In mostra a Napoli fino al 16 gennaio 2023
In vitro humanitas. Alchimie contemporanee alla Cappella Sansevero
In vitro humanitas, Cappella Sansevero, Napoli. Foto Giuliana Calomino I Courtesy Museo della Cappella Sansevero
Francesca Grego
16/11/2022
Napoli - È uno dei musei più amati e premiati di Napoli e ha ripetutamente conquistato il record del più visitato: il fascino barocco e un po’ bizzarro della Cappella Sansevero colpisce il pubblico contemporaneo almeno quanto le straordinarie sculture conservate al suo interno, a partire dal Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino. Da oggi fino al prossimo 16 gennaio c’è un motivo in più per ammirare questo singolare monumento incastonato nel cuore di Napoli: nella mostra In vitro humanitas la Cappella apre le porte all’arte dei nostri giorni e le celebri Macchine anatomiche del principe Raimondo Di Sangro dialogano con le installazioni contemporanee dell’artista veneziano Mauro Bonaventura.
Due corpi vitrei di grandi dimensioni e dai colori vivaci rompono il silenzio della cavea sotterranea, dove dalla metà del Settecento abitano le misteriose creazioni del medico palermitano Giuseppe Salerno: Flying, di un rosso fiammante, si libra nell’aria imitando il Tuffatore di Paestum, mentre il variopinto Homo erectus si interpone tra le edicole delle Macchine anatomiche.
"In vitro humanitas", Cappella Sansevero, Napoli. Mauro Bonaventura, Flyng. Foto Giuliana Calomino I Courtesy Museo della Cappella Sansevero
I rimandi tra presente e passato non si limitano all’aspetto visivo. Materia prediletta da Bonaventura, il vetro fu un chiodo fisso anche per il poliedrico principe di Sansevero, al quale dobbiamo l’esistenza della Cappella. Pare che per portare a termine i suoi esperimenti alchemici Raimondo Di Sangro avesse fatto allestire nei sotterranei di Palazzo Sansevero “una fornace a foggia di quella de’ vetraj, ma di una particolar costruttura”, grazie alla quale poté cimentarsi anche nella colorazione del vetro, ottenendo risultati eccellenti.
“Quando ho visto le opere di Mauro Bonaventura, sono rimasta immediatamente affascinata dagli intrichi di quei corpi plasmati con tecniche antiche, rigorosamente artigianali”, racconta Maria Alessandra Masucci, presidente del Museo Cappella Sansevero: “Al principe - ho pensato - sarebbe piaciuto Bonaventura. Non solo per le affinità estetiche tra le sue sculture vitree e le Macchine anatomiche esposte nella cavea sotterranea della Cappella, o per il materiale in cui sono realizzate, oggetto frequente delle sperimentazioni di Raimondo di Sangro. Gli sarebbe piaciuto soprattutto perché Mauro Bonaventura è un artista che non delega, che fatica - come diciamo a Napoli - con le sue mani; proprio come il principe, che, nel chiuso del suo laboratorio, mescolava, scomponeva, fondeva, cimentandosi personalmente nel lavoro manuale; abitudine, questa, tanto più insolita per l’epoca se si considera il suo lignaggio”.
"In vitro humanitas", Cappella Sansevero, Napoli. Mauro Bonaventura, Homo erectus (dettaglio). Foto Giuliana Calomino I Courtesy Museo della Cappella Sansevero
Protagonista delle opere settecentesche di Salerno come di quelle contemporanee di Bonaventura, il corpo umano prende la scena negli spazi sotterranei del mausoleo: all’intreccio dei vasi sanguigni delle Macchine anatomiche risponde il reticolo policromo delle figure in vetro di Murano, modellate secondo l’antica tecnica a lume grazie all’azione di una fiamma. Ed è proprio nel fuoco che si ritrova un ulteriore nesso tra l’esperienza del principe e la ricerca dell’artista veneziano: “Il contatto con la materia, il confronto solitario con essa, il suo mistero e la creazione dell’Opera - così definita da Bonaventura stesso - suggeriscono una parentela con il tirocinio alchemico, in cui l’affinamento della materia e della tecnica corrispondono ad un graduale progresso interiore”, scrivono gli ideatori della mostra.
"In vitro humanitas", Cappella Sansevero, Napoli. Macchine anatomiche e Homo erectus. Foto Giuliana Calomino I Courtesy Museo della Cappella Sansevero
“Mauro Bonaventura è sempre stato affascinato dalla macchina più misteriosa che Dio abbia creato, cioè l’uomo”, afferma il gallerista, curatore e critico d’arte Jean Blanchaert: “Racconta le sue storie come se il vetro fosse inchiostro, adoperando la cannula fiammeggiante a mo’ di matita. Come un chirurgo vascolare, ha studiato anatomia per poter proporre in vetro una sintesi coerente del nostro sistema arterioso. Il principe è riuscito a rendere immortale questo luogo, ma non avrebbe mai immaginato di ospitare un giorno delle Macchine anatomiche di vetro, poetiche e scientifiche allo stesso tempo. Può un sistema cardiocircolatorio essere un lavoro artistico? Sì, lo dimostra il lavoro di Mauro Bonaventura che oggi, nel terzo millennio, riesce a darci una lezione di anatomia estetica piena di antiche reminiscenze alchemiche”.
