Da Modena a Napoli le incursioni dell’arte contemporanea negli scrigni dell’antico
Dalle Gallerie Estensi agli Uffizi, i grandi musei sempre più "contemporanei"
Palazzo Ducale, Sassuolo, Collezione Panza | Foto: © T.Litzmann | Courtesy Gallerie Estensi
Samantha De Martin
05/07/2021
L’impronta del respiro scolpito da Giuseppe Penone su foglie di bosso dialoga con il corpo dormiente dell’Ermafrodito, nella sala omonima degli Uffizi, mentre, molti chilometri a sud, la neo-barocca schiera di arcieri e faraoni firmata Damien Hirst avanza nelle sale della Galleria Borghese sotto lo sguardo attonito di una laconica Paolina Borghese.
Poco distante, alla Domus Aurea, il percorso multisensoriale allestito dallo studio Dotdotdot carica la mostra dedicata a Raffaello e alle grottesche di suggestioni profonde, tra tool digitali che evocano suoni del passato.
È la poliedrica magia dell’arte, bellezza. Una reunion a più voci che trasforma sempre più spesso i musei in una grande tela mai paga dove il contemporaneo si pone in ascolto dell’antico, acquistando al tempo stesso vitalità alimentandosi del proprio tempo e intessendo con il passato un dialogo a più voci che stuzzica, spiazza, travolge.
L’arte contemporanea si fa reattiva al contesto esistente per realizzarsi nell’interpretazione della specificità di luoghi e di saperi.
Artist in residence, il progetto inedito delle Gallerie Estensi
In questo sodalizio sempre più vivace tra classico e contemporaneo - occasione per coniugare attività di ricerca, pratiche espositive e produzione culturale in stretto contatto con l’istituzione e il territorio di riferimento - arriva dalle Gallerie Estensi un progetto inedito. L’iniziativa, unica in Italia, si chiama Artist in residence e, a partire dal 2022, vedrà ogni anno un artista contemporaneo instaurare un dialogo con le collezioni permanenti della Galleria Estense, della Pinacoteca di Ferrara e del Palazzo Ducale di Sassuolo attraverso opere site specific, concepite appositamente per il museo nella modalità che riterrà più appropriata. A curare il progetto è Gianfranco Maraniello, esperto di arte contemporanea, già direttore del Mambo e del Mart di Trento.
L’esperienza trova un’illustre esempio nell’Isabella Stewart Gardner, il museo di arte antica di Boston che da anni invita gli artisti contemporanei a confrontarsi con la collezione permanente, assecondando la consolidata tradizione della Institutional Critique che offre la possibilità di discutere in senso critico la tradizione culturale che il museo rappresenta.
“L’intento - spiega Martina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi - è quello di coinvolgere gli artisti perché ci aiutino ad interpretare le nostre collezioni. Non si tratta di un mero innesto fuori contesto e neanche di usare il museo come sfondo, piuttosto adoperarlo come una grande tela su cui l’artista che verrà scelto possa esprimere e condividere il suo modo di porsi in relazione all’eredità del passato che le collezioni museali rappresentano”.
Nei prossimi mesi l'iniziativa definirà i nomi degli artisti e le modalità di intervento.
Giuseppe Penone, Alberi In versi | Courtesy Uffizi
Gli Alberi in versi di Giuseppe Penone a dialogo con gli Uffizi
A partire dal 6 luglio, e fino al 3 ottobre, nelle sale delle Gallerie degli Uffizi, il dialogo tra contemporaneo e antico si esplica nelle oltre trenta opere che indagano il confine e lo scambio tra positivo-negativo, umano-vegetale, arte-natura, oltre a offrire una riflessione sulla natura del tempo.
Il verso dantesco, l’ “albero che vive della cima” diventa la metafora che guida la mostra Alberi in versi che, tra sculture, installazioni, disegni e incisioni disseminate lungo il percorso, omaggia il divino poeta a settecento anni dalla morte.
