Il 21 maggio 1471 nasceva l'astro del Rinascimento tedesco
Albrecht Dürer, l'artista a tutto tondo affascinato dagli astri e dall'Italia
Albrecht Dürer (Norimberga, 21 maggio 1471 - Norimberga, 6 aprile 1528), Autoritratto con pelliccia, 1500, Olio su tavola, 67 x 49 cm, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek
Samantha De Martin
20/05/2020
"Io Albrecht Dürer di Norimberga, all'età di ventotto anni, con colori appropriati ho creato me stesso a mia immagine".
Con questa frase, per la verità scritta in latino, Alberto Duro, come lo chiamò Giorgio Vasari, si presenta in uno dei suoi autoritratti più celebri custodito oggi presso l’Alte Pinakothek di Monaco.
Ed eccolo l’artista di Norimberga, nato il 21 maggio del 1471, inquieto e visionario, affascinato dalla matematica come dal mistero degli astri e degli oroscopi, il viso magnetico incorniciato in una cascata di riccioli biondi, un elegante manto bordato di pelliccia, che ne esalta l’elevato status.
Questo status di perfetto gentiluomo, connotato da abiti eleganti, trae linfa soprattutto dal viaggio in Italia, in particolare a Venezia. Dürer avrebbe effettuato un solo soggiorno in Italia, ovvero il secondo, intorno al 1501, mentre il primo resta incerto e avvolto dal mistero.
Durante questa tappa ben documentata, grazie soprattutto alle lettere scritte dall’artista all'amico Willibald Pirckheimer, Dürer ebbe modo di immergersi nel clima di una Venezia cosmopolita, tra personaggi colti, estimatori d'arte e musicisti. Raccontava di essere così ricercato dagli amici da doversi nascondere per trovare un po' di pace.
Albrecht Dürer, Madonna del Patrocinio, 1495 ca, Olio su tavola, 36.5 x 47.8 cm, Mamiano di Traversetolo (Parma), Fondazione Magnani Rocca
Per pagarsi il viaggio aveva portato con sé alcuni dipinti, tra i quali la Madonna di Bagnacavallo o del Patrocinio - databile a prima del 1505 e oggi gioiello della Fondazione Magnani-Rocca di Traversetolo - che contava di vendere.
In Laguna avrebbe anche incontrato un Bellini ormai anziano, dal quale apprezzava la vivacità dei colori e l’attenzione al dettaglio. In città dipinse il Ritratto di giovane veneziana, il ritratto femminile, tra i più affascinanti mai realizzati, oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
A questi anni risalgono anche la Festa del Rosario (1506), per l'Altare maggiore di San Bartolomeo, il Gesù tra i dottori (1506) e il gran quadro della Madonna (Staatliche Museen, Berlino, 1506).
A Venezia oltre ad apprendere i principi dei metodi di costruzione prospettica, fu attratto dagli abiti delle veneziane, così insoliti per lui, ma anche dal soggetto del granchio di mare o dell’aragosta, fino a quel momento sconosciuti.
Albrecht Dürer Ritratto a mezzo busto di una giovane veneziana, 1505, Olio su tavola, 32.5 x 24.2 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Ad attirarlo erano soprattutto le opere dei pittori contemporanei che rappresentavano temi mitologici, come il quadro perduto di Andrea Mantegna con la Morte di Orfeo di cui Dürer disegnò una copia siglata con le sue lettere "A" e "D". Ad affascinarlo, della città lagunare, dovette essere anche l'abbondanza di opere d'arte, il cosmopolitismo e i grandi Maestri allora presenti in città e nei territori limitrofi, come Carpaccio.
Dal viaggio in Italia l’incisore tedesco portò con sé in patria una nuova concezione del corpo umano elaborata grazie all'abbondanza di modelli disponibili. D’altronde non c'era forma d'arte della sua epoca nella quale il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale non si fosse cimentato. L'elevato numero di dipinti, incisioni, xilografie, disegni, i tre libri stampati sulla geometria, le fortificazioni e la teoria della proporzione umana, ci permettono di collocare l’artista, che eccelse soprattutto nell’ambito della grafica e dell’intaglio, tra i più prolifici di tutti i tempi, e di paragonarlo ad una sorta di Leonardo d’Oltralpe.
Albrecht Dürer, Apocalisse di San Giovanni, San Giovanni divora il libro, 1497-1498, Xilografia, 39.8 x 28.9 cm, Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle
Tra le imprese più impegnative del pittore - che a soli tredici anni aveva realizzato allo specchio il suo primo autoritratto, un disegno a punta d'argento conservato al museo Albertina di Vienna - ricordiamo le quindici xilografie per l'Apocalisse di Giovanni, che avevano fatto la loro comparsa nel 1498 in latino e in tedesco. Si trattò di un’opera innovativa. Soprattutto perché era il primo libro ad essere pubblicato non su committenza, ma per iniziativa personale di un artista, che ne disegnò le illustrazioni, incise le xilografie e ne fu anche l'editore.
