La natura nell'opera del genio di Vinci
Leonardo e la botanica: un filo verde sospeso tra arte e scienza
Leonardo da Vinci, Vergine delle Rocce, 1483-1486 circa, Legno trasposto su tela nel 1806 da Hacquin, 199 x 122 cm, Parigi, Musée du Louvre
Francesca Grego
19/07/2019
“Com'è più difficile 'ntender l'opere di natura che un libro d'un poeta”, osservava Leonardo nei suoi appunti. A questa sfida il genio di Vinci dedicò l'impegno di una vita, intrecciando come nessun altro l'arte, la scienza, l'attività di ingegnere e inventore. Nel suo straordinario ventaglio di interessi non poteva mancare la botanica, scienza della natura per eccellenza: le tracce della passione per piante, alberi e fiori abbondano nell'opera del maestro, dai codici manoscritti ai capolavori di pittura. Al punto da spingere Fritjof Capra, fisico e teorico dei sistemi e fondatore del Center for Elicoliteracy a Berkley, nonché autore del libro La botanica di Leonardo: un discorso sulla scienza delle qualità, a definirlo “il primo botanico moderno” e “il primo ecologista” della storia.
Nel cinquecentenario della morte di Leonardo, due grandi eventi espositivi indagano questo aspetto del suo lavoro. A Milano la riapertura della Sala delle Asse del Castello Sforzesco affianca alla riscoperta di mirabili decori vegetali un viaggio tra preziosi disegni sul tema arrivati dalla Royal Collection britannica, dal Louvre e dagli Uffizi (La Sala delle Asse. Un Leonardo mai visto e Leonardo tra Natura, Arte e Scienza).
Al Museo di Santa Maria Novella di Firenze, invece, dal 13 settembre La Botanica di Leonardo sarà un'occasione per entrare nel pensiero del maestro attraverso manoscritti autografi e installazioni multimediali: in primo piano le connessioni tra i suoi studi poliedrici, le intuizioni profetiche, i legami con la cultura del Rinascimento e le implicazioni più attuali.
Prima di visitare le mostre, ci inoltriamo nell'universo di Leonardo e nelle sue ricerche di botanica.
Piante e fiori nella Firenze dei Medici
Nella Firenze del Quattrocento la curiosità verso il mondo vegetale si risveglia. Dopo i secoli bui del Medioevo, si riscoprono i testi di autori classici come Dioscoride, Teofrasto, Plinio il Vecchio e si diffondono gli erbari, guide illustrate alle piante e alle loro proprietà. L'interesse per le specie vegetali è strettamente legato al loro impiego in medicina. In pittura, invece, le piante sono associate a un complesso sistema di simbologie, che affonda le radici nei secoli precedenti e si nutre della nuova cultura alchemica e neoplatonica.
Manca ancora del tempo alla diffusione di quel gusto per fiori, frutti, essenze rare ed esotiche che conquisterà la Firenze dei Medici nel XVI secolo, portando alla creazione del Giardino dei Semplici (l'orto botanico voluto da Cosimo I), di Boboli, alla moda dei profumi pregiati e delle nature morte a tema botanico.
Tra scienza e arte: la botanica di Leonardo
Anche in questo campo Leonardo è un pioniere: come per gli studi anatomici, che lo porteranno a esaminare cadaveri umani e animali, l'artista attribuisce un immenso valore all'esperienza e all'osservazione diretta. L'avventura inizia già durante l'infanzia sui prati di Montalbano, dove ricerche recenti hanno rintracciato le erbe e i fiori disegnati sulle sue tavole. In seguito il maestro di Vinci sarà il primo a condurre dei veri e propri esperimenti di botanica, esaminando la reazione delle piante a condizioni indotte.
Le scoperte non si fanno attendere e sono assolutamente sorprendenti per l'epoca. Riguardano la fillotassi - cioè le regole che sovrintendono alla disposizione delle foglie sui rami - e gli anelli dei tronchi degli alberi, che si sviluppano secondo leggi geometrico-matematiche e sono in grado di fornire indicazioni precise sull'età e sulla storia di una pianta; o ancora le risposte degli organismi vegetali all'azione del sole, dell'aria e della forza di gravità, i processi di alimentazione delle piante e perfino la possibilità di quella che oggi chiamiamo coltura idroponica, ovvero la coltivazione in acqua anziché nel terreno.