"In vitro humanitas", Cappella Sansevero, Napoli. Foto Giuliana Calomino I Courtesy Museo della Cappella Sansevero
Due corpi vitrei di grandi dimensioni e dai colori vivaci rompono il silenzio della cavea sotterranea, dove dalla metà del Settecento abitano le misteriose creazioni del medico palermitano Giuseppe Salerno: Flying, di un rosso fiammante, si libra nell’aria imitando il Tuffatore di Paestum, mentre il variopinto Homo erectus si interpone tra le edicole delle Macchine anatomiche.
"In vitro humanitas", Cappella Sansevero, Napoli. Mauro Bonaventura, Flyng. Foto Giuliana Calomino I Courtesy Museo della Cappella Sansevero
I rimandi tra presente e passato non si limitano all’aspetto visivo. Materia prediletta da Bonaventura, il vetro fu un chiodo fisso anche per il poliedrico principe di Sansevero, al quale dobbiamo l’esistenza della Cappella. Pare che per portare a termine i suoi esperimenti alchemici Raimondo Di Sangro avesse fatto allestire nei sotterranei di Palazzo Sansevero “una fornace a foggia di quella de’ vetraj, ma di una particolar costruttura”, grazie alla quale poté cimentarsi anche nella colorazione del vetro, ottenendo risultati eccellenti.
“Quando ho visto le opere di Mauro Bonaventura, sono rimasta immediatamente affascinata dagli intrichi di quei corpi plasmati con tecniche antiche, rigorosamente artigianali”, racconta Maria Alessandra Masucci, presidente del Museo Cappella Sansevero: “Al principe - ho pensato - sarebbe piaciuto Bonaventura. Non solo per le affinità estetiche tra le sue sculture vitree e le Macchine anatomiche esposte nella cavea sotterranea della Cappella, o per il materiale in cui sono realizzate, oggetto frequente delle sperimentazioni di Raimondo di Sangro. Gli sarebbe piaciuto soprattutto perché Mauro Bonaventura è un artista che non delega, che fatica - come diciamo a Napoli - con le sue mani; proprio come il principe, che, nel chiuso del suo laboratorio, mescolava, scomponeva, fondeva, cimentandosi personalmente nel lavoro manuale; abitudine, questa, tanto più insolita per l’epoca se si considera il suo lignaggio”.
"In vitro humanitas", Cappella Sansevero, Napoli. Mauro Bonaventura, Homo erectus (dettaglio). Foto Giuliana Calomino I Courtesy Museo della Cappella Sansevero
Protagonista delle opere settecentesche di Salerno come di quelle contemporanee di Bonaventura, il corpo umano prende la scena negli spazi sotterranei del mausoleo: all’intreccio dei vasi sanguigni delle Macchine anatomiche risponde il reticolo policromo delle figure in vetro di Murano, modellate secondo l’antica tecnica a lume grazie all’azione di una fiamma. Ed è proprio nel fuoco che si ritrova un ulteriore nesso tra l’esperienza del principe e la ricerca dell’artista veneziano: “Il contatto con la materia, il confronto solitario con essa, il suo mistero e la creazione dell’Opera - così definita da Bonaventura stesso - suggeriscono una parentela con il tirocinio alchemico, in cui l’affinamento della materia e della tecnica corrispondono ad un graduale progresso interiore”, scrivono gli ideatori della mostra.
"In vitro humanitas", Cappella Sansevero, Napoli. Macchine anatomiche e Homo erectus. Foto Giuliana Calomino I Courtesy Museo della Cappella Sansevero
“Mauro Bonaventura è sempre stato affascinato dalla macchina più misteriosa che Dio abbia creato, cioè l’uomo”, afferma il gallerista, curatore e critico d’arte Jean Blanchaert: “Racconta le sue storie come se il vetro fosse inchiostro, adoperando la cannula fiammeggiante a mo’ di matita. Come un chirurgo vascolare, ha studiato anatomia per poter proporre in vetro una sintesi coerente del nostro sistema arterioso. Il principe è riuscito a rendere immortale questo luogo, ma non avrebbe mai immaginato di ospitare un giorno delle Macchine anatomiche di vetro, poetiche e scientifiche allo stesso tempo. Può un sistema cardiocircolatorio essere un lavoro artistico? Sì, lo dimostra il lavoro di Mauro Bonaventura che oggi, nel terzo millennio, riesce a darci una lezione di anatomia estetica piena di antiche reminiscenze alchemiche”.
"In vitro humanitas", Cappella Sansevero, Napoli. Foto Giuliana Calomino I Courtesy Museo della Cappella Sansevero
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