Prendendo avvio da opere realizzate da Penone alla fine degli anni Sessanta, il percorso procede con lavori più recenti come il frottage di 15 metri Persone e Anni (2020), esposto per la prima volta. Alla Scrittura del bosco - l'impronta di un grande albero realizzata per sfregamento delle foglie su una tela di lino appoggiata sul tronco - fa da controcanto un testo dell’artista, simile a un poema "in versi".
La pelle, organo di contatto per eccellenza, offre lo spunto per far dialogare l’opera di Penone con due statue dell’antichità romana che svettano all’inizio del corridoio di Ponente degli Uffizi. Raffigurano, ciascuna, Marsia scorticato. Privato della pelle il corpo perde ogni confine, mentre la pelle, svuotata del corpo diventa spazio virtuale.
Se Pensieri di foglie (2014) strizza l’occhio alla somiglianza tra esseri umani e mondo vegetale, una nuova metafora poetica si riconosce in Soffio di foglie (1979) dove al negativo dell'impronta del corpo e alla forma lasciata dal respiro dell'artista su un cumulo di foglie, fa eco, al centro della sala, il positivo del corpo dell'Ermafrodito, simbolo della compresenza degli opposti.
Damien Hirst, Female Archer [Arciera], 2013. Collezione privata I Ph. by A. Novelli © Galleria Borghese – Ministero della Cultura © Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved DACS 2021/SIAE 2021
Le creazioni di Damien Hirst tra Bernini e Caravaggio
La testa mozzata di una Medusa in malachite si rivolge allo sguardo languido del Fanciullo con canestro di frutta di Caravaggio, mentre, poco più in là, un opulento corpo di donna ricoperto dai residui di mare e di tempo, si protende, altissimo, verso la volta settecentesca di Mariano Rossi. È tra le sale della Galleria Borghese, a Roma, che in questi giorni, il confronto tra contemporaneo e antico, raggiunge le sue più cifre più strabilianti per proseguire poi nell’ovale della galleria Gagosian dove un popolo di Minnie, Pluto e Paperino in marmo rosa del Portogallo o bianco di Carrara acquista vita e solennità. Torniamo alla Galleria Borghese dove, fino al 7 novembre, l’ex enfant terrible della Young British Art sfida ancora una volta le certezze del mondo contemporaneo, fino a penetrare le complesse relazioni tra arte, religione, vita, morte, scienza, bellezza. Con le sue 80 opere dalla serie Treasures from the Wreck of the Unbelievable, la mostra Damien Hirst. Archaeology Now tesse un dialogo con i capolavori antichi. Insinuandosi tra la Deposizione di Cristo, il Ritratto di Uomo, la Dama col liocorno di Raffaello, le anime di marmo di Bernini, i dipinti di Hirst, Colour Space, in Italia per la prima volta, completano, accanto a teschi diamantati, demoni, divinità terribili, la collezione museale, raffinato scrigno del Cardinal Borghese.
Damien Hirst, Minnie, 2020, marmo rosa, 100.5 × 58 × 58 cm, edizione di 3 + 2 AP © Damien Hirst e Science Ltd. Tutti i diritti riservati, DACS 2021 I Ph. Lucio Ghilardi/Prudence Cuming Associates
A Villa d’Este umano e divino si incontrano nel segno del contemporaneo
A Tivoli il dialogo tra antico e contemporaneo ha per cornice il santuario di Ercole vincitore, sede, fino al 17 ottobre, di una mostra che pone al centro la fragilità e la ricerca di senso, ma anche il tema dell’innocenza e il trauma della perdita, elementi di un racconto che ha attraversato i secoli interpellando la coscienza e la sensibilità di antichi e contemporanei.