Che cosa c'entra tutto questo con l'arte di Leonardo? I legami sono fortissimi. Non è un caso che, oltre che nei manoscritti illustrati come il Codice Atlantico e il Codice Windsor, le osservazioni sulle piante siano contenute nel Trattato della Pittura. Per il genio di Vinci, infatti, la pittura non è altro che studio della natura: arte e scienza vivono in totale osmosi e, come scopriremo tra poco, ci sono dipinti che possono essere letti come saggi di botanica.
La presenza delle piante nel lavoro di Leonardo è davvero pervasiva: va dalle ricette di medicamenti erboristici che troviamo nei Codici ai disegni scientifici e agli studi per le opere pittoriche, dai paesaggi mai casuali dei suoi quadri alle maestose scenografie per le feste che il maestro realizzò alle corti di Firenze, Milano e Amboise.
La natura dipinta
Oltre che in forma di rappresentazione, la botanica entra materialmente nell'arte di Leonardo. Nei suoi scritti troviamo consigli per ricavare colori dalla curcuma e dallo zafferano, dall'indaco, dal papavero o dal fiordaliso, le stesse essenze che il maestro studiò come ingredienti di cosmetici e profumi. Nei dipinti del maestro toscano il paesaggio naturale è parte integrante del soggetto: impossibile, per esempio, immaginare il Ritratto di Ginevra Benci senza il rigoglioso arbusto di ginepro che dallo sfondo rivela l'identità della giovane. O Leda e il Cigno senza gli intrecci a spirale della vegetazione che evoca le forze generative della vita. Perfino l'incompiuta Adorazione dei Magi presenta specie arboree riconoscibili in posizioni strategiche.
In Leonardo la natura è spesso portatrice di riferimenti simbolici, ma è rappresentata sempre con spiccata coerenza scientifica. Quello che ai nostri occhi può apparire semplicemente come un fiore o un albero, a uno sguardo esperto si rivela come una specie ben determinata, legata agli habitat frequentati dall'artista e ritratta in modo molto preciso.
Anche quando qualcuno ha tentato di coglierlo in fallo, il maestro ha resistito alla grande. Nell'Annunciazione, per esempio, gli studiosi hanno notato un albero simile all'Araucaria araucana, una specie giunta in Italia dal Sudamerica solo nel XIX secolo. Non si tratta tuttavia di un'invenzione di Leonardo: la forma singolare della pianta sembrerebbe derivare dalle fantasiose potature descritte da numerosi documenti dell'epoca.
Un “tour de force botanico”: la Vergine delle Rocce
Il dipinto della Vergine delle Rocce è stato definito da Capra “un tour de force botanico”: le piante lussureggianti che tappezzano la grotta della Madonna non sono distribuite secondo uno schema decorativo, ma crescono soltanto dove l'arenaria erosa si è decomposta a sufficienza per permettere alle radici di attecchire. Leonardo inoltre ha scelto solo specie adatte all'ambiente umido di una cavità naturale, rappresentando ciascuna in una fase di sviluppo consona alla stagione. L'opera è giunta fino a noi in due versioni: una conservata al Louvre e l'altra, realizzata diversi anni più tardi, alla National Gallery. È stata proprio la minore accuratezza riservata alla flora della tavola londinese a far pensare agli studiosi che ampie porzioni di pittura siano frutto della mano di un discepolo.
La precisione naturalistica non ha impedito al maestro di inserire nel quadro una fitta rete di corrispondenze allegoriche: se le foglie di primula sotto il ginocchio del Bambino alludono alla purezza, l'aquilegia dietro la spalla sinistra di Maria – anticamente conosciuta anche con i nomi di “erba del leone” e “colombina” - evoca gli evangelisti Giovanni e Marco (nell'iconografia tradizionale rispettivamente un'aquila e un leone) nonché lo Spirito Santo (la colomba) e la Trinità (per via delle foglie tripartite). Ci sono poi piante che simboleggiano i vari stadi della Passione di Cristo (anemoni), la Resurrezione (acanto), l'amore e la devozione (il ciclamino), fino al Galium verum presente sotto la mano della Vergine, chiamato anche “letto della Madonna” perché secondo una leggenda Giuseppe la usò per creare un giaciglio nella stalla di Betlemme e i suoi fiori si trasformarono in oro alla nascita di Gesù.
