Il Guercino

Opera del Guercino
02/05/2005
Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (per un difetto agli occhi) nacque a Cento, in Emilia, nel 1591. A otto anni pare eseguisse già affreschi nella città natale. Nel centro emiliano lavorò con il maggior capobottega cittadino, Benedetto Gennari e, dal 1613, il canonico Antonio Mirandola gli procurò i primi importanti impegni. Nel 1616 fondò la famosa Accademia di nudo di Cento, dove insegnava a disegnare dal vivo. La sua prima inclinazione fu verso un naturalismo spontaneo e popolare, evidente già negli affreschi di palazzi privati (Cento, Pin. Civ.).
Questo pittore sensuale e seducente superò con determinazione il proprio destino provinciale. Il meglio della ricerca artistica del momento lo attendeva poco distante, all’interno della chiesa dei Cappuccini di Cento, nella Sacra Famiglia con San Francesco (1591) di Ludovico Carracci, da subito suo punto di riferimento (la “sua mammella” come lui stesso definì l’opera). Altra grande lezione gli venne dall’opera di Tiziano, attraverso il Dossi e lo Scarsellino, già prima di recarsi a Venezia (1616) e di assimilare la lezione cromatica del maestro veneziano, vera premessa alla sua pittura “a grandi macchie liquide e luminose di colore”.
Per l’artista, dalla forte identità artistica nonostante le più diverse esperienze, l’incontro bolognese coi Carracci restò comunque l’elemento fondamentale che ne allargò gli orizzonti. Nel 1617 lavorò a Bologna prima per il cardinale Alessandro Ludovisi, poi per Jacopo Serra (1619), il legato pontificio in Ferrara. Nel 1620 portò a termine (per una chiesa bolognese) la magnifica Vestizione di san Guglielmo d’Aquitania, in cui le dinamiche soluzioni cromatiche e compositive preludono ai capolavori eseguiti dal 1621 a Roma (L’Aurora, 1621, Casino Ludovisi; il Seppellimento di santa Petronilla, 1622, Pin. Capitolina). Le opere romane, nella ricerca di effetti prosepettico-illusionistici e nella spettacolare apertura degli spazi, rappresentano alcuni degli esempi più alti del primo barocco.
La morte nel 1623 di Gregorio XV, protettore e mecenate, lo indusse a ritornare a Cento, dove riprese la sua attività dirigendo una fiorente Bottega dalla clientela internazionale.
Alla morte di Guido Reni, nel 1642, Guercino si trasferì definitivamente a Bologna sostituendolo nel ruolo di caposcuola. Sotto l’influsso della lezione del Reni conferì alle sue opere più tarde una più classica compostezza formale di impronta devozionale (Cristo che appare alla Maddalena, Cento, Pin.), con intonazioni sempre più dolcemente modulate, ma dal carattere forse più artificioso e meno spontaneo. Morì il 22 dicembre 1666 e fu sepolto nella chiesa di San Salvatore.
Questo pittore sensuale e seducente superò con determinazione il proprio destino provinciale. Il meglio della ricerca artistica del momento lo attendeva poco distante, all’interno della chiesa dei Cappuccini di Cento, nella Sacra Famiglia con San Francesco (1591) di Ludovico Carracci, da subito suo punto di riferimento (la “sua mammella” come lui stesso definì l’opera). Altra grande lezione gli venne dall’opera di Tiziano, attraverso il Dossi e lo Scarsellino, già prima di recarsi a Venezia (1616) e di assimilare la lezione cromatica del maestro veneziano, vera premessa alla sua pittura “a grandi macchie liquide e luminose di colore”.
Per l’artista, dalla forte identità artistica nonostante le più diverse esperienze, l’incontro bolognese coi Carracci restò comunque l’elemento fondamentale che ne allargò gli orizzonti. Nel 1617 lavorò a Bologna prima per il cardinale Alessandro Ludovisi, poi per Jacopo Serra (1619), il legato pontificio in Ferrara. Nel 1620 portò a termine (per una chiesa bolognese) la magnifica Vestizione di san Guglielmo d’Aquitania, in cui le dinamiche soluzioni cromatiche e compositive preludono ai capolavori eseguiti dal 1621 a Roma (L’Aurora, 1621, Casino Ludovisi; il Seppellimento di santa Petronilla, 1622, Pin. Capitolina). Le opere romane, nella ricerca di effetti prosepettico-illusionistici e nella spettacolare apertura degli spazi, rappresentano alcuni degli esempi più alti del primo barocco.
La morte nel 1623 di Gregorio XV, protettore e mecenate, lo indusse a ritornare a Cento, dove riprese la sua attività dirigendo una fiorente Bottega dalla clientela internazionale.
Alla morte di Guido Reni, nel 1642, Guercino si trasferì definitivamente a Bologna sostituendolo nel ruolo di caposcuola. Sotto l’influsso della lezione del Reni conferì alle sue opere più tarde una più classica compostezza formale di impronta devozionale (Cristo che appare alla Maddalena, Cento, Pin.), con intonazioni sempre più dolcemente modulate, ma dal carattere forse più artificioso e meno spontaneo. Morì il 22 dicembre 1666 e fu sepolto nella chiesa di San Salvatore.
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