Così il ciclo statuario antico dei Niobidi, oggi nelle collezioni dell’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este, dialoga con l’indagine condotta anche da Nicola Samorì e Andres Serrano sui temi della vulnerabilità, della debolezza della carne, della rottura dell’integrità, lavorando su uno stratificato archivio iconografico, depositato nella memoria collettiva e profondamente rielaborato dagli artisti attraverso squarcianti intuizioni. Ecce Homo: l’incontro fra il divino e l’umano per una diversa antropologia, a cura di Andrea Bruciati, prende spunto dalle parole pronunciate da Pilato nel Vangelo di Giovanni, presentando in mostra opere e prestiti da prestigiose collezioni pubbliche e private.
Andres Serrano, The Morgue (Pneumonia Death), 1992, Cibachrome, 152.5 x 125.7 cm, Collezione privata
Nella Cappella Palatina del Maschio angioino la fotografia concettuale di Michele Zaza
Lungo le due grandi pareti della Cappella Palatina, costruita tra il 1279 e il 1284, una doppia installazione multimediale raccoglie foto, video, interventi cromatici, tra lampadine e molliche di pane, a dialogo con il suggestivo spazio architettonico. Dal 16 luglio al 10 settembre le fotografie di grande formato di Michele Zaza incontrano il Pensiero Cosmico dell’artista di Molfetta, un progetto espositivo site-specific pensato dal maestro della fotografia concettuale per la trecentesca Cappella Palatina.
Sagome rosse dalla forma alata e metafisica si stagliano su un azzurro oltremare, mentre tre schermi trasmettono differenti video in loop, in dialogo con le forme di molliche di pane e il fondo cromatico.
Michele Zaza, Pensiero cosmico, 2021, video still
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• Nel segno della meraviglia. Damien Hirst alla Galleria Borghese
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È la poliedrica magia dell’arte, bellezza. Una reunion a più voci che trasforma sempre più spesso i musei in una grande tela mai paga dove il contemporaneo si pone in ascolto dell’antico, acquistando al tempo stesso vitalità alimentandosi del proprio tempo e intessendo con il passato un dialogo a più voci che stuzzica, spiazza, travolge.
L’arte contemporanea si fa reattiva al contesto esistente per realizzarsi nell’interpretazione della specificità di luoghi e di saperi.
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In questo sodalizio sempre più vivace tra classico e contemporaneo - occasione per coniugare attività di ricerca, pratiche espositive e produzione culturale in stretto contatto con l’istituzione e il territorio di riferimento - arriva dalle Gallerie Estensi un progetto inedito. L’iniziativa, unica in Italia, si chiama Artist in residence e, a partire dal 2022, vedrà ogni anno un artista contemporaneo instaurare un dialogo con le collezioni permanenti della Galleria Estense, della Pinacoteca di Ferrara e del Palazzo Ducale di Sassuolo attraverso opere site specific, concepite appositamente per il museo nella modalità che riterrà più appropriata. A curare il progetto è Gianfranco Maraniello, esperto di arte contemporanea, già direttore del Mambo e del Mart di Trento.
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“L’intento - spiega Martina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi - è quello di coinvolgere gli artisti perché ci aiutino ad interpretare le nostre collezioni. Non si tratta di un mero innesto fuori contesto e neanche di usare il museo come sfondo, piuttosto adoperarlo come una grande tela su cui l’artista che verrà scelto possa esprimere e condividere il suo modo di porsi in relazione all’eredità del passato che le collezioni museali rappresentano”.
Nei prossimi mesi l'iniziativa definirà i nomi degli artisti e le modalità di intervento.
Giuseppe Penone, Alberi In versi | Courtesy Uffizi
Gli Alberi in versi di Giuseppe Penone a dialogo con gli Uffizi
A partire dal 6 luglio, e fino al 3 ottobre, nelle sale delle Gallerie degli Uffizi, il dialogo tra contemporaneo e antico si esplica nelle oltre trenta opere che indagano il confine e lo scambio tra positivo-negativo, umano-vegetale, arte-natura, oltre a offrire una riflessione sulla natura del tempo.
Il verso dantesco, l’ “albero che vive della cima” diventa la metafora che guida la mostra Alberi in versi che, tra sculture, installazioni, disegni e incisioni disseminate lungo il percorso, omaggia il divino poeta a settecento anni dalla morte.