Le incisioni e le carte celesti
Tra il 1513 e il 1514 l’artista, sempre più dedito alle incisioni, realizzò i capolavori d'incisione in rame: Il cavaliere, La morte e il demonio, il San Girolamo nello studio e la Malinconia, dal complesso significato allegorico. Sono invece del 1515 le due carte celesti, le prime a stampa, che apportarono un importante contributo al campo astronomico.
Albrecht Dürer, Melancholia I, 1514, Incisione a bulino, 31 cm x 26 cm, Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle
Una cerniera tra la pittura italiana e la cultura nordica
Il Maestro tedesco rappresentò un'importante cerniera tra la cultura visiva italiana e quella nordica, come si evince anche dall’Adorazione dei Magi del 1504 - oggi alle Gallerie degli Uffizi - un condensato di virtuosismi pittorici - dall’attenzione al dettaglio alla ricchezza delle vesti e dei gioielli dei Magi - di matrice nordica, ma con un forte impianto prospettico italiano. I tre Magi, avvolti in vesti ornate da piume e pellicce, portano doni che sono autentici capolavori d'oreficeria, riprendendo le forme dei reliquiari e di altri manufatti dell'epoca. D’altra parte sia il padre sia i fratelli di Dürer erano importanti orafi a Norimberga.
Albrecht Dürer, L'Adorazione dei Magi. Firenze, Gallerie degli Uffizi
Ad aprire al pittore le porte dei palazzi dell'aristocrazia norimberghese erano state tuttavia le commissioni del principe di Sassonia Federico il Saggio, come il Polittico dei Sette Dolori o la tela dell'Ercole uccide gli uccelli di Stinfalo, che rivela le influenze di Antonio del Pollaiolo, conosciuto soprattutto attraverso le stampe. Alle piante, agli animali e persino alle zolle di terra Dürer conferì un realismo raro, pur non eccedendo nella riproduzione dei dettagli, come si evince dall'immagine del Leprotto o dalla Grande zolla.
Bassano e Durer: a Palazzo Sturm il corpus di incisioni più importante al mondo
Un filo sottile lega l’artista a Bassano del Grappa, anche se non ci sono tuttavia incisioni che ritraggono esplicitamente il paesaggio del Brenta. Questo legame si materializza a Palazzo Sturm che accoglie il Museo Remondini, uno dei pochi e tra i più ricchi in Europa, dedicati all’arte della stampa. Conta un corpus di 214 incisioni (delle 260 realizzate dall’artista nel corso della sua vita) che, per ampiezza e qualità, è classificato, con quello conservato all'Albertina Museum di Vienna, il più importante e completo al mondo. Il corpus è il frutto di una donazione effettuata nel 1859 da Giambattista Remondini, ultimo rappresentante della stirpe dei Remondini che, alla sua morte, scelse di lasciare alla città di Bassano, l’intera collezione di famiglia che conta circa 8520 opere.
Di Dürer riscopriamo i paesaggi, i ritratti, ma anche serie complete come quella dell’Apocalisse, della Grande Passione, della Vita di Maria.
Vai alla Gallery:
• Albrecht Dürer e il tesoro rivelato
Bassano del Grappa dedica la prima monografica mai organizzata in città al grande incisore tedesco.
Era stato il padovano Giovanni Antonio Remondini, nel 1660, a fondare la tipografia che nel 1700 contava ben 18 macchine tipografiche, 24 torchi per la stampa in rame. La sua produzione di immagini sacre e cavalleresche, le vedute di città, le carte da gioco, viaggiava dall’Europa alla Russia sino in America grazie a una rete di agenti che, percorrendo migliaia di chilometri, proponeva le immagini dei Remondini.
L’anno scorso, nell’ambito della mostra Albrecht Dürer. La collezione Remondini, fortemente voluta dalla direttrice dei Musei Civici di Bassano, Chiara Casarin, l’intera collezione - solitamente conservata nel Gabinetto delle Stampe e dei Disegni, per necessità di preservazione della carta - era stata presentata al pubblico per la prima volta.
Tra le incisioni più celebri spicca quella del Rinoceronte, realizzata per l’Imperatore Massimiliano, a ricordo dell’esotico animale che l’Imperatore aveva destinato al Papa ma che non arrivò mai a Roma, vittima di un naufragio di fronte alle coste liguri. I paesaggi montani che si intravedono nell’incisione della Grande Fortuna farebbero pensare che l’artista sia entrato in Italia passando da Trento e quindi anche da Bassano. Ma non ne abbiamo la certezza.
