Gli anni sessanta nelle collezioni Guggheneim. Oltre l'informale, verso la Pop Art
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Andy Warhol, Fiori (Flowers), s.d. Collezione privata, Venezia
Dal 09 Febbraio 2013 al 12 Maggio 2013
Vercelli
Luogo: Arca - Chiesa San Marco
Indirizzo: piazza San Marco 1
Orari: da lunedì a venerdi 9-19; sabato e festivi 10-20
Curatori: Luca Massimo Barbero
Enti promotori:
- Regione Piemonte
- Collezione Peggy Guggenheim
Costo del biglietto: € 9
Telefono per informazioni: +39 050 310920/ 36042
E-Mail info: ufficiostampa@spaini.it
Sito ufficiale: http://www.guggenheimvercelli.it
Promosso dalla Regione Piemonte in collaborazione con la Collezione Peggy Guggenheim, giunge al suo sesto appuntamento il fortunato ciclo espositivo ideato e curato da Luca Massimo Barbero per il Comune di Vercelli. L’attesa mostra Gli anni Sessanta nelle Collezioni Guggenheim. Oltre l’Informale, verso la Pop Art sarà ospitata nello spazio Arca di Vercelli dal 9 febbraio al 12 maggio 2013.
Dopo l’esposizione dedicata lo scorso anno a Miró, Mondrian e Calder, quest’anno approdano nella città piemontese oltre 50 capolavori dell’arte europea e americana degli anni Sessanta del Novecento, dei protagonisti indiscussi di questa straordinaria stagione, come Robert Rauschenberg, Jean Dubuffet, Cy Twombly, Frank Stella e Andy Warhol, padre della Pop Art, presente in mostra con la celebre serie Fiori (Flowers) del 1964. 13 lavori provengono dalla Collezione Hannelore B. e Rudolph B. Schulhof, recentemente acquisita dalla Collezione Peggy Guggenheim, e saranno presentati qui per la prima volta al di fuori del museo veneziano.
La mostra intende illustrare al grande pubblico il panorama artistico degli anni Sessanta quale fondamentale momento di svolta della cultura artistica occidentale, attraverso il confronto tra la scena creativa statunitense e quella europea. Un dialogo transoceanico tra capolavori assoluti, reso possibile dalla ricchezza delle Collezioni Guggenheim di Venezia e New York, che nell’individuazione di parallelismi e scambi permette di cogliere la maturazione di una nuova dimensione della cultura visiva.
Il 1964 è l’anno del trionfo della Pop Art americana alla Biennale di Venezia, che vede assegnare a Robert Rauschenberg il Gran Premio per la Pittura, spostando definitivamente il fulcro del sistema artistico da Parigi a New York. Non è passato nemmeno un anno dall'assassinio di John Fitzgerald Kennedy a Dallas, il sogno americano si è appena infranto e le opere di Rauschenberg, con una freschezza inaudita, testimoniano l'inizio di un mondo dove i media e la comunicazione rivestiranno un ruolo sempre più cruciale, influenzando tutto, dall'arte alla letteratura, al cinema. In quel giugno del 1964, il riconoscimento unanime che decreta il suo successo crea un grande scalpore, e per la prima volta l'arte europea perde il proprio predominio culturale sugli Stati Uniti.
