Raffaele De Grada. Un maestro del Novecento

Raffaele De Grada, Il mulino di Santa Chiara, 1927, olio su tela, 90 x 75 cm. Museo della Permanente, Milano
Dal 01 Marzo 2014 al 22 Marzo 2014
Milano
Luogo: Museo della Permanente
Indirizzo: via Filippo Turati 34
Orari: da martedì a domenica 10-13 / 14.30-18.30
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 6551445
E-Mail info: ufficiostampa@lapermanente.it
Sito ufficiale: http://www.lapermanente.it/
Nell’ambito della rassegna Il Museo racconta, sabato 1 marzo, alle ore 11, la Permanente di Milano inaugura l’esposizione Raffaele De Grada. Un maestro del Novecento.
Ne parlano Nicoletta Colombo, curatrice della mostra e critica ufficiale dell’opera dell’artista, ed Elena Pontiggia.
La sala dedicata a Raffaele De Grada rende omaggio a un artista del Novecento Italiano partecipe in più circostanze della vita espositiva della Permanente, dove era presente anche in occasione delle due storiche mostre del Novecento Italiano (1926 e 1929).
Attraverso quindici opere significative è riassunta la sua poetica, a partire da uno dei primi saggi realizzati in gioventù, Kirche im Tessin1913, testimonianza dell’attenzione ai modelli germanici. La predilezione per i temi di paesaggio, derivatagli dalla formazione secessionista avvenuta a Zurigo e a Dresda, non invalidava la tenuta di un’anima classicamente italiana.
La precoce conoscenza del modello cézanniano lo allineava al recupero della tradizione in chiave moderna. Al rientro in Italia nel 1919, De Grada si inseriva nel clima del Ritorno all’ordine, che per l’artista si identificava con lo studio dei primitivi senesi e di Giotto. Il recupero della tradizione si coniugava, dopo il trasferimento a Firenze del 1921, con valori di cristallina atmosfericità, riscontrabili nei dipinti Casa a Giramonte e Paesaggio dell’Elbadel 1924.
L’adesione al Novecento Italiano avveniva nei termini personali di conciliazione tra il rigore strutturale dei novecentisti milanesi e l’esplicito naturalismo dei toscani.
Il saldo impianto pittorico e plastico riferito agli esempi di Cézanne e Derain, osservabile in Isola d’Elba1924, in Mulino di Santa Chiara1927 - di proprietà della Collezione d’arte della Permanente - e nei saggi a tema sangimignanese qui esposti, si stemperava in un lirismo soffice e argentino a contatto con la Versilia (Capanno a Forte dei Marmi1946), dove lavorava nei mesi estivi.
L’artista sperimentava anche la composizione di figura, elemento chiave delle poetiche novecentiste (Corinna1923 e Nudi nel bosco1930).
Nel 1929, il ritorno definitivo a Milano, sua città natale, risvegliava le istintive qualità lombarde: le forme si ovattavano in intonazioni riflessive, introverse, riscontrabili in Sobborghi di Milano1930.
A freschi esiti di mediazione tra ordine compositivo e immediatezza di sensazione si ispirava la natura morta (Aringhe sul tovagliolo1940; La verza1950), frutto di esercizio serio e meditato, specchio di una intensa concezione morale dell’arte.
Ne parlano Nicoletta Colombo, curatrice della mostra e critica ufficiale dell’opera dell’artista, ed Elena Pontiggia.
La sala dedicata a Raffaele De Grada rende omaggio a un artista del Novecento Italiano partecipe in più circostanze della vita espositiva della Permanente, dove era presente anche in occasione delle due storiche mostre del Novecento Italiano (1926 e 1929).
Attraverso quindici opere significative è riassunta la sua poetica, a partire da uno dei primi saggi realizzati in gioventù, Kirche im Tessin1913, testimonianza dell’attenzione ai modelli germanici. La predilezione per i temi di paesaggio, derivatagli dalla formazione secessionista avvenuta a Zurigo e a Dresda, non invalidava la tenuta di un’anima classicamente italiana.
La precoce conoscenza del modello cézanniano lo allineava al recupero della tradizione in chiave moderna. Al rientro in Italia nel 1919, De Grada si inseriva nel clima del Ritorno all’ordine, che per l’artista si identificava con lo studio dei primitivi senesi e di Giotto. Il recupero della tradizione si coniugava, dopo il trasferimento a Firenze del 1921, con valori di cristallina atmosfericità, riscontrabili nei dipinti Casa a Giramonte e Paesaggio dell’Elbadel 1924.
L’adesione al Novecento Italiano avveniva nei termini personali di conciliazione tra il rigore strutturale dei novecentisti milanesi e l’esplicito naturalismo dei toscani.
Il saldo impianto pittorico e plastico riferito agli esempi di Cézanne e Derain, osservabile in Isola d’Elba1924, in Mulino di Santa Chiara1927 - di proprietà della Collezione d’arte della Permanente - e nei saggi a tema sangimignanese qui esposti, si stemperava in un lirismo soffice e argentino a contatto con la Versilia (Capanno a Forte dei Marmi1946), dove lavorava nei mesi estivi.
L’artista sperimentava anche la composizione di figura, elemento chiave delle poetiche novecentiste (Corinna1923 e Nudi nel bosco1930).
Nel 1929, il ritorno definitivo a Milano, sua città natale, risvegliava le istintive qualità lombarde: le forme si ovattavano in intonazioni riflessive, introverse, riscontrabili in Sobborghi di Milano1930.
A freschi esiti di mediazione tra ordine compositivo e immediatezza di sensazione si ispirava la natura morta (Aringhe sul tovagliolo1940; La verza1950), frutto di esercizio serio e meditato, specchio di una intensa concezione morale dell’arte.
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