Serata d’arte e musica

Giorgio Vasari, L’Annunciazione di Szeged, 1570-71

 

Dal 24 Novembre 2022 al 24 Novembre 2022

Roma

Luogo: Palazzo Falconieri

Indirizzo: Via Giulia 1

Orari: ore 19


Giovedì 24 novembre, alle ore 19.00 presso il Palazzo Falconieri si terrà una SERATA D’ARTE E MUSICA, che prevede il vernissage di due mostre: rispettivamente Giorgio Vasari: L’Annunciazione di Szeged 
Lassù e quaggiù – riflessioni contemporanee
; nonché il concerto da camera dell’Orchestra Sinfonica Alba Regia.
Interverranno: Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani; László Kiss-Rigó, vescovo della Diocesi di 
Szeged-Csanád; Miklós Sulyok, membro corrispondente dell’Accademia Ungherese delle Arti.
 
Giorgio Vasari: L’Annunciazione di Szeged
Il capolavoro manierista dalla sorte misteriosa, dopo ben duecento anni torna dall’Ungheria (dal Museo Móra Ferenc di Szeged) in Italia. La tavola in legno di notevoli dimensioni, realizzata attorno al 1570/71, viene attribuita a Giorgio Vasari, celebre artista, architetto e storiografo, nonché agli artisti della sua bottega romana. L’Annunciazione originariamente fece parte di una serie di quattro tondi in tavola destinati alla Cappella di San Michele di Torre Pia in Vaticano, all’epoca considerato quale cuore dello Stato Pontificio. Il tondo volto a decorare il peduccio nord-orientale della cupola, analogamente agli altri tre tondi collocati nella volta della cupola, corrispondeva al concetto iconografico commissionato dal papa ovvero raffigurava delle virtù angeliche. I quattro tondi di cui sopra, col tempo si dispersero, sia per via delle requisizioni delle truppe napoleoniche (1789, 1808), sia per i lavori di ristrutturazione degli appartamenti papali, incominciati nel 1815. L’Annunciazione dunque giunse in Ungheria presumibilmente a seguito di tali vicissitudini, in modo tutt’oggi sconosciuto agli esperti. Fece la sua prima comparsa al mercato delle opere d’arte di Budapest nel 1896. Nel 1925 il dipinto, in seguito ad un accordo di lascito da parte dei coniugi Enyedi-Zsótér. giunse dalla loro collezione privata tramite donazione alla Biblioteca Somogyi/Museo comunale di Szeged. Dopo le varie attribuzioni alla tavola è stato Louis Alexander Waldman, storico d’arte americano ad accostare definitivamente il dipinto alla Cappella, e dunque alla mano di Vasari. Lo stesso Waldman nell’autunno del 2009 ha confermato la provenienza dell’opera d’arte dal valore di svariati milioni di dollari con vari documenti.
L’autore del dipinto nella sua opera intese rappresentare quel momento particolarmente illustre del Vangelo di Luca (Luca 1, 26-38) in cui il messaggero di Dio, l’arcangelo Gabriele, si manifestò a Maria. Nella storia dell’arte tale Annunciazione è considerato quale l’incarnazione del Verbo di Dio: il rapporto mistico tra Dio e Maria.
L’ex cappella del Vaticano, all’inizio dell’Ottocento cessò la propria funzione e venne completamente rimodellata: al posto dei tondi vasariani staccati e dispersi, nel 1837, in linea con il nuovo polo museale vennero collocati dei nuovi tondi, questa volta dipinti al fresco. Lo spazio una volta destinata alla preghiera e contemplazione privata, al giorno d’oggi è un incrocio tra due corridoi trafficatissimi dai turisti, vicino alle scale che conducono alla Cappella Sistina. In data 21 maggio del 2011, il capolavoro vasariano, conformemente alla sede del suo ritrovamento, durante una messa celebrata presso il Duomo di Szeged venne rinominato L’Annunciazione di Szeged.
 
Parallelamente alla mostra Giorgio Vasari: L’Annunciazione di Szeged allestita presso la Galleria del Palazzo Falconieri, gli interessati potranno visitare anche la mostra intitolata Lassù e quaggiù sul Piano Nobile dello stesso edificio. Quest’ultima esposizione che comprende le opere di tre artisti ungheresi (József Baksai, Tamás Kárpáti, Ilona Lovas), farà non solo da cornice all’Annunciazione attribuita al noto maestro italiano, bensì offrirà un valido confronto circa la trasformazione dell’iconografia cristiana tradizionale che nel tempo tende a divenire irriconoscibile se non addirittura a scomparire. La sensibilità degli artisti al sacro come si potrà notare nelle opere esposte rimane invariabile, con un chiaro riferimento al loro vissuto.

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