Albrecht Dürer, Rinoceronte, Xilografia, 300 x 215 mm | Courtesy © Musei Civici di Bassano
Leggi anche:
• In arrivo a Milano il Rinascimento di Dürer
• Artisti allo specchio: cinque autoritratti per incontri ravvicinati
• La collezione completa dei Remondini in mostra a Palazzo Sturm
Con questa frase, per la verità scritta in latino, Alberto Duro, come lo chiamò Giorgio Vasari, si presenta in uno dei suoi autoritratti più celebri custodito oggi presso l’Alte Pinakothek di Monaco.
Ed eccolo l’artista di Norimberga, nato il 21 maggio del 1471, inquieto e visionario, affascinato dalla matematica come dal mistero degli astri e degli oroscopi, il viso magnetico incorniciato in una cascata di riccioli biondi, un elegante manto bordato di pelliccia, che ne esalta l’elevato status.
Questo status di perfetto gentiluomo, connotato da abiti eleganti, trae linfa soprattutto dal viaggio in Italia, in particolare a Venezia. Dürer avrebbe effettuato un solo soggiorno in Italia, ovvero il secondo, intorno al 1501, mentre il primo resta incerto e avvolto dal mistero.
Durante questa tappa ben documentata, grazie soprattutto alle lettere scritte dall’artista all'amico Willibald Pirckheimer, Dürer ebbe modo di immergersi nel clima di una Venezia cosmopolita, tra personaggi colti, estimatori d'arte e musicisti. Raccontava di essere così ricercato dagli amici da doversi nascondere per trovare un po' di pace.
Albrecht Dürer, Madonna del Patrocinio, 1495 ca, Olio su tavola, 36.5 x 47.8 cm, Mamiano di Traversetolo (Parma), Fondazione Magnani Rocca
Per pagarsi il viaggio aveva portato con sé alcuni dipinti, tra i quali la Madonna di Bagnacavallo o del Patrocinio - databile a prima del 1505 e oggi gioiello della Fondazione Magnani-Rocca di Traversetolo - che contava di vendere.
In Laguna avrebbe anche incontrato un Bellini ormai anziano, dal quale apprezzava la vivacità dei colori e l’attenzione al dettaglio. In città dipinse il Ritratto di giovane veneziana, il ritratto femminile, tra i più affascinanti mai realizzati, oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
A questi anni risalgono anche la Festa del Rosario (1506), per l'Altare maggiore di San Bartolomeo, il Gesù tra i dottori (1506) e il gran quadro della Madonna (Staatliche Museen, Berlino, 1506).
A Venezia oltre ad apprendere i principi dei metodi di costruzione prospettica, fu attratto dagli abiti delle veneziane, così insoliti per lui, ma anche dal soggetto del granchio di mare o dell’aragosta, fino a quel momento sconosciuti.
Albrecht Dürer Ritratto a mezzo busto di una giovane veneziana, 1505, Olio su tavola, 32.5 x 24.2 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Ad attirarlo erano soprattutto le opere dei pittori contemporanei che rappresentavano temi mitologici, come il quadro perduto di Andrea Mantegna con la Morte di Orfeo di cui Dürer disegnò una copia siglata con le sue lettere "A" e "D". Ad affascinarlo, della città lagunare, dovette essere anche l'abbondanza di opere d'arte, il cosmopolitismo e i grandi Maestri allora presenti in città e nei territori limitrofi, come Carpaccio.
Dal viaggio in Italia l’incisore tedesco portò con sé in patria una nuova concezione del corpo umano elaborata grazie all'abbondanza di modelli disponibili. D’altronde non c'era forma d'arte della sua epoca nella quale il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale non si fosse cimentato. L'elevato numero di dipinti, incisioni, xilografie, disegni, i tre libri stampati sulla geometria, le fortificazioni e la teoria della proporzione umana, ci permettono di collocare l’artista, che eccelse soprattutto nell’ambito della grafica e dell’intaglio, tra i più prolifici di tutti i tempi, e di paragonarlo ad una sorta di Leonardo d’Oltralpe.
Albrecht Dürer, Apocalisse di San Giovanni, San Giovanni divora il libro, 1497-1498, Xilografia, 39.8 x 28.9 cm, Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle
Tra le imprese più impegnative del pittore - che a soli tredici anni aveva realizzato allo specchio il suo primo autoritratto, un disegno a punta d'argento conservato al museo Albertina di Vienna - ricordiamo le quindici xilografie per l'Apocalisse di Giovanni, che avevano fatto la loro comparsa nel 1498 in latino e in tedesco. Si trattò di un’opera innovativa. Soprattutto perché era il primo libro ad essere pubblicato non su committenza, ma per iniziativa personale di un artista, che ne disegnò le illustrazioni, incise le xilografie e ne fu anche l'editore.
