Regan Wheat. Contingency / Adriana Luperto. Confini
Dal 04 Novembre 2021 al 07 Novembre 2021
Torino
Luogo: Torino Esposizioni
Indirizzo: Via Francesco Petrarca 39b
Telefono per informazioni: +39 347 3681894
E-Mail info: crumbgalleryfi@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.crumbgallery.com
CRUMB GALLERY, spazio espositivo nato a Firenze per ospitare solo artiste donne, presenta a Torino a The Others 2021, ( 4 - 7 novembre, Padiglione 3 Torino Esposizioni - Stand A4) un progetto che unisce il lavoro di due artiste: l’americana Regan Wheat e la salentina Adriana Luperto. Le accomuna la scelta di vivere in Toscana e le accomuna una poetica, ben percepibile nelle opere in mostra, che indaga le separazioni, gli attraversamenti, il colore crepuscolare che separa una vita da un’altra, i cambiamenti delle esistenze, la vita e la morte.
Gli oli su tela di Regan Wheat sono tutti ritratti di bambini, perduti in un attimo infinito, fissato sulla tela, ma destinato a non tornare mai. Quei dipinti indagano i dislocamenti – per il clima e la desertificazione, per i conflitti e le guerre, per le dispute sui confini, per l’accaparramento delle risorse – che provocano un andare per il mondo che non ha niente di gioioso, che non ha nulla della scoperta, che non somiglia neanche un po’ alla ricerca di avventura di quella parte di pianeta che siamo abituati a considerare il tutto. Ma che è invece un’immane e inimmaginabile tragedia. È nei volti dei bambini – che dovrebbero essere il futuro, la speranza – che si specchia quella tragedia. Li guardiamo per un attimo, ritratti nelle pagine dei giornali, per poi dimenticarli subito dopo, spiega l’artista. Con il termine contingency, la Wheat si riferisce inoltre alla stessa natura contingente della pittura, “c'è la condizionalità o causalità, una disgiunzione e una sintesi che avvengono nell'apparire e nello scomparire dell'immagine” ci racconta. “Per me è importante che il mezzo rispecchi il messaggio (per così dire), da qui la contingenza del titolo per questo progetto.”
Nel saggio di presentazione alla mostra dal titolo Bambini nel tempo, ispirato a un romanzo di Ian McEwan, Rory Cappelli richiama quel senso di perdita ineluttabile che avvolge e assale l’essere umano quando a scomparire dal radar delle storie e della Storia sono i bambini: bambini siriani trucidati da una guerra terribile, bambini messicani incastrati in confini che li inghiottono senza lasciarne traccia, bambini africani travolti in conflitti etnici o costretti a fuggire perché la loro terra è diventata un immenso deserto, bambini palestinesi persi in campi senza più ulivi. Vittime, tutti, delle guerre di altri. Occhi, volti, mani, pennellate dense di colore e di dolore che parlano e spiegano più di quanto potrebbe mai fare nessuna cronaca.
Le opere di Adriana Luperto, che fanno parte della serie Confini, mettono in scena quell’attimo immobile e incantato in cui l’aria si fa rarefatta e il silenzio assoluto, l’attimo in cui quei bambini sono ritratti: in Wheat sono i volti, in Luperto sono i luoghi. È il momento in cui si incontra l’altro: l’altro da sé, il Paese straniero, la fine e un nuovo inizio, l’inaspettato. Pura angoscia e paura dell’ignoto, oppure speranza per qualcosa che ancora non si conosce, per il passaggio da uno stato a un altro o, anche, da uno Stato a un altro. “Ci sono luoghi nella mia vita”, racconta Luperto, “in cui sono arrivata in punta di piedi, poco per volta, come in sogno. Altri che sono apparsi come un’esplosione improvvisa. E, sempre, mi sono trovata di fronte a un paesaggio sconosciuto, inaspettato”. Luoghi che emergono dalla nebbia o che scompaiono affogati nel crepuscolo per lasciare spazio all’ignoto. Luoghi che sono i tanti cambiamenti cui ti costringe l’esistenza stessa. Luoghi assoluti eppure effimeri. Proprio come la morte.
Le trasformazioni dell’esistenza, i confini da attraversare alla Conrad, quell’attimo in cui la luce sfarfalla una volta ancora per poi spegnersi e diventare buio fitto, sono la materia iconografica di queste nuove opere di Adriana Luperto che si cimenta qui con l’olio su tela, dopo tanti acquerelli della sua ultima produzione. Un media usato con forza, pur nella delicatezza del tratto: per l’impasto, per la matericità. Quelle case con i tetti spioventi o appena accennati, ritratti nel cielo assoluto del confine della vita, sono come i volti dei bambini: parlano di qualcosa che non tornerà più, immobile nel tempo, perduto nello spazio.
