Dal 28 ottobre al 1° febbraio 2026
Da Siena al Museo Diocesano: la Natività di Lorenzo Lotto è il capolavoro per Milano 2025
Lorenzo Lotto, Natività, Firmata e datata Lotus 1525, Olio su tavola, 55.5 × 44.7 cm, Siena, Pinacoteca Nazionale
Samantha De Martin
27/10/2025
Milano - La Natività di Lorenzo Lotto in arrivo dalla Pinacoteca Nazionale di Siena è il Capolavoro per Milano 2025.
Ad accogliere l’opera realizzata dal “genio inquieto” del Rinascimento sarà dal 28 ottobre al1° febbraio il Museo Diocesano Carlo Maria Martini.
L'opera, al centro dell’esposizione curata da Axel Hémery, direttore dei Musei Nazionali di Siena, e da Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano, presenta un Lorenzo Lotto straordinario sperimentatore di luci e colori. In questa tavola l’artista, come spiega Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano e co-curatrice della mostra “ambienta la scena in un notturno e ci offre un intreccio delicato di gesti e una straordinaria intensità di sguardi tra i protagonisti. Le sue inquietudini parlano ancora a noi, dopo cinque secoli, e ci invitano a cogliere il senso più profondo del Natale, l’irruzione dello straordinario dell’ordinario".
Il dipinto affronta il tema della Natività secondo un’iconografia insolita. Oltre alla Sacra Famiglia, la tavola pone in primo piano la figura di una anziana levatrice, introdotta dai Vangeli apocrifi. La scena, ambientata all’interno di una semplice stalla, richiama un’ambientazione ripresa dall’artista dai modelli nordici che circolavano in quegli anni nell’Italia settentrionale.
Il maestro della luce fa ricorso a una doppia fonte luminosa: l’alone generato dal Bambino, che raggiunge i visi e gli abiti degli altri personaggi, e la fiamma del focolare in secondo piano, dove un ambiente retrostante lascia emergere un’altra figura femminile. Un sapiente gioco di sguardi si propaga dall’anziana levatrice che osserva commossa la Vergine che a sua volta si concentra sul Bambino, il quale con un gesto di grande naturalezza sembra ritrarsi dall’acqua fredda, mentre dietro di loro Giuseppe con le braccia spalancate assiste alla scena in disparte. Il capolavoro lascia trapelare altri dettagli inconsueti come il gesto stupito di San Giuseppe e la presenza nel Bambino del cordone ombelicale non ancora reciso, a sottolineare l’umanità di Cristo.
La tavola sarebbe appartenuta in origine alla collezione Gonzaga di Mantova saccheggiata nel 1630 durante la guerra dei Trent’Anni, quando alcune opere, sottratte dal capitano Piccolomini sarebbero giunte a Siena. In seguito al matrimonio dell’ultima erede Piccolomini con Giuseppe Spannocchi il dipinto passa alla famiglia dello sposo che lo dona alle raccolte senesi nel XIX secolo.
Nel 2018, nel corso di un restauro dall’opera, sono emerse alcune novità, come, in basso a destra, la data e la firma del pittore, nascoste dallo sporco e da vecchi interventi di integrazione pittorica. La critica è oggi concorde nell’interpretare la data 1525 e non 1521, come erroneamente ritenuto in precedenza. L’opera sarebbe stata realizzata al termine del lungo soggiorno bergamasco del pittore (1513-1526), tra i più fecondi periodi della sua attività artistica, che vide fiorire uno stile assolutamente originale.
Ad accogliere l’opera realizzata dal “genio inquieto” del Rinascimento sarà dal 28 ottobre al1° febbraio il Museo Diocesano Carlo Maria Martini.
L'opera, al centro dell’esposizione curata da Axel Hémery, direttore dei Musei Nazionali di Siena, e da Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano, presenta un Lorenzo Lotto straordinario sperimentatore di luci e colori. In questa tavola l’artista, come spiega Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano e co-curatrice della mostra “ambienta la scena in un notturno e ci offre un intreccio delicato di gesti e una straordinaria intensità di sguardi tra i protagonisti. Le sue inquietudini parlano ancora a noi, dopo cinque secoli, e ci invitano a cogliere il senso più profondo del Natale, l’irruzione dello straordinario dell’ordinario".
Il dipinto affronta il tema della Natività secondo un’iconografia insolita. Oltre alla Sacra Famiglia, la tavola pone in primo piano la figura di una anziana levatrice, introdotta dai Vangeli apocrifi. La scena, ambientata all’interno di una semplice stalla, richiama un’ambientazione ripresa dall’artista dai modelli nordici che circolavano in quegli anni nell’Italia settentrionale.
Il maestro della luce fa ricorso a una doppia fonte luminosa: l’alone generato dal Bambino, che raggiunge i visi e gli abiti degli altri personaggi, e la fiamma del focolare in secondo piano, dove un ambiente retrostante lascia emergere un’altra figura femminile. Un sapiente gioco di sguardi si propaga dall’anziana levatrice che osserva commossa la Vergine che a sua volta si concentra sul Bambino, il quale con un gesto di grande naturalezza sembra ritrarsi dall’acqua fredda, mentre dietro di loro Giuseppe con le braccia spalancate assiste alla scena in disparte. Il capolavoro lascia trapelare altri dettagli inconsueti come il gesto stupito di San Giuseppe e la presenza nel Bambino del cordone ombelicale non ancora reciso, a sottolineare l’umanità di Cristo.
La tavola sarebbe appartenuta in origine alla collezione Gonzaga di Mantova saccheggiata nel 1630 durante la guerra dei Trent’Anni, quando alcune opere, sottratte dal capitano Piccolomini sarebbero giunte a Siena. In seguito al matrimonio dell’ultima erede Piccolomini con Giuseppe Spannocchi il dipinto passa alla famiglia dello sposo che lo dona alle raccolte senesi nel XIX secolo.
Nel 2018, nel corso di un restauro dall’opera, sono emerse alcune novità, come, in basso a destra, la data e la firma del pittore, nascoste dallo sporco e da vecchi interventi di integrazione pittorica. La critica è oggi concorde nell’interpretare la data 1525 e non 1521, come erroneamente ritenuto in precedenza. L’opera sarebbe stata realizzata al termine del lungo soggiorno bergamasco del pittore (1513-1526), tra i più fecondi periodi della sua attività artistica, che vide fiorire uno stile assolutamente originale.
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