Cenni biografici
Man Ray in quarta persona
30/04/2001
Man Ray aggiunge queste parole al suo autoritratto: “la fotografia è molto pratica perché si può mettere uno specchietto al centro in verticale, e girandolo da una parte e dall’altra, appaio sbarbato o con la barba”. L’umorismo evidentemente è una delle caratteristiche fondamentali della personalità di questo artista (il suo vero nome è Emmanuel Rudnitsky) nato a Philadelphia il 27 agosto 1890. Nel 1897 si trasferisce con la famiglia a Brooklyn e nel 1912 si stabilisce a Ridgefield, nel New Jersey. Di professione fa il disegnatore presso un editore di carte geografiche. I quadri, i disegni, le litografiche che produce in questo periodo vengono esposte nel 1915 alla Memorial Art Gallery di Rochester. Questo è un anno molto importante che vede l’incontro a New York (si incontrarono durante una partita di tennis) con Marcel Duchamp e le prime esperienze con la macchina fotografica per riprendere i suoi quadri. Presto il trio formato con Picabia sarà il protagonista della scena Dada newyorkese. Comincia quindi a dipingere, realizza le prime aerografie, i collages e sperimenta l’antica tecnica dei cliches verres. Produce assemblaggi e oggetti “che si fanno da sé”, quasi in opposizione al ready made di Duchamp. Con questi comincia a collaborare nel 1920, pubblicando ''New York Dada''. Con Duchamp si recherà poi nel 1921 a Parigi. Qui viene presentato ai dadaisti che gli organizzano una mostra di benvenuto alla Librairie Six, dove conosce Eric Satie alla cui presenza realizza “Il dono”. Decide di dedicarsi alla fotografia professionalmente (sperimentandone tecniche nuove come il fotomontaggio, la solarizzazione e le rayografie), ma realizza anche alcuni film tra cui “Retour à la raison” (1923) e “Emak Bakia” (1926). Nel 1922 espone al Salon des Independants. Del 1924 è la famosa fotografia “Le violon d'Ingres” che ritrae la sua compagna Kiki de Montparnasse.
Dal 1940 al 1951 è a Hollwood dove incontra e sposa Juliet Browner, a cui sono dedicati i “Cinquanta ritratti di Juliet”. Il matrimonio è congiunto a quello dell’amico Max Ernst, che si sposa con Dorothea Tanning. Dal punto di vista intellettuale però l’America non lo stimola più di tanto e quindi decide di tornare a Parigi dove rielabora alcune sue opere del passato (uno dei punti fermi per Man Ray era la non esclusività della creazione dell’artista. Egli doveva essere libero di rielaborare i lavori, e non costretto dall’aspettativa di qualcosa di nuovo). Continua a lavorare come pittore e fotografo con esposizioni internazionali di grande livello fino agli anni Settanta. Nel 1963 pubblica un’esauriente autobiografia dal titolo “Selfportrait”. Muore a Parigi il 18 novembre 1976.
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