Regan Wheat (1973 Lakin, Kansas, USA | vive e lavora in Italia) è un artista multimediale che da sempre fa un lavoro di archiviazione, analizza ciò che si perde (o manca) nel linguaggio, nella storia e nei luoghi, evidenziando il sottile divario tra significato e comprensione. Opera all'interno dello spazio immaginario della parola, delle storie dimenticate contenute nella memoria collettiva che sembrano mantenere e perpetuare il proprio significato, nonostante il crollo di schemi culturali, sociopolitici e storici.
Ha conseguito un Bachelor of Fine Arts presso l'Università del Kansas nel 1995 e un Master of Fine Arts in Scultura presso la Cranbrook Academy of Art nel 2003.
Dal 1997 ha partecipato a workshop e residenze in Italia e Sud Africa, guidati dagli artisti & educatori Rosenclaire. Tra le mostre recenti: contingency , COOP Gallery, Nashville, Tennessee, USA 2018; Ritrattare a cura di Gino Gianuizzi, L'Entrepôt Danie Boeri Galerie d'art contemporain, Monte Carlo MONACO 2017; la fine del nuovo a cura di Paolo Toffolutti, Villa Otellio-Savorgnan | Ariis Di Rivignano-Teor (UD) | Villa di Toppo Florio, Buttrio (UD), ITALIA; Quarantanniealtro a cura di Lorenzo Bruni, Galleria Susanna Orlando, Pietrasanta (LU), ITALIA 2016; Misura del Mondo , a cura di Paolo Parisi, Casabianca, Zola Predosa (BO) ITALY 2013; MADEINFILANDIA, Pieve a Presciano (AR) ITALIA 2012; Regan Wheat Works on Paper , (mostra personale) Galleria SRISA, Firenze ITALIA 2012; Fabbrica Europa , Festival Internazionale della Scena Contemporanea, Firenze ITALIA 2012; Mente Caritas , Notte Bianca, Firenze ITALIA 2011; Parliamo di Love Baby , (mostra itinerante) Printed Matter, NY, NY, USA | Museo d'arte contemporanea, Detroit, Michigan, USA | Craft Alliance Gallery, St. Louis, Missouri, USA | Oakland University Art Gallery, Rochester, Michigan, USA | Collezione di libri d'artista Joan Flasch, Chicago, Illinois, USA | Galleria Nazionale, Harare, Zimbabwe | Asni Village, Addis Abeba, Etiopia, 2010-2013; (ri)memorizzato terra(e)scappa qui, là, ovunque, Hampden Gallery University of Massachusetts, Amherst, Massachusettes, USA 2009.
Adriana Luperto, salentina di nascita, da sempre ha vissuto intrecciando attività lavorative diverse con la passione per l’arte e la pittura. A 21 anni si trasferisce a Milano. Nel 1989 durante un viaggio in Cina, si ferma un mese a Shanghai e prende lezioni da un maestro locale, con il quale studia e esplora la tecnica tradizionale dell’acquerello su carta di riso. All’inizio degli anni Novanta lavora con continuità a scenografie, murales e allestimenti a Lugano, in collaborazione con una scenografa/attrice svizzera e una grafica portoricana. Dal 2000 espone in diverse personali a Milano, cercando per le sue opere luoghi estranei ai circuiti espositivi: cortili di abitazioni, bar, locali notturni.
Nel 2005 collabora con la cantautrice Pia Tuccitto illustrando il booklet del suo cd, Un segreto che. Sempre nel 2005 espone a Bologna nella manifestazione Video Freccia, e successivamente, a novembre dello stesso anno presso MaKìa. Nel 2007 partecipa nell’ambito della Biennale di Venezia a 13×17 Padiglione Italia, iniziativa curata da Philippe Daverio e Jean Blanchaert (AA.VV., 13×17, 1000 artisti per un’indagine eccentrica sull’arte in Italia, catalogo Rizzoli). Nel 2009 espone prima a Milano nella mostra dal titolo di là, insieme ad Antonella De Simone, presso lo storico locale Cicip Ciciap e poi a Lecce, alla galleria Cortenumero9. Tra il 2014 e il 2016 lavora a un ciclo di acrilici di grande formato, dal titolo La solitudine dell’amore, di cui la casa editrice VandAepublisher pubblica il catalogo nel 2017 (prefazione di Rory Cappelli de La Repubblica).
