Banchetto del ricco Epulone

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Banchetto del ricco Epulone
L’opera illustra la parabola narrata da Gesù riportata nel vangelo di Luca (16, 19-31), in cui il ricco Epulone ignora il mendicante Lazzaro in vita, cosicché dopo la morte, in una sorta di contrappasso, il primo sarà costretto alle fiamme, mentre il povero sarà accanto ad Abramo. Una curiosità: il nome Epulone, mai citato nel testo che parla solo di un uomo ricco, è frutto di una storpiatura del verbo latino epulabor = banchettare. 
Il dipinto mostra la formazione veneta di Saraceni, che nel realizzarlo sembra ancora a digiuno delle influenze caravaggesche e di quelle fiamminghe assorbite a Roma. È per questo che la critica tende a considerarlo uno dei primi lavori romani del pittore, che di fatto dipinge un convito che tanto deve a Veronese e che, nella parte paesistica, nei ruderi architettonici e soprattutto nel panneggio rosso a sinistra, ricorda Tiziano e Bassano. 
La tela compare nel 1627 nell’inventario del cardinale Francesco Del Monte, l’importante collezionista che possedeva anche famosi dipinti di Caravaggio e che fu il principale sostenitore del pittore lombardo per fargli ottenere la commissione della decorazione della Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi.