Mathias Klotz e Bernard Khoury
Jean Nouvel
12/11/2001
“Il progetto è un’architettura di grande energia e suggestione spaziale, realizzata con una straordinaria semplicità di mezzi. Il paesaggio naturale, la conformazione del terreno, la città circostante, gli spazi e le attività degli studenti, le condizioni produttive ed economiche, sono assunte nel progetto come elementi portanti e sono interpretati con efficacia e poesia. Soprattutto si tratta di un esempio di architettura di altissima qualità pensato per la città reale e per bisogni reali, con eleganza e senza arroganza". Con questa motivazione della Giuria Mathias Klotz ha vinto il premio giovani con il progetto per il Colegio Altamira nella periferia di Santiago del Cile.
Klotz ha definito Roma una città straordinaria “… perché ti sorprende, è il disordine assoluto. Io non amo progettare città ideali o nuove, ho bisogno di un contesto. Qui il contesto non aveva qualità e quindi ho voluto creare un vuoto interno di modo che fosse la scuola stessa e il paesaggio, a fare da contesto”.
La scuola infatti sorge ai piedi delle Ande ma in un quartiere molto anonimo e senza elementi di interesse. Ci voleva quindi un edificio con un carattere forte, un po’ ripiegato su se stesso e che guardasse il paesaggio. Da qui l’idea di un cortile interno inclinato, verso il basso c’è la Cordigliera, verso l’alto la città.
Strutture e materiali utilizzati sono molto semplici: due lati sono in calcestruzzo a vista, la facciata Sud è rivestita in legno, quella settentrionale in vetro e alluminio e pannelli colorati.
La menzione d’onore della Giuria è andata al progetto certamente più insolito tra quelli presentati dagli architetti selezionati: il club B018 di Beirut, night restaurant e discoteca. Realizzato da Bernard Khoury, architetto libanese classe ’68 co-fondatore della “Beirut Flight Architects” e autore di numerosi progetti sperimentali nel suo paese fra cui “Evolving scars” (“Cicatrici in evoluzione”), il B018 sorge in un’area di Beirut vicino al porto e all’autostrada. Ma il rapporto che Khoury instaura con il luogo è del tutto particolare: l’edificio è completamente ipogeo, il sito è rimasto vuoto così com’era dopo essere stato negli ultimi quarant’anni campo profughi (di armeni e poi di palestinesi) e successivamente vero e proprio campo di battaglia nel ’76. La grande copertura apribile è composta da 126 pannelli specchianti che una volta aperti formano una sorta di recinto verticale che proietta all’interno le immagini deformate e le luci della città di notte.
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