Dal 2016 vive tra Lecce e Firenze e dopo aver lavorato in diversi campi - dal mondo audio e luci per lo spettacolo, a quello del design fino al mondo della ristorazione - decide di dedicarsi completamente all’arte. Tra le ultime personali: Milano nei miei occhi Libreria Bocca, Milano (6 dicembre 2017 – 8 gennaio 2018), catalogo VandAepublisher a cura di Vera Agosti (2017); Preferisco il rumore del mare, Tethys Gallery, Firenze (aprile 2018); da milano al mare, Osteria Ronchetto, Lugano (giugno 2018); Fuori, qèc – via Sercambi, Firenze (novembre 2018); Tra terra e cielo, Crumb Gallery, Firenze (giugno 2019).
Gli oli su tela di Regan Wheat sono tutti ritratti di bambini, perduti in un attimo infinito, fissato sulla tela, ma destinato a non tornare mai. Quei dipinti indagano i dislocamenti – per il clima e la desertificazione, per i conflitti e le guerre, per le dispute sui confini, per l’accaparramento delle risorse – che provocano un andare per il mondo che non ha niente di gioioso, che non ha nulla della scoperta, che non somiglia neanche un po’ alla ricerca di avventura di quella parte di pianeta che siamo abituati a considerare il tutto. Ma che è invece un’immane e inimmaginabile tragedia. È nei volti dei bambini – che dovrebbero essere il futuro, la speranza – che si specchia quella tragedia. Li guardiamo per un attimo, ritratti nelle pagine dei giornali, per poi dimenticarli subito dopo, spiega l’artista. Con il termine contingency, la Wheat si riferisce inoltre alla stessa natura contingente della pittura, “c'è la condizionalità o causalità, una disgiunzione e una sintesi che avvengono nell'apparire e nello scomparire dell'immagine” ci racconta. “Per me è importante che il mezzo rispecchi il messaggio (per così dire), da qui la contingenza del titolo per questo progetto.”
Nel saggio di presentazione alla mostra dal titolo Bambini nel tempo, ispirato a un romanzo di Ian McEwan, Rory Cappelli richiama quel senso di perdita ineluttabile che avvolge e assale l’essere umano quando a scomparire dal radar delle storie e della Storia sono i bambini: bambini siriani trucidati da una guerra terribile, bambini messicani incastrati in confini che li inghiottono senza lasciarne traccia, bambini africani travolti in conflitti etnici o costretti a fuggire perché la loro terra è diventata un immenso deserto, bambini palestinesi persi in campi senza più ulivi. Vittime, tutti, delle guerre di altri. Occhi, volti, mani, pennellate dense di colore e di dolore che parlano e spiegano più di quanto potrebbe mai fare nessuna cronaca.
Le opere di Adriana Luperto, che fanno parte della serie Confini, mettono in scena quell’attimo immobile e incantato in cui l’aria si fa rarefatta e il silenzio assoluto, l’attimo in cui quei bambini sono ritratti: in Wheat sono i volti, in Luperto sono i luoghi. È il momento in cui si incontra l’altro: l’altro da sé, il Paese straniero, la fine e un nuovo inizio, l’inaspettato. Pura angoscia e paura dell’ignoto, oppure speranza per qualcosa che ancora non si conosce, per il passaggio da uno stato a un altro o, anche, da uno Stato a un altro. “Ci sono luoghi nella mia vita”, racconta Luperto, “in cui sono arrivata in punta di piedi, poco per volta, come in sogno. Altri che sono apparsi come un’esplosione improvvisa. E, sempre, mi sono trovata di fronte a un paesaggio sconosciuto, inaspettato”. Luoghi che emergono dalla nebbia o che scompaiono affogati nel crepuscolo per lasciare spazio all’ignoto. Luoghi che sono i tanti cambiamenti cui ti costringe l’esistenza stessa. Luoghi assoluti eppure effimeri. Proprio come la morte.
Le trasformazioni dell’esistenza, i confini da attraversare alla Conrad, quell’attimo in cui la luce sfarfalla una volta ancora per poi spegnersi e diventare buio fitto, sono la materia iconografica di queste nuove opere di Adriana Luperto che si cimenta qui con l’olio su tela, dopo tanti acquerelli della sua ultima produzione. Un media usato con forza, pur nella delicatezza del tratto: per l’impasto, per la matericità. Quelle case con i tetti spioventi o appena accennati, ritratti nel cielo assoluto del confine della vita, sono come i volti dei bambini: parlano di qualcosa che non tornerà più, immobile nel tempo, perduto nello spazio.
Regan Wheat (1973 Lakin, Kansas, USA | vive e lavora in Italia) è un artista multimediale che da sempre fa un lavoro di archiviazione, analizza ciò che si perde (o manca) nel linguaggio, nella storia e nei luoghi, evidenziando il sottile divario tra significato e comprensione. Opera all'interno dello spazio immaginario della parola, delle storie dimenticate contenute nella memoria collettiva che sembrano mantenere e perpetuare il proprio significato, nonostante il crollo di schemi culturali, sociopolitici e storici.
