Collezione Fies. La prima collezione privata di opere mutuate dalla scena performativa
Dal 24 Novembre 2022 al 20 Febbraio 2023
Dro | Trento
Luogo: Centrale Fies
Indirizzo: Loc. Fies 1
Curatori: Denis Isaia
Costo del biglietto: ingresso gratuito su prenotazione
E-Mail info: info@centralefies.it
Sito ufficiale: http://www.centralefies.it
Dal 24 novembre Centrale Fies apre la sua collezione al pubblico. La mostra, a cura di Denis Isaia, presenta una selezione proveniente dalla prima raccolta italiana di opere mutuate alle arti performative: Collezione Fies.
La collezione ad oggi è composta da sole 20 opere, patrimonio tanto piccolo quanto prezioso, opere donate da artiste e artisti nel corso degli anni al centro di ricerca per le pratiche performative contemporanee. Collezione Fies è allo stesso tempo sia collezione che strumento di ricerca e si basa sull’esclusività rispetto al medium, ossia solo performance e solo live. Con questa pratica ci si vuole focalizzare non tanto sulla trasformazione dell’opera in un feticcio di quello che è accaduto durante l’azione performativa, piuttosto sullo svelamento dell’azione stessa, intesa come congegno riattivatore. Ogni opera è legata a una performance passata, di cui l’archivio online di Centrale Fies tiene traccia attraverso video, foto e spesso documenti e interviste, al quale chiunque vi può accedere.
La mostra nasce da un’idea del curatore Denis Isaia, per valorizzare la collezione attraverso una serie di progetti espositivi che, di volta in volta, toccheranno temi e immaginari differenti.
Il progetto originario di Collezione Fies, invece, ha origine nel 2014, da un’idea della co-founder di Centrale Fies Barbara Boninsegna in dialogo con l’artista visiva pluripremiata Francesca Grilli e la curatrice Alessandra Saviotti.
Barbara Boninsegna: “Le domande che ci siamo poste in questi anni attraverso alcune riflessioni su Collezione Fies, hanno sempre avuto un carattere dinamico che non tradisse l’azione transitoria della performance. Il tentativo non è mai stato quello di “documentare” la natura effimera della performance in modo differente, ma chiedersi come poterla riattivare a partire dalle sue impronte, trasformandola in altro.”
Il curatore Denis Isaia: “per noi è interessante cercare di capire come si posizioni un oggetto tra l’azione passata che lo ha generato e il suo continuare a vivere in contesti diversi, ma anche in maniera speculativa chiedersi quante azioni potrebbero nascere da un solo oggetto. Collezione Fies è inoltre vincitrice della seconda edizione del Concorso i6 dedicato alle realtà indipendenti italiane che sperimentano la ricerca nei linguaggi del Contemporaneo di ArtVerona | Art Project Fair. Nel 2014 era stata individuata come il miglior progetto declinato sul tema della qualità”.
Il pubblico si troverà dinanzi a una selezione di 11 opere, ognuna delle quali legate a un’azione performativa citata tramite QR-code. Come nel caso di Vynil with performance ashes, l’opera di Francesca Grilli: un disco in vinile sul quale sono state registrate tracce audio durante la performance a Centrale Fies nel 2001, un concerto per archi di alcuni brani di musica italiana eliminati o modificati dalla censura e riproposti nella loro originalità ed integrità musicale. All’interno del vinile le ceneri degli spartiti infuocati durante il concerto, a risancire l’azione riflessiva della performance sul concetto di censura. In #Ed3n & The Perfect Life di Mara Oscar Cassiani, la dinamica oggetto perfomance è ancora differente: l’opera è un corpo di oggetti che posizionati in qualsiasi spazio evocano una diversa performatività, creando uno spazio nello spazio: una SPA per la meditazione e la cura del corpo. La scultura di Riccardo Giacconi, titolata The Variational Status, è invece parte di un’azione performativa che lasciava all’oggetto grande centralità: una marionetta automatica, costruita dalla storica Compagnia Marionettistica Carlo
Colla & Figli, a celebrare il teatro in una delle sue forme più iconiche e storiche.
Dell’artista Simon Asencio troviamo in mostra The Vain Dreamer (1765)], Flute, opera scultorea facente parte di una serie di strumenti a fiato in maiolica che rendono omaggio a canti anonimi compilati da John S. Farmer, lessicografo, spiritualista e scrittore britannico, noto per il suo dizionario di slang in sette volumi. L'opera è un flauto composto da due mani intrecciate, strumento pensato come ausilio per coloro che hanno perso la capacità di cantare e fare poesia, in una considerazione più ampia di come slang e canti vernacolari, siano stati in realtà la base per la poetica e la poesia più alta.