La Sala delle Asse: dove la natura è protagonista
C'è un'opera di Leonardo in cui le piante sono protagoniste assolute: è la Sala delle Asse del Castello Sforzesco, che l'artista decorò per Ludovico il Moro. Rimasta incompiuta a causa dell'invasione francese, imbiancata e riscoperta solo alla fine dell'Ottocento, l'opera è tuttora al centro di un complesso intervento di restauro e visibile eccezionalmente fino a gennaio 2020 in occasione dei 500 anni dalla morte del suo autore.
Nella Sala delle Asse l'obiettivo di Leonardo era dare l'illusione di trovarsi in un giardino: un possente pergolato di gelsi si innalza dalle pareti al soffitto in un intrico di rami e foglie, lasciando intravedere il paesaggio della campagna lombarda. Se i rami intrecciati rappresentano l'unione del duca con Beatrice d'Este, un albero con foglie e radici era tra gli emblemi degli Sforza. Ma c'è di più: il gelso evoca il nome di Ludovico, detto “il Moro” come le more di gelso nero, non a caso la sala divenne subito nota tra i contemporanei come “Camera dei Moroni”.
Considerato simbolo di saggezza e prudenza poiché fiorisce lentamente e matura rapidamente, il gelso allude al governo accorto del signore di Milano. Storicamente, inoltre, quest'albero è connesso all'allevamento dei bachi da seta, allora una delle attività più floride in territorio lombardo e incoraggiata energicamente da Ludovico. Lo conferma la presenza dei nastri dorati, un'allusione alla produzione del filo d'oro in cui il ducato eccelleva.
Secondo Capra, infine, le pitture della Sala delle Asse possono essere interpretate come una metafora della scienza di Leonardo: “I tronchi individuali, o colonne, su cui poggia la decorazione possono essere visti come i trattati che l'artista aveva progettato di scrivere su vari argomenti, fondati sul terreno della conoscenza tradizionale ma intesi a farsi spazio e a portare la scienza umana a nuove vette. Mentre si dispiegavano, i contenuti di ciascun trattato si collegavano l'uno all'altro a formare un tutto armonioso. Le somiglianze di schemi e processi che legano diversi aspetti della natura forniscono il filo dorato che integra le multiple ramificazioni della scienza di Leonardo in una visione unificata del mondo”.
Nel cinquecentenario della morte di Leonardo, due grandi eventi espositivi indagano questo aspetto del suo lavoro. A Milano la riapertura della Sala delle Asse del Castello Sforzesco affianca alla riscoperta di mirabili decori vegetali un viaggio tra preziosi disegni sul tema arrivati dalla Royal Collection britannica, dal Louvre e dagli Uffizi (La Sala delle Asse. Un Leonardo mai visto e Leonardo tra Natura, Arte e Scienza).
Al Museo di Santa Maria Novella di Firenze, invece, dal 13 settembre La Botanica di Leonardo sarà un'occasione per entrare nel pensiero del maestro attraverso manoscritti autografi e installazioni multimediali: in primo piano le connessioni tra i suoi studi poliedrici, le intuizioni profetiche, i legami con la cultura del Rinascimento e le implicazioni più attuali.
Prima di visitare le mostre, ci inoltriamo nell'universo di Leonardo e nelle sue ricerche di botanica.
Piante e fiori nella Firenze dei Medici
Nella Firenze del Quattrocento la curiosità verso il mondo vegetale si risveglia. Dopo i secoli bui del Medioevo, si riscoprono i testi di autori classici come Dioscoride, Teofrasto, Plinio il Vecchio e si diffondono gli erbari, guide illustrate alle piante e alle loro proprietà. L'interesse per le specie vegetali è strettamente legato al loro impiego in medicina. In pittura, invece, le piante sono associate a un complesso sistema di simbologie, che affonda le radici nei secoli precedenti e si nutre della nuova cultura alchemica e neoplatonica.
