I miti artigiani

Stibbert
 

04/05/2001

Il neo-gotico è di casa al Museo, dominato com’è da una torre a due merli; all’interno il castello è popolato da splendidi cavalieri in armature europee, ottomane, indiane e giapponesi, da dame e da manichini in costumi preziosi. In tutto il museo è evidente l’ambientazione che Stibbert volle creare per contenere i suoi tesori. Non gli bastava possedere una quantità di capolavori: volle vivere con loro nel loro habitat naturale, per questo creò le famose sale delle “cavalcate”, ognuna dedicata alle diverse culture e alle loro provenienze europee ed esotiche. Per meglio comprendere le diverse sfaccettature di questa straordinaria casa museo, è necessario calarsi nello spirito dell’epoca che vide Stibbert in stretti rapporti con gli ambienti dell’alta aristocrazia europea, ma anche profondamente legato alla vita italiana e fiorentina. Nella Firenze dell’Ottocento Stibbert aveva deciso di rivivere il passato nella realtà e trasformò la sua casa in castello neo-medievale, secondo il gusto dell’epoca. Nel tempo le collezioni divennero ricche e numerose e la villa subì notevoli trasformazioni per accoglierle. Da residenza signorile si trasformò a poco a poco in un castello in cui lavoravano i migliori architetti, artisti e decoratori disponibili in città. Vennero riuniti un gran numero di artigiani che si erano convinti sulla scia dell’entusiasmo di Stbbert, di operare in una sorta di Medioevo alacre e gioioso. Ulisse Cantagalli, David Giuntini, Angiolo Marucelli, detto Canapino, furono visti come la moderna incarnazione del genio degli antichi maestri che ancora aleggiava tra le officine sparse sulle colline fiesolane e tra le antiche botteghe di Via Santa Reparata in cui gli antichi mestieri avevano trovato in Stibbert un vero mecenate. In questo grande dispiego di forze artistiche che coinvolgeva le arti decorative e l’arredo, anche il giardino, su progetto dell’architetto Poggi, si trasformò in parco “romantico” all’inglese con i suoi tempietti e giochi d’acqua. Il tempietto egizio, ideato dallo stesso Stibbert, situato sul bordo del lago, è forse la parte che meglio evidenzia la ricerca di una personale “Arcadia”, l’esperienza sognata e riprodotta in un Egitto ideale, senza alcun rigore filologico. Il tempietto si affaccia su di uno specchio d’acqua che vuole simboleggiare il Nilo; una scalinata fiancheggiata da sfingi e leoni introduce all’interno, arredato con eccezionali pezzi originali e altri disegnati dallo Stibbert. La sezione egizia è quella che meglio di tutte illustra nella mostra temporanea il “Frederick Stibbert, gentiluomo, collezionista e sognatore” questi lati caratteristici dello Stibbert collezionista.