Impattante e di tutt’altro segno la fotografia di Santiago Sierra L’abbeveratoio, che si rifà a una performance che metteva in scena diversi elementi a partire dal video girato in parte al Tempio Karni Mata in Deshnoke in Rajasthan, dove i topi sono considerati sacri, e in parte a Centrale Fies (2015), in cui su un pavimento a scacchi bianchi e neri una svastica fungeva da abbeveratoio per la moltitudine di topi che, sotto lo sguardo di alcuni spettatori, attingevano al latte messo a loro disposizione. Una svastica piena di latte per gli animali sacri, latte associato a innocenza e purezza, la svastica come simbolo antichissimo e di buon auspicio, di cui il Nazifascismo si è appropriato legandolo a una della pagine più oscure dell’Europa del’900, mutandone profondamente il senso, invertendone totalmente il segno. A dialogare con l’opera di Sierra, L’Angolo del saluto di Giovanni Morbin: un prisma a base triangolare il cui vertice più alto è costituito da una lama di acciaio inox, diventa una riflessione sul gesto -non solo performativo- ma su un gesto in particolare, quello del saluto fascista, di cui la lama riproduce la perfetta angolazione del braccio teso al saluto, definita dall’artista “quasi uno stampo per un’azione da compiere”. L’opera rimanda ai meccanismi di rappresentazione che contribuivano ad una estetizzazione della vita politica del ventennio, rendendo materica e scultorea la forza offensiva di un gesto e ragionando su come questo gesto fosse adesione al progetto politico del fascismo.
Alcune delle opere di Collezione Fies sono invece tracce di ciò che è avvenuto, ma sono capaci di riempire lo spazio con una vita e narrazione propria, come nel caso dell’opera di Moving Landscape, di Darius Dolatyari-Dolatdoust,che arriva dalla performance agita all’interno di Storia Notturna (collettiva del 2020, centrale Fies a cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna) ed è un grande lavoro tessile che mischia gli immaginari dell’artista, che utilizza le proprie opere materiche per performarle col corpo. Anagoor, crew artistica teatrale e performativa, è presente in collezione con una scansione in 3d di una statua classica, raffigurante Apollo, in un’operazione di “raccolta di una realtà lunga 2500 anni, come il frontone del tempio di Zeus a Olimpia”, per darne una nuova identità digitale; infine le opere di Curt Steckel e Filippo Minelli, che nascono proprio per essere traccia. Entrambe le opere (una scultorea e l’altra fotografica) sono state creata all'interno di unseen perfomance, ossia performance agite in assenza di pubblico: la prima costruita poco prima del momento dell’entrata del pubblico in sala, che si ritrova a viverne le tracce, gli odori e l’energia di quello che è successo un attimo prima, e vendendone gli esiti e non il suo svolgersi; la seconda fermata da una fotografia.
Opening giovedì 24 Novembre dalle ore 18.30
a seguire visita col curatore Denis Isaia e l’artista Giovanni Morbin
La collezione ad oggi è composta da sole 20 opere, patrimonio tanto piccolo quanto prezioso, opere donate da artiste e artisti nel corso degli anni al centro di ricerca per le pratiche performative contemporanee. Collezione Fies è allo stesso tempo sia collezione che strumento di ricerca e si basa sull’esclusività rispetto al medium, ossia solo performance e solo live. Con questa pratica ci si vuole focalizzare non tanto sulla trasformazione dell’opera in un feticcio di quello che è accaduto durante l’azione performativa, piuttosto sullo svelamento dell’azione stessa, intesa come congegno riattivatore. Ogni opera è legata a una performance passata, di cui l’archivio online di Centrale Fies tiene traccia attraverso video, foto e spesso documenti e interviste, al quale chiunque vi può accedere.
La mostra nasce da un’idea del curatore Denis Isaia, per valorizzare la collezione attraverso una serie di progetti espositivi che, di volta in volta, toccheranno temi e immaginari differenti.
Il progetto originario di Collezione Fies, invece, ha origine nel 2014, da un’idea della co-founder di Centrale Fies Barbara Boninsegna in dialogo con l’artista visiva pluripremiata Francesca Grilli e la curatrice Alessandra Saviotti.
Barbara Boninsegna: “Le domande che ci siamo poste in questi anni attraverso alcune riflessioni su Collezione Fies, hanno sempre avuto un carattere dinamico che non tradisse l’azione transitoria della performance. Il tentativo non è mai stato quello di “documentare” la natura effimera della performance in modo differente, ma chiedersi come poterla riattivare a partire dalle sue impronte, trasformandola in altro.”
Il curatore Denis Isaia: “per noi è interessante cercare di capire come si posizioni un oggetto tra l’azione passata che lo ha generato e il suo continuare a vivere in contesti diversi, ma anche in maniera speculativa chiedersi quante azioni potrebbero nascere da un solo oggetto. Collezione Fies è inoltre vincitrice della seconda edizione del Concorso i6 dedicato alle realtà indipendenti italiane che sperimentano la ricerca nei linguaggi del Contemporaneo di ArtVerona | Art Project Fair. Nel 2014 era stata individuata come il miglior progetto declinato sul tema della qualità”.