Manca ancora del tempo alla diffusione di quel gusto per fiori, frutti, essenze rare ed esotiche che conquisterà la Firenze dei Medici nel XVI secolo, portando alla creazione del Giardino dei Semplici (l'orto botanico voluto da Cosimo I), di Boboli, alla moda dei profumi pregiati e delle nature morte a tema botanico.
Tra scienza e arte: la botanica di Leonardo
Anche in questo campo Leonardo è un pioniere: come per gli studi anatomici, che lo porteranno a esaminare cadaveri umani e animali, l'artista attribuisce un immenso valore all'esperienza e all'osservazione diretta. L'avventura inizia già durante l'infanzia sui prati di Montalbano, dove ricerche recenti hanno rintracciato le erbe e i fiori disegnati sulle sue tavole. In seguito il maestro di Vinci sarà il primo a condurre dei veri e propri esperimenti di botanica, esaminando la reazione delle piante a condizioni indotte.
Le scoperte non si fanno attendere e sono assolutamente sorprendenti per l'epoca. Riguardano la fillotassi - cioè le regole che sovrintendono alla disposizione delle foglie sui rami - e gli anelli dei tronchi degli alberi, che si sviluppano secondo leggi geometrico-matematiche e sono in grado di fornire indicazioni precise sull'età e sulla storia di una pianta; o ancora le risposte degli organismi vegetali all'azione del sole, dell'aria e della forza di gravità, i processi di alimentazione delle piante e perfino la possibilità di quella che oggi chiamiamo coltura idroponica, ovvero la coltivazione in acqua anziché nel terreno.
Che cosa c'entra tutto questo con l'arte di Leonardo? I legami sono fortissimi. Non è un caso che, oltre che nei manoscritti illustrati come il Codice Atlantico e il Codice Windsor, le osservazioni sulle piante siano contenute nel Trattato della Pittura. Per il genio di Vinci, infatti, la pittura non è altro che studio della natura: arte e scienza vivono in totale osmosi e, come scopriremo tra poco, ci sono dipinti che possono essere letti come saggi di botanica.
La presenza delle piante nel lavoro di Leonardo è davvero pervasiva: va dalle ricette di medicamenti erboristici che troviamo nei Codici ai disegni scientifici e agli studi per le opere pittoriche, dai paesaggi mai casuali dei suoi quadri alle maestose scenografie per le feste che il maestro realizzò alle corti di Firenze, Milano e Amboise.
La natura dipinta
Oltre che in forma di rappresentazione, la botanica entra materialmente nell'arte di Leonardo. Nei suoi scritti troviamo consigli per ricavare colori dalla curcuma e dallo zafferano, dall'indaco, dal papavero o dal fiordaliso, le stesse essenze che il maestro studiò come ingredienti di cosmetici e profumi. Nei dipinti del maestro toscano il paesaggio naturale è parte integrante del soggetto: impossibile, per esempio, immaginare il Ritratto di Ginevra Benci senza il rigoglioso arbusto di ginepro che dallo sfondo rivela l'identità della giovane. O Leda e il Cigno senza gli intrecci a spirale della vegetazione che evoca le forze generative della vita. Perfino l'incompiuta Adorazione dei Magi presenta specie arboree riconoscibili in posizioni strategiche.
In Leonardo la natura è spesso portatrice di riferimenti simbolici, ma è rappresentata sempre con spiccata coerenza scientifica. Quello che ai nostri occhi può apparire semplicemente come un fiore o un albero, a uno sguardo esperto si rivela come una specie ben determinata, legata agli habitat frequentati dall'artista e ritratta in modo molto preciso.
Anche quando qualcuno ha tentato di coglierlo in fallo, il maestro ha resistito alla grande. Nell'Annunciazione, per esempio, gli studiosi hanno notato un albero simile all'Araucaria araucana, una specie giunta in Italia dal Sudamerica solo nel XIX secolo. Non si tratta tuttavia di un'invenzione di Leonardo: la forma singolare della pianta sembrerebbe derivare dalle fantasiose potature descritte da numerosi documenti dell'epoca.
