I segreti del più antico giardino all’italiana
Dove nacque la Primavera. Il Giardino della Villa Medicea di Castello
Bartolomeo Ammannati, Fontana di Ercole e Anteo, 1559-1560, Bronzo, Firenze, Villa Medicea di Castello | Courtesy Ville e Giardini Medicei in Toscana
Francesca Grego
04/06/2020
Firenze - Non è un caso che Sandro Botticelli abbia dipinto la Primavera e la Nascita di Venere per la Villa Medicea di Castello: qui la rigogliosa bellezza della natura incontra l’ingegno umano e gli ideali di armonica perfezione del Rinascimento, per lasciare a bocca aperta visitatori di ieri e di oggi. Se nel XVI secolo Giorgio Vasari lo definì “il più ricco, il più magnifico et il più onorato giardino d’Europa”, nel 2013 il gioiello verde di Cosimo de’ Medici ha ottenuto il riconoscimento dell’Unesco e l'inserimento nel Patrimonio dell’Umanità, nonché la menzione di “parco più bello d’Italia”.
Giambologna, Grotta degli animali, 1537 circa, Parco di Villa Reale di Castello, Firenze | Foto: Sailko (Own work) via Wikimedia Creative Commons
Con le sue terrazze alberate, le statue, i giochi d’acqua e la pittoresca Grotta degli Animali, la Villa di Castello rappresenta il prototipo del giardino all’italiana cinquecentesco, una meraviglia invidiata dai regnanti di un intero continente e imitata dagli architetti alle loro dipendenze: al suo modello si ispira il Giardino di Boboli, il più famoso di tutta la Toscana. Dietro un successo secolare c’è la bellezza della natura locale, ma soprattutto un importante progetto: quello di Niccolò Tribolo, che con il contributo di Vasari celebrò la grandezza dei signori di Firenze in uno spettacolare teatro a cielo aperto.
La Toscana dei Medici in un microcosmo verde
Fino all’avvento di Cosimo I e all’ascesa dei Medici al governo della città, la Villa di Castello era una bella residenza di campagna sorta a ridosso dell’Acquedotto Romano di Marco Opelio Macrino. “Castello” era l’antico nome delle cisterne presenti lungo le condotte, mentre la località era nota come “Olmo”, in omaggio ad un maestoso albero che dominava il paesaggio. Fu il primo granduca di Firenze a inaugurare il programma di ampliamento della villa e la creazione di un superbo giardino, che nel tempo è diventato testimone di una stratificazione plurisecolare. Il parco nasce come una rappresentazione della Toscana, con l’Appennino simboleggiato in posizione sopraelevata dalla Fontana del Gennaio di Bartolomeo Ammannati, e i due fiumi che bagnano Firenze - l’Arno e il Mugnone - riprodotti in altrettanti ruscelli che scendono da “fontane rustiche” ornate di sculture. Le statue distribuite nel verde evocano le virtù del casato, mentre nel loggiato della villa un ciclo di affreschi di Pontormo istituiva un parallelo tra l’avvento dei Medici e l’Età dell’Oro celebrata dai poeti classici.
Bartolomeo Ammannati (151 - 1592), Fontana dell'Appennino (o del Gennaio), Parco di Villa Reale di Castello, Firenze | Foto: cyberuly (my Nikon and my Macintosh) (Opera propria) via Wikimedia Creative Commons
Dal geometrico al bizzarro. Viaggio nell’immaginario di un’epoca
Armoniche geometrie dominano il Giardino della Villa Medicea di Castello, che oggi ospita la prestigiosa Accademia della Crusca. Sedici aiuole quadrate si dispongono intorno al viale che taglia a metà la prima terrazza. Qui una meraviglia di ingegneria idraulica stupiva i visitatori cinquecenteschi: la Fontana di Ercole e Anteo di Ammannati, che si distingue per il getto alto ben “sei braccia” (tre metri). Sulla seconda terrazza trova posto il Giardino degli Agrumi, autentica passione dei Medici che collezionarono specie rare ed esotiche dilettandosi in innesti bizzarri. Ancora oggi tra 500 piante è possibile ammirare varietà curiose come gli enormi pampaleoni o i limoncini zigrinati dalle venature verdi.
Il profumo di cedri e limoni introduce all’attrazione più celebre di questa parte del giardino: la Grotta degli Animali o del Diluvio, immaginifico capolavoro manierista. Tra conchiglie, mosaici e concrezioni calcaree che imitano la superficie delle spugne, fanno capolino giraffe, rinoceronti, capre e unicorni realizzati in marmi colorati, disposti intorno a tre grandi vasche. Nelle intenzioni del Tribolo e del suo committente, avrebbero dovuto rappresentare la pacificazione del mondo naturale sotto il regno di Cosimo I.
La Sala delle Pale a Villa Castello, Sede dell'Accademia della Crusca | Foto: Sailko (Own work) via Wikimedia Creative Commons
Piaceri esotici e natura selvaggia: dalla Stufa dei Gelsomini al Parco Inglese
Due Giardini Segreti protetti da alte mura consentivano agli abitanti della villa di isolarsi e rendersi completamente invisibili: quello dell’Imbrecciato, presidiato dalla Statua di Esculapio, era destinato alle erbe officinali, mentre l’Ortaccio ospitava una fontana musicale. Nel Seicento questo spazio accolse la storica Stufa dei Mugherini, una grande serra per le collezioni di gelsomini pregiati. Qui è possibile lasciarsi inebriare dall’odoroso Gelsomino Doppio di Goa, cui oggi fanno compagnia gli aromai di piante mediterranee come lavanda, rosmarino e finocchio.