Il pubblico si troverà dinanzi a una selezione di 11 opere, ognuna delle quali legate a un’azione performativa citata tramite QR-code. Come nel caso di Vynil with performance ashes, l’opera di Francesca Grilli: un disco in vinile sul quale sono state registrate tracce audio durante la performance a Centrale Fies nel 2001, un concerto per archi di alcuni brani di musica italiana eliminati o modificati dalla censura e riproposti nella loro originalità ed integrità musicale. All’interno del vinile le ceneri degli spartiti infuocati durante il concerto, a risancire l’azione riflessiva della performance sul concetto di censura. In #Ed3n & The Perfect Life di Mara Oscar Cassiani, la dinamica oggetto perfomance è ancora differente: l’opera è un corpo di oggetti che posizionati in qualsiasi spazio evocano una diversa performatività, creando uno spazio nello spazio: una SPA per la meditazione e la cura del corpo. La scultura di Riccardo Giacconi, titolata The Variational Status, è invece parte di un’azione performativa che lasciava all’oggetto grande centralità: una marionetta automatica, costruita dalla storica Compagnia Marionettistica Carlo
Colla & Figli, a celebrare il teatro in una delle sue forme più iconiche e storiche.
Dell’artista Simon Asencio troviamo in mostra The Vain Dreamer (1765)], Flute, opera scultorea facente parte di una serie di strumenti a fiato in maiolica che rendono omaggio a canti anonimi compilati da John S. Farmer, lessicografo, spiritualista e scrittore britannico, noto per il suo dizionario di slang in sette volumi. L'opera è un flauto composto da due mani intrecciate, strumento pensato come ausilio per coloro che hanno perso la capacità di cantare e fare poesia, in una considerazione più ampia di come slang e canti vernacolari, siano stati in realtà la base per la poetica e la poesia più alta.
Impattante e di tutt’altro segno la fotografia di Santiago Sierra L’abbeveratoio, che si rifà a una performance che metteva in scena diversi elementi a partire dal video girato in parte al Tempio Karni Mata in Deshnoke in Rajasthan, dove i topi sono considerati sacri, e in parte a Centrale Fies (2015), in cui su un pavimento a scacchi bianchi e neri una svastica fungeva da abbeveratoio per la moltitudine di topi che, sotto lo sguardo di alcuni spettatori, attingevano al latte messo a loro disposizione. Una svastica piena di latte per gli animali sacri, latte associato a innocenza e purezza, la svastica come simbolo antichissimo e di buon auspicio, di cui il Nazifascismo si è appropriato legandolo a una della pagine più oscure dell’Europa del’900, mutandone profondamente il senso, invertendone totalmente il segno. A dialogare con l’opera di Sierra, L’Angolo del saluto di Giovanni Morbin: un prisma a base triangolare il cui vertice più alto è costituito da una lama di acciaio inox, diventa una riflessione sul gesto -non solo performativo- ma su un gesto in particolare, quello del saluto fascista, di cui la lama riproduce la perfetta angolazione del braccio teso al saluto, definita dall’artista “quasi uno stampo per un’azione da compiere”. L’opera rimanda ai meccanismi di rappresentazione che contribuivano ad una estetizzazione della vita politica del ventennio, rendendo materica e scultorea la forza offensiva di un gesto e ragionando su come questo gesto fosse adesione al progetto politico del fascismo.
Alcune delle opere di Collezione Fies sono invece tracce di ciò che è avvenuto, ma sono capaci di riempire lo spazio con una vita e narrazione propria, come nel caso dell’opera di Moving Landscape, di Darius Dolatyari-Dolatdoust,che arriva dalla performance agita all’interno di Storia Notturna (collettiva del 2020, centrale Fies a cura di Simone Frangi e Barbara Boninsegna) ed è un grande lavoro tessile che mischia gli immaginari dell’artista, che utilizza le proprie opere materiche per performarle col corpo. Anagoor, crew artistica teatrale e performativa, è presente in collezione con una scansione in 3d di una statua classica, raffigurante Apollo, in un’operazione di “raccolta di una realtà lunga 2500 anni, come il frontone del tempio di Zeus a Olimpia”, per darne una nuova identità digitale; infine le opere di Curt Steckel e Filippo Minelli, che nascono proprio per essere traccia. Entrambe le opere (una scultorea e l’altra fotografica) sono state creata all'interno di unseen perfomance, ossia performance agite in assenza di pubblico: la prima costruita poco prima del momento dell’entrata del pubblico in sala, che si ritrova a viverne le tracce, gli odori e l’energia di quello che è successo un attimo prima, e vendendone gli esiti e non il suo svolgersi; la seconda fermata da una fotografia.
Opening giovedì 24 Novembre dalle ore 18.30
a seguire visita col curatore Denis Isaia e l’artista Giovanni Morbin
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