziano patriarca, fino ai bianchi armenti sulla destra su cui spiccano i due fanciulli intenti a domare un torello Della Monica vuole porre l’accento sul rapporto uomo – natura, innovando il modo pittorico in cui viene rappresentata, che dev’essere svolto nella sua semplicità, senza inutili orpelli, attraverso la luce che cambia la forma delle cose nel corso del giorno e delle stagioni. Della Monica si preoccupa della sintesi della luce, la natura muta in base a questa nel corso della giornata, riuscendo a farla diventare la vera protagonista di ogni quadro. Nella concezione di Della Monica al pittore va il compito di introiettare l’immagine e di riprodurla sulla tela nella sua totalità. Trasferitosi giovanissimo a Napoli, l’artista aderirà alla scuola di Resina, chiamata anche Repubblica dei Portici, fondata nel 1843, in polemica nei confronti di ogni compiacimento edonistico e illustrati vo e in favore ad un approfondimento della conoscenza del “vero poetico”. In questo ambito Della Monica stringe forti contatti con Domenico Morelli, Capocci e Marco De Gregorio. Intorno al 1860, il pittore incontra il nobile ungherese Sandor Teleki che gli consente di visitare l’Italia al suo seguito, il lago di Como e Milano, in Lombardia, Roma e Firenze, stringendo una rete di amicizia che manterrà a lungo e producendo molti paesaggi dal vero e conoscendo tutti i maggiori rappresentanti dei macchiaioli. Un “Grand Tour” che gli permette di arricchire la sua conoscenza delle tecniche e dei temi iconografici.
In seguito tornato a Teramo, viene nominato Cavaliere e svolge attività di docente. Per la mostra è stato realizzato un catalogo edito da Allemandi. Note biografiche Gennaro della Monica Teramo (1836 – 1917) Si trasferì diciassettenne a Napoli, nel 1852, per studiare all’Accademia di Belle Arti (Napoli). Nella capitale ebbe modo di conoscere Michele Cammarano, Gabriele Smargiassi, i fratelli Filippo e Nicola Palizzi originari di Vasto. Determinante soprattutto è l’incontro con Domenico Morelli espressamen- te ricordato da Gennaro nelle sue memorie. Si trasferì poi a Milano dove entrò in amicizia tra gli altri, con Gerolamo e Domenico Induno. Dal 1863 fu a Firenze, dove si fermò per alcuni anni e conobbe Vincenzo Cabianca, Giovanni Fattori e Telemaco Signorini. Qui incontrò la conterranea Giannina Milli, celebre poetessa improvvisatrice ma soprattutto raffinata intellettuale, animatrice di salotti e circoli culturali, confidente di artisti e consigliera di politici. I suoi dipinti furono esposti e ammirati nel capoluogo toscano. Di questo periodo è l’opera Salvator Rosa tra i briganti acquistato dagli emissari di casa Savoia, per conto del Re Vittorio Emanuele II. Dal 1867 rientrò definitivamente a Teramo dove prese il posto del padre come insegnante nell’Istituto Tecnico e nella Scuola comunale di disegno. Tra i suoi allievi Carlotta De Colli, Vincenzo Rosati, il letterato Fedele Romani.
La prima sezione, “en plein air”, fa riferimento a una pratica perfezionata attraverso la mediazione di Filippo Palizzi, di cui sono noti i contatti con la Francia e in particolare con il gruppo di Barbizon, nella seconda sezione “Resina” sperimenta un verismo, integrale e più radicale del “vero” morelliano, nella declinazione della Scuola di Resina, che tendeva ad alleggerire la lezione palizziana e a smussar ne l’analiticità, il colore diviene sempre più piatto e denso e la costruzione dello spazio è affidata ai contrasti cromatici. Sotto la luce zenitale del mezzogiorno, i verdi, i gialli, gli aranci e gli azzurri si accendono, creando uno spazio rigidamente strutturato entro cui agiscono semplici figure di contadi ni e lavoranti rese con pochi tratti veloci. La terza sezione, “la macchia” ripercorre il periodo toscano di Della Monica, Un’opera come Ponte sull’Arno è caratterizzata da una composizione limpidamente geometrica. Elementi di derivazione macchiaiola, dal formato allungato e alla linea dell’orizzonte ribassata, sono presenti in diverse opere di questo periodo, come, ad esempio, Al margine dei prati, elegante cartoncino telato realizzato con una mostra con il patrocinio di Fondazione marchesa Carla de Petris Città di Teramo delicato equilibrio compositivo, o Casolari e colline dopo la mietitura e Fienagione, olii orchestrati sui toni del giallo, in cui la costruzione dello spazio è affidata ai contrasti cromatici di macchie di colore contrastanti.