Oltre una coppia di scalinate, ai lati del Giardino all’Italiana, la natura si riprende la sua libertà: ecco “il selvatico”, fitto bosco di lecci e querce da cui si dipana il vasto Parco all’Inglese voluto nell’Ottocento dai Lorena. Un laghetto segna l’incrocio di due antichi acquedotti e dà il benvenuto ai visitatori nell’area detta “dell’Appennino”. Dall’alto di uno scoglio un vecchio barbuto tenta di ripararsi dal freddo con le braccia: è il Gennaio di Ammannati, un tempo bagnato da una fontana a ombrello.
Il Giardino all'Italiana della Villa Medicea di Castello | Foto: Sailko (Own work) via Wikimedia Creative Commons
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• Un museo a cielo aperto: il Giardino di Boboli a Firenze
Giambologna, Grotta degli animali, 1537 circa, Parco di Villa Reale di Castello, Firenze | Foto: Sailko (Own work) via Wikimedia Creative Commons
Con le sue terrazze alberate, le statue, i giochi d’acqua e la pittoresca Grotta degli Animali, la Villa di Castello rappresenta il prototipo del giardino all’italiana cinquecentesco, una meraviglia invidiata dai regnanti di un intero continente e imitata dagli architetti alle loro dipendenze: al suo modello si ispira il Giardino di Boboli, il più famoso di tutta la Toscana. Dietro un successo secolare c’è la bellezza della natura locale, ma soprattutto un importante progetto: quello di Niccolò Tribolo, che con il contributo di Vasari celebrò la grandezza dei signori di Firenze in uno spettacolare teatro a cielo aperto.
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Fino all’avvento di Cosimo I e all’ascesa dei Medici al governo della città, la Villa di Castello era una bella residenza di campagna sorta a ridosso dell’Acquedotto Romano di Marco Opelio Macrino. “Castello” era l’antico nome delle cisterne presenti lungo le condotte, mentre la località era nota come “Olmo”, in omaggio ad un maestoso albero che dominava il paesaggio. Fu il primo granduca di Firenze a inaugurare il programma di ampliamento della villa e la creazione di un superbo giardino, che nel tempo è diventato testimone di una stratificazione plurisecolare. Il parco nasce come una rappresentazione della Toscana, con l’Appennino simboleggiato in posizione sopraelevata dalla Fontana del Gennaio di Bartolomeo Ammannati, e i due fiumi che bagnano Firenze - l’Arno e il Mugnone - riprodotti in altrettanti ruscelli che scendono da “fontane rustiche” ornate di sculture. Le statue distribuite nel verde evocano le virtù del casato, mentre nel loggiato della villa un ciclo di affreschi di Pontormo istituiva un parallelo tra l’avvento dei Medici e l’Età dell’Oro celebrata dai poeti classici.
Bartolomeo Ammannati (151 - 1592), Fontana dell'Appennino (o del Gennaio), Parco di Villa Reale di Castello, Firenze | Foto: cyberuly (my Nikon and my Macintosh) (Opera propria) via Wikimedia Creative Commons
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Armoniche geometrie dominano il Giardino della Villa Medicea di Castello, che oggi ospita la prestigiosa Accademia della Crusca. Sedici aiuole quadrate si dispongono intorno al viale che taglia a metà la prima terrazza. Qui una meraviglia di ingegneria idraulica stupiva i visitatori cinquecenteschi: la Fontana di Ercole e Anteo di Ammannati, che si distingue per il getto alto ben “sei braccia” (tre metri). Sulla seconda terrazza trova posto il Giardino degli Agrumi, autentica passione dei Medici che collezionarono specie rare ed esotiche dilettandosi in innesti bizzarri. Ancora oggi tra 500 piante è possibile ammirare varietà curiose come gli enormi pampaleoni o i limoncini zigrinati dalle venature verdi.
Il profumo di cedri e limoni introduce all’attrazione più celebre di questa parte del giardino: la Grotta degli Animali o del Diluvio, immaginifico capolavoro manierista. Tra conchiglie, mosaici e concrezioni calcaree che imitano la superficie delle spugne, fanno capolino giraffe, rinoceronti, capre e unicorni realizzati in marmi colorati, disposti intorno a tre grandi vasche. Nelle intenzioni del Tribolo e del suo committente, avrebbero dovuto rappresentare la pacificazione del mondo naturale sotto il regno di Cosimo I.
La Sala delle Pale a Villa Castello, Sede dell'Accademia della Crusca | Foto: Sailko (Own work) via Wikimedia Creative Commons
Piaceri esotici e natura selvaggia: dalla Stufa dei Gelsomini al Parco Inglese
Due Giardini Segreti protetti da alte mura consentivano agli abitanti della villa di isolarsi e rendersi completamente invisibili: quello dell’Imbrecciato, presidiato dalla Statua di Esculapio, era destinato alle erbe officinali, mentre l’Ortaccio ospitava una fontana musicale. Nel Seicento questo spazio accolse la storica Stufa dei Mugherini, una grande serra per le collezioni di gelsomini pregiati. Qui è possibile lasciarsi inebriare dall’odoroso Gelsomino Doppio di Goa, cui oggi fanno compagnia gli aromai di piante mediterranee come lavanda, rosmarino e finocchio.
Oltre una coppia di scalinate, ai lati del Giardino all’Italiana, la natura si riprende la sua libertà: ecco “il selvatico”, fitto bosco di lecci e querce da cui si dipana il vasto Parco all’Inglese voluto nell’Ottocento dai Lorena. Un laghetto segna l’incrocio di due antichi acquedotti e dà il benvenuto ai visitatori nell’area detta “dell’Appennino”. Dall’alto di uno scoglio un vecchio barbuto tenta di ripararsi dal freddo con le braccia: è il Gennaio di Ammannati, un tempo bagnato da una fontana a ombrello.
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