Prendendo avvio da opere realizzate da Penone alla fine degli anni Sessanta, il percorso procede con lavori più recenti come il frottage di 15 metri Persone e Anni (2020), esposto per la prima volta. Alla Scrittura del bosco - l'impronta di un grande albero realizzata per sfregamento delle foglie su una tela di lino appoggiata sul tronco - fa da controcanto un testo dell’artista, simile a un poema "in versi".
La pelle, organo di contatto per eccellenza, offre lo spunto per far dialogare l’opera di Penone con due statue dell’antichità romana che svettano all’inizio del corridoio di Ponente degli Uffizi. Raffigurano, ciascuna, Marsia scorticato. Privato della pelle il corpo perde ogni confine, mentre la pelle, svuotata del corpo diventa spazio virtuale.
Se Pensieri di foglie (2014) strizza l’occhio alla somiglianza tra esseri umani e mondo vegetale, una nuova metafora poetica si riconosce in Soffio di foglie (1979) dove al negativo dell'impronta del corpo e alla forma lasciata dal respiro dell'artista su un cumulo di foglie, fa eco, al centro della sala, il positivo del corpo dell'Ermafrodito, simbolo della compresenza degli opposti.
Damien Hirst, Female Archer [Arciera], 2013. Collezione privata I Ph. by A. Novelli © Galleria Borghese – Ministero della Cultura © Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved DACS 2021/SIAE 2021
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La testa mozzata di una Medusa in malachite si rivolge allo sguardo languido del Fanciullo con canestro di frutta di Caravaggio, mentre, poco più in là, un opulento corpo di donna ricoperto dai residui di mare e di tempo, si protende, altissimo, verso la volta settecentesca di Mariano Rossi. È tra le sale della Galleria Borghese, a Roma, che in questi giorni, il confronto tra contemporaneo e antico, raggiunge le sue più cifre più strabilianti per proseguire poi nell’ovale della galleria Gagosian dove un popolo di Minnie, Pluto e Paperino in marmo rosa del Portogallo o bianco di Carrara acquista vita e solennità. Torniamo alla Galleria Borghese dove, fino al 7 novembre, l’ex enfant terrible della Young British Art sfida ancora una volta le certezze del mondo contemporaneo, fino a penetrare le complesse relazioni tra arte, religione, vita, morte, scienza, bellezza. Con le sue 80 opere dalla serie Treasures from the Wreck of the Unbelievable, la mostra Damien Hirst. Archaeology Now tesse un dialogo con i capolavori antichi. Insinuandosi tra la Deposizione di Cristo, il Ritratto di Uomo, la Dama col liocorno di Raffaello, le anime di marmo di Bernini, i dipinti di Hirst, Colour Space, in Italia per la prima volta, completano, accanto a teschi diamantati, demoni, divinità terribili, la collezione museale, raffinato scrigno del Cardinal Borghese.
Damien Hirst, Minnie, 2020, marmo rosa, 100.5 × 58 × 58 cm, edizione di 3 + 2 AP © Damien Hirst e Science Ltd. Tutti i diritti riservati, DACS 2021 I Ph. Lucio Ghilardi/Prudence Cuming Associates
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Così il ciclo statuario antico dei Niobidi, oggi nelle collezioni dell’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este, dialoga con l’indagine condotta anche da Nicola Samorì e Andres Serrano sui temi della vulnerabilità, della debolezza della carne, della rottura dell’integrità, lavorando su uno stratificato archivio iconografico, depositato nella memoria collettiva e profondamente rielaborato dagli artisti attraverso squarcianti intuizioni. Ecce Homo: l’incontro fra il divino e l’umano per una diversa antropologia, a cura di Andrea Bruciati, prende spunto dalle parole pronunciate da Pilato nel Vangelo di Giovanni, presentando in mostra opere e prestiti da prestigiose collezioni pubbliche e private.
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