Ha conseguito un Bachelor of Fine Arts presso l'Università del Kansas nel 1995 e un Master of Fine Arts in Scultura presso la Cranbrook Academy of Art nel 2003.
Dal 1997 ha partecipato a workshop e residenze in Italia e Sud Africa, guidati dagli artisti & educatori Rosenclaire. Tra le mostre recenti: contingency , COOP Gallery, Nashville, Tennessee, USA 2018; Ritrattare a cura di Gino Gianuizzi, L'Entrepôt Danie Boeri Galerie d'art contemporain, Monte Carlo MONACO 2017; la fine del nuovo a cura di Paolo Toffolutti, Villa Otellio-Savorgnan | Ariis Di Rivignano-Teor (UD) | Villa di Toppo Florio, Buttrio (UD), ITALIA; Quarantanniealtro a cura di Lorenzo Bruni, Galleria Susanna Orlando, Pietrasanta (LU), ITALIA 2016; Misura del Mondo , a cura di Paolo Parisi, Casabianca, Zola Predosa (BO) ITALY 2013; MADEINFILANDIA, Pieve a Presciano (AR) ITALIA 2012; Regan Wheat Works on Paper , (mostra personale) Galleria SRISA, Firenze ITALIA 2012; Fabbrica Europa , Festival Internazionale della Scena Contemporanea, Firenze ITALIA 2012; Mente Caritas , Notte Bianca, Firenze ITALIA 2011; Parliamo di Love Baby , (mostra itinerante) Printed Matter, NY, NY, USA | Museo d'arte contemporanea, Detroit, Michigan, USA | Craft Alliance Gallery, St. Louis, Missouri, USA | Oakland University Art Gallery, Rochester, Michigan, USA | Collezione di libri d'artista Joan Flasch, Chicago, Illinois, USA | Galleria Nazionale, Harare, Zimbabwe | Asni Village, Addis Abeba, Etiopia, 2010-2013; (ri)memorizzato terra(e)scappa qui, là, ovunque, Hampden Gallery University of Massachusetts, Amherst, Massachusettes, USA 2009.
Adriana Luperto, salentina di nascita, da sempre ha vissuto intrecciando attività lavorative diverse con la passione per l’arte e la pittura. A 21 anni si trasferisce a Milano. Nel 1989 durante un viaggio in Cina, si ferma un mese a Shanghai e prende lezioni da un maestro locale, con il quale studia e esplora la tecnica tradizionale dell’acquerello su carta di riso. All’inizio degli anni Novanta lavora con continuità a scenografie, murales e allestimenti a Lugano, in collaborazione con una scenografa/attrice svizzera e una grafica portoricana. Dal 2000 espone in diverse personali a Milano, cercando per le sue opere luoghi estranei ai circuiti espositivi: cortili di abitazioni, bar, locali notturni.
Nel 2005 collabora con la cantautrice Pia Tuccitto illustrando il booklet del suo cd, Un segreto che. Sempre nel 2005 espone a Bologna nella manifestazione Video Freccia, e successivamente, a novembre dello stesso anno presso MaKìa. Nel 2007 partecipa nell’ambito della Biennale di Venezia a 13×17 Padiglione Italia, iniziativa curata da Philippe Daverio e Jean Blanchaert (AA.VV., 13×17, 1000 artisti per un’indagine eccentrica sull’arte in Italia, catalogo Rizzoli). Nel 2009 espone prima a Milano nella mostra dal titolo di là, insieme ad Antonella De Simone, presso lo storico locale Cicip Ciciap e poi a Lecce, alla galleria Cortenumero9. Tra il 2014 e il 2016 lavora a un ciclo di acrilici di grande formato, dal titolo La solitudine dell’amore, di cui la casa editrice VandAepublisher pubblica il catalogo nel 2017 (prefazione di Rory Cappelli de La Repubblica).
Dal 2016 vive tra Lecce e Firenze e dopo aver lavorato in diversi campi - dal mondo audio e luci per lo spettacolo, a quello del design fino al mondo della ristorazione - decide di dedicarsi completamente all’arte. Tra le ultime personali: Milano nei miei occhi Libreria Bocca, Milano (6 dicembre 2017 – 8 gennaio 2018), catalogo VandAepublisher a cura di Vera Agosti (2017); Preferisco il rumore del mare, Tethys Gallery, Firenze (aprile 2018); da milano al mare, Osteria Ronchetto, Lugano (giugno 2018); Fuori, qèc – via Sercambi, Firenze (novembre 2018); Tra terra e cielo, Crumb Gallery, Firenze (giugno 2019).
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