La quarta sezione, “Montagne d’Abruzzo”, racchiude il periodo lombardo dove il pittore realizza le prime austere vedute montane dai cieli intensi e tempestosi, eseguite all’alba e al tramonto con una tavolozza intrisa di gialli e di viola successivamente ripresa, ampliata e rimeditata al confronto con lo scenario aspro dell’Appennino abruzzese. “Idillio pastorale” e “Luoghi d’Abruzzo”sono popolati di pastorelli e contadini, che si fondono armo- niosamente con il paesaggio, e mostrano l’ incondizionato è l’affetto di Della Monica per la sua terra. L’ultima sezione della mostra “Animali e fiere”ha come protagonisti dei quadri di Della Monica gli animali, dopo il rientro a Teramo, diventano protagonisti di scene ispirate al folklore locale, in cui sono minuziosamente descritte le fiere del bestiame con venditori e acquirenti ritratti sullo sfondo delle valli e dei monti abruzzesi. Nel più dettagliato La fiera del bestiame l’occhio attento dell’artista spazia dalle gruppo in primo piano, raccolto intorno alla figura dell’anziano patriarca, fino ai bianchi armenti sulla destra su cui spiccano i due fanciulli intenti a domare un torello Della Monica vuole porre l’accento sul rapporto uomo – natura, innovando il modo pittorico in cui viene rappresentata, che dev’essere svolto nella sua semplicità, senza inutili orpelli, attraverso la luce che cambia la forma delle cose nel corso del giorno e delle stagioni. Della Monica si preoccupa della sintesi della luce, la natura muta in base a questa nel corso della giornata, riuscendo a farla diventare la vera protagonista di ogni quadro. Nella concezione di Della Monica al pittore va il compito di introiettare l’immagine e di riprodurla sulla tela nella sua totalità. Trasferitosi giovanissimo a Napoli, l’artista aderirà alla scuola di Resina, chiamata anche Repubblica dei Portici, fondata nel 1843, in polemica nei confronti di ogni compiacimento edonistico e illustrati vo e in favore ad un approfondimento della conoscenza del “vero poetico”. In questo ambito Della Monica stringe forti contatti con Domenico Morelli, Capocci e Marco De Gregorio. Intorno al 1860, il pittore incontra il nobile ungherese Sandor Teleki che gli consente di visitare l’Italia al suo seguito, il lago di Como e Milano, in Lombardia, Roma e Firenze, stringendo una rete di amicizia che manterrà a lungo e producendo molti paesaggi dal vero e conoscendo tutti i maggiori rappresentanti dei macchiaioli. Un “Grand Tour” che gli permette di arricchire la sua conoscenza delle tecniche e dei temi iconografici.
In seguito tornato a Teramo, viene nominato Cavaliere e svolge attività di docente. Per la mostra è stato realizzato un catalogo edito da Allemandi. Note biografiche Gennaro della Monica Teramo (1836 – 1917) Si trasferì diciassettenne a Napoli, nel 1852, per studiare all’Accademia di Belle Arti (Napoli). Nella capitale ebbe modo di conoscere Michele Cammarano, Gabriele Smargiassi, i fratelli Filippo e Nicola Palizzi originari di Vasto. Determinante soprattutto è l’incontro con Domenico Morelli espressamen- te ricordato da Gennaro nelle sue memorie. Si trasferì poi a Milano dove entrò in amicizia tra gli altri, con Gerolamo e Domenico Induno. Dal 1863 fu a Firenze, dove si fermò per alcuni anni e conobbe Vincenzo Cabianca, Giovanni Fattori e Telemaco Signorini. Qui incontrò la conterranea Giannina Milli, celebre poetessa improvvisatrice ma soprattutto raffinata intellettuale, animatrice di salotti e circoli culturali, confidente di artisti e consigliera di politici. I suoi dipinti furono esposti e ammirati nel capoluogo toscano. Di questo periodo è l’opera Salvator Rosa tra i briganti acquistato dagli emissari di casa Savoia, per conto del Re Vittorio Emanuele II. Dal 1867 rientrò definitivamente a Teramo dove prese il posto del padre come insegnante nell’Istituto Tecnico e nella Scuola comunale di disegno. Tra i suoi allievi Carlotta De Colli, Vincenzo Rosati, il letterato Fedele Romani.
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