Le incisioni e le carte celesti
Tra il 1513 e il 1514 l’artista, sempre più dedito alle incisioni, realizzò i capolavori d'incisione in rame: Il cavaliere, La morte e il demonio, il San Girolamo nello studio e la Malinconia, dal complesso significato allegorico. Sono invece del 1515 le due carte celesti, le prime a stampa, che apportarono un importante contributo al campo astronomico.
Albrecht Dürer, Melancholia I, 1514, Incisione a bulino, 31 cm x 26 cm, Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle
Una cerniera tra la pittura italiana e la cultura nordica
Il Maestro tedesco rappresentò un'importante cerniera tra la cultura visiva italiana e quella nordica, come si evince anche dall’Adorazione dei Magi del 1504 - oggi alle Gallerie degli Uffizi - un condensato di virtuosismi pittorici - dall’attenzione al dettaglio alla ricchezza delle vesti e dei gioielli dei Magi - di matrice nordica, ma con un forte impianto prospettico italiano. I tre Magi, avvolti in vesti ornate da piume e pellicce, portano doni che sono autentici capolavori d'oreficeria, riprendendo le forme dei reliquiari e di altri manufatti dell'epoca. D’altra parte sia il padre sia i fratelli di Dürer erano importanti orafi a Norimberga.
Albrecht Dürer, L'Adorazione dei Magi. Firenze, Gallerie degli Uffizi
Ad aprire al pittore le porte dei palazzi dell'aristocrazia norimberghese erano state tuttavia le commissioni del principe di Sassonia Federico il Saggio, come il Polittico dei Sette Dolori o la tela dell'Ercole uccide gli uccelli di Stinfalo, che rivela le influenze di Antonio del Pollaiolo, conosciuto soprattutto attraverso le stampe. Alle piante, agli animali e persino alle zolle di terra Dürer conferì un realismo raro, pur non eccedendo nella riproduzione dei dettagli, come si evince dall'immagine del Leprotto o dalla Grande zolla.
Bassano e Durer: a Palazzo Sturm il corpus di incisioni più importante al mondo
Un filo sottile lega l’artista a Bassano del Grappa, anche se non ci sono tuttavia incisioni che ritraggono esplicitamente il paesaggio del Brenta. Questo legame si materializza a Palazzo Sturm che accoglie il Museo Remondini, uno dei pochi e tra i più ricchi in Europa, dedicati all’arte della stampa. Conta un corpus di 214 incisioni (delle 260 realizzate dall’artista nel corso della sua vita) che, per ampiezza e qualità, è classificato, con quello conservato all'Albertina Museum di Vienna, il più importante e completo al mondo. Il corpus è il frutto di una donazione effettuata nel 1859 da Giambattista Remondini, ultimo rappresentante della stirpe dei Remondini che, alla sua morte, scelse di lasciare alla città di Bassano, l’intera collezione di famiglia che conta circa 8520 opere.
Di Dürer riscopriamo i paesaggi, i ritratti, ma anche serie complete come quella dell’Apocalisse, della Grande Passione, della Vita di Maria.
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• Albrecht Dürer e il tesoro rivelato
Bassano del Grappa dedica la prima monografica mai organizzata in città al grande incisore tedesco.
Era stato il padovano Giovanni Antonio Remondini, nel 1660, a fondare la tipografia che nel 1700 contava ben 18 macchine tipografiche, 24 torchi per la stampa in rame. La sua produzione di immagini sacre e cavalleresche, le vedute di città, le carte da gioco, viaggiava dall’Europa alla Russia sino in America grazie a una rete di agenti che, percorrendo migliaia di chilometri, proponeva le immagini dei Remondini.
L’anno scorso, nell’ambito della mostra Albrecht Dürer. La collezione Remondini, fortemente voluta dalla direttrice dei Musei Civici di Bassano, Chiara Casarin, l’intera collezione - solitamente conservata nel Gabinetto delle Stampe e dei Disegni, per necessità di preservazione della carta - era stata presentata al pubblico per la prima volta.
Tra le incisioni più celebri spicca quella del Rinoceronte, realizzata per l’Imperatore Massimiliano, a ricordo dell’esotico animale che l’Imperatore aveva destinato al Papa ma che non arrivò mai a Roma, vittima di un naufragio di fronte alle coste liguri. I paesaggi montani che si intravedono nell’incisione della Grande Fortuna farebbero pensare che l’artista sia entrato in Italia passando da Trento e quindi anche da Bassano. Ma non ne abbiamo la certezza.
Albrecht Dürer, Rinoceronte, Xilografia, 300 x 215 mm | Courtesy © Musei Civici di Bassano
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