Questo passaggio cruciale viene presentato in mostra attraverso i differenti indirizzi via via assunti dalla ricerca artistica, divisa tra la riduzione pittorica tramite l’impiego di monocromia e nuove valenze oggettuali e strutturali da una parte, e l’evoluzione della figurazione in un’arte fatta di icone originali e linguaggi medializzati dall’altra. Il monocromo e la nuova figura tratta da un immaginario popolare e quotidiano così come le sperimentazioni pittoriche di natura sintetica, quasi concettuale, diventano le polarità in cui si muovono sia la ricerca americana che quella europea, in una sorta di complessa convivenza. La mostra si sviluppa mettendo a confronto tre momenti fondamentali che ben raccontano l’arte di questi anni. Il primo è rappresentato da una situazione di superamento
dell’arte informale verso nuovi segni e spazi, in cui materia e linguaggio divengono luoghi di una inedita sperimentazione: qui si confrontano artisti come Dubuffet, Antoni Tapies, Twombly e Mark Tobey. In parallelo a questa situazione, è presentata l’ipotesi di riduzione espressiva rappresentata dalle nuove indagini monocrome e spaziali, fondata sulla rarefazione compositiva, il raffreddamento emotivo, la ridefinizione della pittura nella sua stessa dimensionalità (ad esempio nell’impiego delle shaped canvas, tele sagomate), ed espressa da autori come Fontana, Enrico Castellani, Stella, Kenneth Noland, Morris Louis, Agnes Martin e Bice Lazzari. Il momento culminante della mostra è infine rappresentato dalla rivoluzione iconica e mediatica che porta a maturazione la nuova figurazione Pop, fondata sulla reinterpretazione e dissacrazione della tradizione visiva secondo le coordinate della comunicazione contemporanea: espressa da tendenze quali la Pop Art, e rappresentata da autori come Jasper Johns, Rauschenberg, Richard Hamilton, Roy Lichtenstein e Warhol.
Dopo l’esposizione dedicata lo scorso anno a Miró, Mondrian e Calder, quest’anno approdano nella città piemontese oltre 50 capolavori dell’arte europea e americana degli anni Sessanta del Novecento, dei protagonisti indiscussi di questa straordinaria stagione, come Robert Rauschenberg, Jean Dubuffet, Cy Twombly, Frank Stella e Andy Warhol, padre della Pop Art, presente in mostra con la celebre serie Fiori (Flowers) del 1964. 13 lavori provengono dalla Collezione Hannelore B. e Rudolph B. Schulhof, recentemente acquisita dalla Collezione Peggy Guggenheim, e saranno presentati qui per la prima volta al di fuori del museo veneziano.
La mostra intende illustrare al grande pubblico il panorama artistico degli anni Sessanta quale fondamentale momento di svolta della cultura artistica occidentale, attraverso il confronto tra la scena creativa statunitense e quella europea. Un dialogo transoceanico tra capolavori assoluti, reso possibile dalla ricchezza delle Collezioni Guggenheim di Venezia e New York, che nell’individuazione di parallelismi e scambi permette di cogliere la maturazione di una nuova dimensione della cultura visiva.
Il 1964 è l’anno del trionfo della Pop Art americana alla Biennale di Venezia, che vede assegnare a Robert Rauschenberg il Gran Premio per la Pittura, spostando definitivamente il fulcro del sistema artistico da Parigi a New York. Non è passato nemmeno un anno dall'assassinio di John Fitzgerald Kennedy a Dallas, il sogno americano si è appena infranto e le opere di Rauschenberg, con una freschezza inaudita, testimoniano l'inizio di un mondo dove i media e la comunicazione rivestiranno un ruolo sempre più cruciale, influenzando tutto, dall'arte alla letteratura, al cinema. In quel giugno del 1964, il riconoscimento unanime che decreta il suo successo crea un grande scalpore, e per la prima volta l'arte europea perde il proprio predominio culturale sugli Stati Uniti.
Questo passaggio cruciale viene presentato in mostra attraverso i differenti indirizzi via via assunti dalla ricerca artistica, divisa tra la riduzione pittorica tramite l’impiego di monocromia e nuove valenze oggettuali e strutturali da una parte, e l’evoluzione della figurazione in un’arte fatta di icone originali e linguaggi medializzati dall’altra. Il monocromo e la nuova figura tratta da un immaginario popolare e quotidiano così come le sperimentazioni pittoriche di natura sintetica, quasi concettuale, diventano le polarità in cui si muovono sia la ricerca americana che quella europea, in una sorta di complessa convivenza. La mostra si sviluppa mettendo a confronto tre momenti fondamentali che ben raccontano l’arte di questi anni. Il primo è rappresentato da una situazione di superamento
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