Domus di Tito Macro
Guida Aquileia
- Dove: Domus di Tito Macro
Con una superficie di 1.700 metri quadrati, la Domus di Tito Macro è una delle più vaste dimore di epoca romana del Nord Italia. L’abitazione si estende per circa 77 metri in lunghezza e 25 in larghezza nel punto più ampio, tra due strade lastricate della città, all'interno di uno degli isolati meridionali dell’Aquileia romana.
Si ritiene che fosse la casa di Tito Macro, facoltoso abitante di Aquileia, sulla base del ritrovamento di un peso di pietra con maniglia di ferro riportante l’iscrizione T.MACR.
I recenti scavi hanno permesso di ricostruire la pianta dell’intera domus nella fase compresa tra la fine del I secolo a.C. e i primi decenni del I secolo d.C.
Alla casa si accedeva da ovest, attraverso un atrio sorretto da quattro colonne e dotato di vasca centrale per la raccolta dell’acqua con un pozzo parzialmente conservatosi e integrato nella parte mancante.
In asse con l’accesso si trovava il tablino, sala da ricevimento del padrone di casa, con ricco pavimento in mosaico. La parte retrostante della casa gravitava intorno a uno spazio centrale scoperto, il giardino, circondato da un corridoio mosaicato e decorato da una fontana.
Su di esso si apriva la grande sala di rappresentanza e, a sud, il triclinio, affiancato da ambienti di soggiorno e da una stanza da letto (cubicolo). Nell’ala opposta si trovava invece la cucina con bancone in muratura. Nella parte orientale sono state riconosciute quattro botteghe, tra le quali anche il negozio di un panettiere con il forno per la panificazione, i cui resti sono rimasti in vista.
Gli scavi e il progetto architettonico
La dimora fu studiata parzialmente negli anni ’50 del secolo scorso. Più recentemente, tra il 2009 e il 2015, è stata oggetto di scavi condotti da parte del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova, in convenzione con la Fondazione Aquileia e su concessione del MiBAC.
L’attività svolta dall’Università di Padova ha portato alla luce un’intera dimora, una casa ‘ad atrio’, attestata per la prima volta ad Aquileia. Di qui la decisione della Fondazione Aquileia di affrontare una tra le sfide più grandi e originali: riproporre nella sua interezza e nel suo ingombro spaziale una casa romana, realizzando una copertura che rendesse evidente anche al pubblico l’articolazione degli spazi e offrisse un’esperienza sensoriale diversa, ma non meno emozionante, di quella che si può vivere attraverso le ricostruzioni virtuali.
Fondo Cossar
La Domus di Tito Macro sorge all’interno del Fondo Cossar, il terreno che collega Piazza Capitolo alla pista ciclabile e all’accesso meridionale del Porto Fluviale.
Il Fondo Cossar abbraccia un’ampia porzione di uno degli isolati meridionali della Aquileia romana, all’angolo Sud-Est delle mura repubblicane, dal quale provengono il celeberrimo mosaico del ratto d’Europa, il bellissimo pavimento con tralcio di vite con fiocco e il ‘pavimento non spazzato’, ora esposti al Museo Archeologico Nazionale, oltre al mosaico del Buon Pastore dall’abito singolare, provvisoriamente collocato a Palazzo Meizlik.
Insieme alla Domus di Tito Macro, individuata per intero tra i due assi viari che delimitano il quartiere, sono stati individuati i resti di almeno altre due abitazioni.
Si ritiene che fosse la casa di Tito Macro, facoltoso abitante di Aquileia, sulla base del ritrovamento di un peso di pietra con maniglia di ferro riportante l’iscrizione T.MACR.
I recenti scavi hanno permesso di ricostruire la pianta dell’intera domus nella fase compresa tra la fine del I secolo a.C. e i primi decenni del I secolo d.C.
Alla casa si accedeva da ovest, attraverso un atrio sorretto da quattro colonne e dotato di vasca centrale per la raccolta dell’acqua con un pozzo parzialmente conservatosi e integrato nella parte mancante.
In asse con l’accesso si trovava il tablino, sala da ricevimento del padrone di casa, con ricco pavimento in mosaico. La parte retrostante della casa gravitava intorno a uno spazio centrale scoperto, il giardino, circondato da un corridoio mosaicato e decorato da una fontana.
Su di esso si apriva la grande sala di rappresentanza e, a sud, il triclinio, affiancato da ambienti di soggiorno e da una stanza da letto (cubicolo). Nell’ala opposta si trovava invece la cucina con bancone in muratura. Nella parte orientale sono state riconosciute quattro botteghe, tra le quali anche il negozio di un panettiere con il forno per la panificazione, i cui resti sono rimasti in vista.
Gli scavi e il progetto architettonico
La dimora fu studiata parzialmente negli anni ’50 del secolo scorso. Più recentemente, tra il 2009 e il 2015, è stata oggetto di scavi condotti da parte del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova, in convenzione con la Fondazione Aquileia e su concessione del MiBAC.
L’attività svolta dall’Università di Padova ha portato alla luce un’intera dimora, una casa ‘ad atrio’, attestata per la prima volta ad Aquileia. Di qui la decisione della Fondazione Aquileia di affrontare una tra le sfide più grandi e originali: riproporre nella sua interezza e nel suo ingombro spaziale una casa romana, realizzando una copertura che rendesse evidente anche al pubblico l’articolazione degli spazi e offrisse un’esperienza sensoriale diversa, ma non meno emozionante, di quella che si può vivere attraverso le ricostruzioni virtuali.
Fondo Cossar
La Domus di Tito Macro sorge all’interno del Fondo Cossar, il terreno che collega Piazza Capitolo alla pista ciclabile e all’accesso meridionale del Porto Fluviale.
Il Fondo Cossar abbraccia un’ampia porzione di uno degli isolati meridionali della Aquileia romana, all’angolo Sud-Est delle mura repubblicane, dal quale provengono il celeberrimo mosaico del ratto d’Europa, il bellissimo pavimento con tralcio di vite con fiocco e il ‘pavimento non spazzato’, ora esposti al Museo Archeologico Nazionale, oltre al mosaico del Buon Pastore dall’abito singolare, provvisoriamente collocato a Palazzo Meizlik.
Insieme alla Domus di Tito Macro, individuata per intero tra i due assi viari che delimitano il quartiere, sono stati individuati i resti di almeno altre due abitazioni.