Un “tour de force botanico”: la Vergine delle Rocce
Il dipinto della Vergine delle Rocce è stato definito da Capra “un tour de force botanico”: le piante lussureggianti che tappezzano la grotta della Madonna non sono distribuite secondo uno schema decorativo, ma crescono soltanto dove l'arenaria erosa si è decomposta a sufficienza per permettere alle radici di attecchire. Leonardo inoltre ha scelto solo specie adatte all'ambiente umido di una cavità naturale, rappresentando ciascuna in una fase di sviluppo consona alla stagione. L'opera è giunta fino a noi in due versioni: una conservata al Louvre e l'altra, realizzata diversi anni più tardi, alla National Gallery. È stata proprio la minore accuratezza riservata alla flora della tavola londinese a far pensare agli studiosi che ampie porzioni di pittura siano frutto della mano di un discepolo.
La precisione naturalistica non ha impedito al maestro di inserire nel quadro una fitta rete di corrispondenze allegoriche: se le foglie di primula sotto il ginocchio del Bambino alludono alla purezza, l'aquilegia dietro la spalla sinistra di Maria – anticamente conosciuta anche con i nomi di “erba del leone” e “colombina” - evoca gli evangelisti Giovanni e Marco (nell'iconografia tradizionale rispettivamente un'aquila e un leone) nonché lo Spirito Santo (la colomba) e la Trinità (per via delle foglie tripartite). Ci sono poi piante che simboleggiano i vari stadi della Passione di Cristo (anemoni), la Resurrezione (acanto), l'amore e la devozione (il ciclamino), fino al Galium verum presente sotto la mano della Vergine, chiamato anche “letto della Madonna” perché secondo una leggenda Giuseppe la usò per creare un giaciglio nella stalla di Betlemme e i suoi fiori si trasformarono in oro alla nascita di Gesù.
La Sala delle Asse: dove la natura è protagonista
C'è un'opera di Leonardo in cui le piante sono protagoniste assolute: è la Sala delle Asse del Castello Sforzesco, che l'artista decorò per Ludovico il Moro. Rimasta incompiuta a causa dell'invasione francese, imbiancata e riscoperta solo alla fine dell'Ottocento, l'opera è tuttora al centro di un complesso intervento di restauro e visibile eccezionalmente fino a gennaio 2020 in occasione dei 500 anni dalla morte del suo autore.
Nella Sala delle Asse l'obiettivo di Leonardo era dare l'illusione di trovarsi in un giardino: un possente pergolato di gelsi si innalza dalle pareti al soffitto in un intrico di rami e foglie, lasciando intravedere il paesaggio della campagna lombarda. Se i rami intrecciati rappresentano l'unione del duca con Beatrice d'Este, un albero con foglie e radici era tra gli emblemi degli Sforza. Ma c'è di più: il gelso evoca il nome di Ludovico, detto “il Moro” come le more di gelso nero, non a caso la sala divenne subito nota tra i contemporanei come “Camera dei Moroni”.
Considerato simbolo di saggezza e prudenza poiché fiorisce lentamente e matura rapidamente, il gelso allude al governo accorto del signore di Milano. Storicamente, inoltre, quest'albero è connesso all'allevamento dei bachi da seta, allora una delle attività più floride in territorio lombardo e incoraggiata energicamente da Ludovico. Lo conferma la presenza dei nastri dorati, un'allusione alla produzione del filo d'oro in cui il ducato eccelleva.
Secondo Capra, infine, le pitture della Sala delle Asse possono essere interpretate come una metafora della scienza di Leonardo: “I tronchi individuali, o colonne, su cui poggia la decorazione possono essere visti come i trattati che l'artista aveva progettato di scrivere su vari argomenti, fondati sul terreno della conoscenza tradizionale ma intesi a farsi spazio e a portare la scienza umana a nuove vette. Mentre si dispiegavano, i contenuti di ciascun trattato si collegavano l'uno all'altro a formare un tutto armonioso. Le somiglianze di schemi e processi che legano diversi aspetti della natura forniscono il filo dorato che integra le multiple ramificazioni della scienza di Leonardo in una visione unificata del mondo”.
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